di Luca Sgarbi
gazzanet
Anti-Futbol
A parole, tutti buoni. Ma proprio tutti. Chi non ha mai sentito dire al tecnico di turno: “Voglio una squadra che giochi un bel calcio” o, in alternativa, buona per tutte le stagioni, “Noi cerchiamo sempre di imporre il nostro gioco”? Difficile contare le volte in cui è capitato, un po’ come pretendere di usare il pallottoliere con le onde del mare. Peccato che, all’atto pratico, i buoni – buoni davvero - si contino sulla punta delle dita di una mano. In questa serie B, specchio fedele dell’anticalcio dilagante, i buoni non esistono. A parte il Novara di Tesser. Coraggioso e per questo mai troppo vincente nell’Italia pallonara. E’ dovuto ripartire dalla LegaPro e mettere assieme i pezzi del puzzle. La programmazione vale tanto e quanto a progetti (Novarello dice niente?) i piemontesi hanno tanto da insegnare a chi spende, spande e non cava un ragno dal buco. Per il resto, Danti Alighieri può darci una mano: “lasciate ogne speranza, voi ch’intrate”: pane e ripartenza, beccare pochi gol e continuità di rendimento. I tre capisaldi del modo italico di intendere il football. O l’antifootball, fate voi. A costo di andare fuori casa e timbrare il punticino, come accaduto al Siena. Partitina-ina-ina, per Conte e i suoi a Trieste. Zero a zero senza pretese. Dal punto di vista giuliano, di chi si trovava di fronte la prima della classe, è grasso che cola. Ma da chi ha la pretesa di vincere – pardon, dominare – e giocare un calcio diverso, è lecito aspettarsi qualcosa di più. Però è il risultato che la fa padrone. Mancano le conoscenze, scarseggia la varietà di un gioco d’attacco all’altezza. Esempi? Tanti. Primo fra tutti, il Livorno, ostaggio della penultima della classe, il Cittadella, fino all’espulsione di Dalla Bona. Poi, vita facile, plasmando un 3-0 episodico. Non brilla neanche il Toro e qui mancano totalmente (per ora) i primi due comandamenti del vangelo del calcio italiano: la continuità e la tenuta difensiva. Il 2-1, sotto sotto, fa godere come un riccio Colantuono, che ha capito come si vince al piano di sotto. Con un anno di ritardo. Vincere, parola sconosciuta al Sassuolo. Perde la quinta delle ultime sei, la squadra neroverde. Cinque sconfitte diverse, cinque modi di perdere fiducia. Cinque passi per allontanarsi dalla mission aziendale: serie A. A Pescara decide Gessa, killer di giornata di una squadra che di fiducia ne ha da vendere. E la fiducia in B è il quarto comandamento.Quanto alle altre, continuano a stupire Padova, Reggina ed Empoli, che spreca un’occasione (sulla carta) contro il Piacenza. Ma chi si mangia le mani è la squadra di Madonna, raggiunta sullo striscione d’arrivo da Coralli, uno che qualche kiletto di troppo lo gestisce in scioltezza. Soprattutto al Castellani. Infine, vince il Crotone col Varese. Vince grazie a Ciro Ginestra, senza incantare. Ma questa non è una novità. Siamo in Italia, conta solo il risultato e il “futbol bailado” lo lasciamo, ahimè, agli altri.
Ps. Si torna in campo mercoledì. Tutti invitati, meno lo spettacolo?
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