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5 Buoni motivi per sognare un “Torino B”

Diego Fornero
Toro Del Futuro / Una squadra B a tinte granata in Lega Pro? Sarebbe una grande risorsa e un’opportunità da cogliere, ecco perché

Che il calcio italiano abbia bisogno di un’importante ventata di aria fresca, da numerosi punti di vista, non credo si tratti né di una novità, né tantomeno di un qualcosa di confutabile. I punti deboli del sistema calcio in Italia, del resto, sono piuttosto evidenti: dalla scarsa competitività della Nazionale (non soltanto quella maggiore, ma, purtroppo, anche quelle Under), al ruolo sempre meno rilevante dei vivai nella composizione definitiva delle rose, fino agli stadi spesso semivuoti e al fenomeno, ahinoi, assai frequente dei fallimenti in corso d’opera per i club professionisti, che si trovano a scomparire dai campionati, innescando il meccanismo di ripescaggi infiniti e calendari incerti, soprattutto in Lega Pro, ma anche in Serie B.

In questo panorama desolante, esistono piccoli spiragli che possono far sperare in un passo avanti. Innanzitutto la cosiddetta “Riforma Tavecchio”, con le famose liste bloccate di giocatori e i 4 prodotti del vivaio da inserire ai termini di regolamento, che entrerà in vigore dalla prossima stagione e i cui effetti sono, ovviamente, tutti da dimostrare. Poi, la riforma dei campionati giovanili, che cambierà il meccanismo delle cosiddette categorie intermedie, quali ad esempio gli Under 17 Lega Pro, che diventeranno a tutti gli effetti Under 16 di Serie A e B, e che porteranno quei ragazzi nella categoria di passaggio da Under 15 ed Under 17 a vedersela unicamente con club della medesima categoria, dunque, almeno sulla carta, maggiormente competitivi.

Ma l’innovazione che, ad oggi, mi è parsa più interessante, almeno nel suo potenziale, riguarda la possibile iscrizione in Lega Pro, a partire dalla stagione 2016/2017, di sei “Squadre B”, ovvero formazioni satellite di club di Serie A, che rappresenterebbero una sorta di categoria intermedia tra la Primavera e il calcio professionistico. Un’idea anticipata dal neo Presidente della Lega, Gabriele Gravina, di cui il Presidente granata Urbano Cairo ha parlato lunedì in conferenza stampa (non chiudendo le porte a priori), e che mi stuzzica parecchio: vi spiego il perché in cinque buoni motivi.

1- La Primavera non basta.

Io amo il Campionato Primavera: una categoria che trovo affascinante ed appassionante, ma del quale riconosco gli evidenti limiti. Non è un caso se da rose di 20/25 giocatori, anche da formazioni di vertice, fuoriescano ogni anno al massimo 4/5 professionisti, di cui ben pochi in Serie A e Serie B. Tra campionati giovanili e calcio “dei grandi”, c’è un abisso: se non tecnico, sicuramente tattico, fisico e motivazionale. La stessa differenza tra un parco naturale tenuto sotto stretta osservazione e una giungla. E i fatti lo dimostrano…

2 - I prestiti, nella maggior parte dei casi, non servono a nulla (anzi, fanno danni).

Non vorrei apparirvi brutale, ma c’è un dato su cui riflettere: i prestiti dei giocatori in uscita dalla Primavera, anche da quella del Torino, nella stragrande maggioranza dei casi non solo non servono a nulla, ma spesso sono addirittura dannosi. I club di Lega Pro fanno a gara per avere i ragazzi in prestito nella prima stagione da professionisti innanzitutto per intascare contributi federali, senza stare a preoccuparsi troppo dell’effettiva utilità tecnica del giocatore. Dando per scontato il punto 1, ovvero che nella gran parte dei casi i ragazzi, pure quelli davvero dotati, non sono ancora effettivamente all’altezza del calcio professionistico, si ottiene che questi giocatori, appena fuoriusciti da un contesto come quello della Primavera, siano immediatamente calati nella selva di un campionato duro, competitivo, in un certo senso anche “brutto, sporco e cattivo”, come quello della Lega Pro. Con effetti, il più delle volte, deleteri…

3 - I risultati non sono tutto. Anzi: sotto i 21 anni sono ben poco.

C’è un problema serio che sta dilagando in tutti i vivai italiani: la cultura del risultato. Per carità, fa piacere vincere, e - giusto per fare un esempio molto granata - conquistare uno Scudetto e una Supercoppa Primavera è senza dubbio una soddisfazione. Ma non ci si può dimenticare che, alla fine della fiera, il fine ultimo di un settore giovanile sta nel creare giocatori. Una finalità, ad oggi, quasi interamente disattesa, anche a causa dell’ossessione per il risultato con cui i giocatori sono costretti a scontrarsi fin dall’inizio, e ancora di più una volta sbarcati nel mondo dei professionisti. Una stortura molto italiana, che porta i club a privilegiare troppo presto la fisicità alla tecnica, a lavorare troppo sulla tattica già in tenera età e a non aspettare i singoli di talento, a vantaggio di chi, nell’immediato, dà maggiori garanzie di vittorie. Una scelta che non paga, come dimostrano i fatti, e che una Squadra B affrontata nel modo giusto, ovvero dimenticandosi della classifica, potrebbe aiutare a raddrizzare.

4 - I giovani calciatori non sono (sempre) dei privilegiati come tendiamo a credere.

Fare il calciatore è un bel mestiere, forse uno dei più belli del mondo. Ma tra CR7 e un diciottenne del settore giovanile del Torino… I gradi di separazione non sono pochi. In molti tendono a dimenticarsi che, tranne alcune eccezioni, i ragazzi del vivaio non percepiscono alcun reddito, né sono classificabili come professionisti. Nell’anno del compimento dei 19 anni, sta alle società scegliere se offrire a questi ragazzi un contratto da Pro (sottoscrivibile già a partire dai 16 annni), opppure un precontratto di dodici mesi a cifre bassine ma dignitose, oppure uno svincolo totale. Dopo anni di sacrifici, e ben poco tempo da dedicare ad altre incombenze molto importanti (su tutte la scuola), spesso questi ragazzi si trovano, dal punto di vista professionale, “in mezzo a una strada”, e molti, il cui talento magari avrebbe bisogno soltanto di tempo per essere espresso appieno, si trovano ad abbandonare il calcio o magari ad accettare offerte sbagliate con la semplice sportiva di portare a casa qualcosa che assomigli a uno stipendio. Una Squadra B gestita con oculatezza, consentirebbe di “accompagnare” giocatori al professionismo dando loro il tempo e il modo di maturare appieno “tra pari”, mettendosi alla prova con altri pro, un po’ come avviene oggi coi fuoriquota in Primavera, che spesso sono i primi a trovare squadra a fine stagione.

5 - Un serbatoio, un investimento.

Le Squadre B, solitamente costituite dagli Under 21 ma anche dalle cosiddette “riserve”, sono un serbatoio fondamentale. Vi faccio alcuni esempi: se esistesse un Torino B, credete che uno come Lys Gomis avrebbe avuto la necessità di finire a Frosinone a fare il terzo portiere, o magari avrebbe potuto esprimere il proprio valore in maglia granata, per meritarsi una conferma qui, oppure per mettersi in mostra e poi partire altrove, diventando un patrimonio anche economico della società? Con i tesseramenti liberi, ad una Squadra B potrebbe accedere qualunque tesserato del Torino FC: dal rientrante dall'infortunio che necessità di recuperare, dallo squalificato, fino a quei giocatori nella fascia di età dai 19 ai 21 anni che eviterebbero di essere dispersi in una selva di inutili prestiti a scaldar panchine in Lega Pro. Non nascondiamoci dietro un dito: i “fenomeni” sono rari, e quelli giocano senza problemi. Ma se dal settore giovanile granata non arrivano ragazzi in Prima squadra la colpa non é solo della sfortuna, né del caso, né tantomeno della sfiducia da parte dell’allenatore. La ragione è molto semplice: manca un raccordo tra le categorie che faciliti questa transizione. Chiaramente, non si potrebbe certo auspicare che la totalità di una Squadra B possa essere composta da giocatori pronti un giorno ad approdare in Prima squadra, ma se anche si trattasse di uno o due giocatori all’anno, il valore di questa “produzione” supererebbe senza dubbio quello della spesa per l’iscrizione alla categoria.

Insomma: quella della Squadra B rappresenta, a mio parere, un’opportunità da valutare con attenzione, compatibilmente a costi, modi, ed anche alla fattibilità (il rischio che si tratti dell’ennesima boutade all’italiana, cui non seguiranno fatti concreti, purtroppo sussiste). Il grandissimo lavoro fatto nel decennio di presidenza Cairo sul settore giovanile troverebbe, tramite questa vita, uno sbocco naturale e una maturazione completa. Ecco perché, oggi, non si può che sognare di vedere davvero un giorno in campo un Torino B, magari chiamato… Torino Filadelfia, pronto a giocare proprio nel nuovo impianto.