Qui poi avresti fatto migliaia di partite e allenamenti tra settore giovanile e prima squadra. "Ho fatto allenamenti dai giovanissimi in su, con la Primavera tantissimi derby con gli spalti pieni di gente. Era uno spettacolo il derby Primavera giocato al Filadelfia. Mi piace anche raccontare quando in un derby dovetti marcare Giuseppe Galderisi, fiore all'occhiello della Primavera della Juventus. Vincevamo 1-0. Ad un certo punto, al 90', mister Vatta mi urlò di non fare fallo su Galderisi, che io marcavo a uomo da dietro, perché allora si faceva così. Lui si girò, partì ed entrai in scivolata, facendo fallo. Da Vatta, psicologo fuori che si trasformava in panchina, ho ricevuto tantissimi insulti dopo il rigore segnato. In quel momento andai in area e segnai il 2-1, salvandomi in calcio d'angolo. Questo aneddoto, io, e i miei compagni di allora, lo ricordiamo sempre con tanto affetto".
In questi ultimi giorni c'è il passaggio di consegne con il tuo successore. "Tante emozioni, è stata scelta questa location per respirare alle famiglie cosa vuol dire essere del Toro. Un conto è il Comunale, un altro è il Filadelfia. Arrivano qua, vedono la casa madre del Toro. Questo è un modo per far respirare al nuovo responsabile la storia del Toro. Gli auguro di essere all'altezza, ma ne sono sicuro che lo sarà perché è un ragazzo preparato, perché la gente del Torino merita gente professionale".
Sei stato per 18 anni responsabile dell'attività di base del Torino FC. Dal 2005 ad oggi qual è il tuo bilancio personale? "Sicuramente è stata un'esperienza unica ed incredibile. Ho iniziato questa esperienza con Antonio Comi. Il presidente, nell'epoca del fallimento, ci fece un lungo colloquio a Milano. Conosceva le nostre qualità. Ci ha spronato a dimostrare che se fossimo stati all'altezza avremmo avuto degli anni davanti. Così è stato. Ci ha dato fiducia e di questo lo ringrazio. Ci ha stimolato a far bene e meglio. Lui è una persona ambiziosa e l'ha sempre dimostrato. Non ci siamo mai seduti. Abbiamo sempre dovuto lottare, perché è giusto così. La vita è questa. Ci ha dato la possibilità di vivere per 18 anni, più i cinque precedenti all'Era Cairo, nel Toro. Penso che non sia facile fare questo mestiere per 18 anni ed essere riconfermati. Per il presidente è giusto che se uno è valido vada avanti e ce lo ha dimostrato".
Ti dà maggiore gratificazione la carriera da giocatore o da dirigente? "Sono state entrambe meravigliose. L'esperienza da calciatore mi ha regalato tantissimo. Nel momento in cui avrei sperato di rimanere, mi hanno venduto alla Roma. La sera della firma con la Roma io e mia moglie ci siamo messi a piangere. Scusatemi, mi prende l'emozione. Ci è dispiaciuto. Ho fatto il regalo nella finale di Coppa Italia persa contro il Torino, quand'ero nelle file della Roma. All'epoca feci di tutto per vincere. Col senno di poi son contento che la finale sia andata al Toro".
Qual è il consiglio che hai maggiormente dato alle famiglie? "Quello di non pensare di avere un campione in casa, ma di avere una grandissima opportunità perché vestire la maglia del Torino, come quella di qualunque altra professionistica, ha una grandissima storia, che cerchiamo di trasmettere sempre, come hanno fatto i nostri maestri: Vatta, Naretto, Marchetto, Ussello... Maestri prima di vita e poi di calcio. E poi di dare la possibilità a questi bimbi di divertirsi il più possibile perché solo attraverso il divertimento si possono ottenere grandissimi risultati. Se si crea una pressione fin da piccoli, si rischia di annullare la loro spontaneità e questo non va bene. Questo può limitare la riuscita o no di un talento".
E ai piccoli calciatori? "Ai piccoli calciatori di divertirsi. Loro non hanno colpe, vanno in campo per giocare e divertirsi. Spesso sono inquinati dagli adulti, intesi come tutto l'entourage che gira intorno alla figura del bimbo dai genitori, ai mister, ai dirigenti... Troppo spesso si pretendono cose esagerate per ottenere risultati personali e questo non va bene. Bisogna cercare in primis di lasciare la possibilità al bambino di crescere nella massima serenità".
Il Toro ti ha dato molto. Torino ti ha dato tutto: una moglie adorabile, due figli esemplari, i nipotini... Cos'altro chiedere alla vita? "Adesso comincia quello che avrei dovuto fare quarant'anni fa: stare di più con la famiglia. Però mi hanno accompagnato e sostenuto in questo percorso stupendo per svolgerlo nel migliore dei modi. Ogni tanto chiedo a mio figlio, che è del '92 e gioca a calcio, se si ricorda qualcosa, ma dice di no. Mi fa piacere che viva lo sport. Ne ho un altro che studia medicina. Abbiamo tanto da fare. Spero che anche i nipotini possano trovare la propria strada nella massima serenità, però ripeto che è giusto dedicare del tempo anche a loro in questa parte della mia vita.
Grazie di tutto, Silvano. Buona vita e Sempre Forza Toro! "Grazie a voi. Sempre Forza Toro! Non finirà: il Toro rimane nel cuore. Vivrò qui a 500 metri. Spesso e volentieri mi vedranno lo stesso in questo ambiente".
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