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Toro, il futuro sta nel gruppo. Ma se viene abbandonato…

Stefano Gurlino
Mai Cuntent / Il nostro Stefano Gurlino trae alcune conclusioni dopo la sconfitta del Torino a Roma

Squadra abbandonata, squadra sfortunata. O meglio, proprio per non rispettare al meglio le regole della rima: squadra abbandonata, squadra che perde. E perde male.

Il destino del Toro da qui fino a fine maggio è strettamente collegato alla sua anima. Che non è la retorica sbandierata, ma il suo gruppo. Un gruppo composto da giocatori, che hanno la fortuna di fare questo mestiere, ognuno dei quali con un obiettivo personale nella propria testa. Non a caso il vero gruppo, si dice nell’ambiente, è quello che si compatta sul filone di un ragionamento più o meno impostato così: io ho un mio obiettivo, do l’anima, la do anche per te che lotti per un altro obiettivo e mi aspetto che il tuo impegno sia uguale al mio. Certo, poi c’è il piacere di stare insieme, divertirsi e bla bla bla. Ma In Promozione funziona così, nella testa degli Ljajic non si sa. E qui si va a bomba sull’argomento di giornata: fare l’allenatore sarà pure complicato, ma se oltre a non gestire poi così bene le questioni di campo (e si parla di marcature in un calcio d’angolo, mica il tiki-taka) gestisci peggio le risorse umane, la strada senza futuro di questo Torino è già stata praticamente avviata. Squadra molle, invisibile, andata a Roma chiaramente già sconfitta nelle meningi.

E’ anche vero che tutto è rimediabile. Il titolo può essere cambiato in corso d’opera, magari a cominciare da Lunedì a Firenze: “In Europa non ci andiamo, ma salvo Belotti e Hart questa squadra può dire ancora la sua”. Si, ho citato Belotti e Hart. Che oltre ad essere i migliori che abbiamo, sono anche quelli che la loro fame la si vede negli occhi. Fotografia di un Toro dove gli ultimi baluardi che corrono sono quelli che hanno semplicemente voglia di fare quello che agli altri compagni riesce meno: spaccare il mondo. Anche e soprattutto da soli.