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gazzanet
di Luca Sgarbi
C'è un cartellone regolarmente esposto nei match del Grande Slam che vedono in campo Roger Federer: "Genius at work", recita. Genio al lavoro. Noblesse oblige. Ma i geni non popolano solo il mondo della racchetta e dei campi da tennis, stanno soprattutto dietro le scrivanie del mondo del calcio. Geni in grado di partorire contributi tipo "Non potendo cambiarne undici, più facile cambiarne uno". Oxford? Cambridge? Ma queste menti brillanti da quale prestigioso ateneo escono? Menti al lavoro. Genius at work, appunto. Presidenti, direttori sportivi e affini. Il cambio di panchina è frequente. La resa, quasi mai. E allora perchè cambiare? "Perchè è più facile cambiarne uno che undici". E così, chi paga, ovvio, è l'uomo al comando (tecnico).
Spesso bersagliato, quasi mai difeso, sempre in bilico. La bocca del dirigente medio è spesso bagnata della parola "programmazione", ma poi, quando misteriosamente comincia a girare male, spazio alla schizofrenia. Pardon, alla genialità. Quasi la metà delle squadre ha cambiato guida rispetto all'inizio. Per tutti (o quasi) risultati scarsi. Le uniche eccezioni sono Ascoli e Grosseto. Come dire: agita i grandi numeri, cambia molto e prima o poi ci becchi. Nel Piceno, dove chi ben comincia l'opera non la finisce mai, il passaggio da Gustinetti (10 punti in 12 gare) a Castori (25 punti in 17 gare) ha funzionato. Così pure a Grosseto, dove il cambio è la specialità della casa: se Apolloni (5 punti in 6 match) e Moriero (17 in 15) avevano toppato, Serena ha trovato la chiave giusta (20 punti in dieci gare, media promozione). Per tutti gli altri, poca roba.
A Crotone è stato richiamato Menichini (26 punti in 20 gare) al posto di Corini (8 in 10). A Frosinone Guido Carboni (19 in 21) non aveva capito meno di Campilongo (10 in 10). Stessa storia a Portogruaro, dove Viviani (14 in 17) ha lasciato il posto ad Agostinelli (16 in 14): poco era il Porto, poco rimane. In zona salvezza, Sassuolo e Triestina non hanno cambiato passo col cambio di guida: Arrigoni (7 in 7, sfidando le migliori) ha fatto leggermente peggio di Gregucci (29 in 24); Iaconi (17 in 20) di Salvioni (11 in 11): qualche punto in più, ma la musica è sempre la stessa. Anche a Livorno, dove Novellino sta percorrendo la stessa strada di Pillon.
Morale della favola: ogni tanto, quando c'è da cambiarne uno e uno soltanto, sarebbe meglio se certi Direttori Sportivi (o Presidenti) si guardassero allo specchio. Scoprirebbero una piccola, grande verità: che spesso sono davvero loro quelli da cambiare.
(Foto: M. Dreosti)
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