gazzanet

Grazie Longo: Maestro di calcio, Maestro di Toro

Diego Fornero
Moreno Longo lascia a tutto l'ambiente granata ben più che trofei e vittorie: mentalità vincente e consapevolezza di potersi sedere al tavolo delle grandi.

Si chiude così, tra gli applausi dei tifosi, nonostante una sconfitta che brucia, l'avventura di Moreno Longo sulla panchina del Torino. Non voglio definirlo un sogno, quello della cavalcata verso un secondo Scudetto consecutivo che sarebbe stato davvero clamoroso. Non lo definisco un sogno perché so bene che per il tecnico granata e per i suoi ragazzi sarebbe molto più verosimile definirlo come un obiettivo: qualcosa di importante, ma raggiungibile.

Già, raggiungibile. Ecco che cosa lascerà Moreno Longo al Torino, e non soltanto alla categoria Primavera, ma a tutto l'ambiente Toro. La consapevolezza che nulla sia impossibile; che anche con la maglia granata ci si possa sedere “al tavolo delle grandi”; che oltre all'orgoglio e all'identità possano arrivare anche quelle cose chiamate “vittorie”; concetto purtroppo poco familiare in casa Toro, da qualche anno di troppo a questa parte.

Non solo: Moreno Longo, pronto a spiccare un meritato volo verso l'avventura del calcio professionistico, lascia al Toro un'organizzazione e uno stile di lavoro cui si dovrà provare a dare continuità. Checché se ne dica, nel calcio gli uomini contano ancora, così come contano i valori, e conta la capacità di trasmetterli: Longo ha rappresentato per i giocatori che l'hanno vissuto in questi sette anni trascorsi tra Allievi e Primavera, ben più che un semplice maestro di calcio, ma un vero e proprio maestro di Toro.

Fare questo mestiere, che sia il calciatore, l'allenatore, e forse persino il giornalista, ti porta a cambiare casacca, a prestare servizio altrove, ad allontanarti da casa, ma ci sono cose che non cambiano. Una cosa che non cambierà mai – e ne sono più che certo – è il cuore che batterà nel petto di quello che, dichiarazioni di rito a parte, si avvia ormai ad essere l'ex allenatore della Primavera del Torino. Un cuore granata, da qualunque punto di vista lo si guardi. Un cuore che noi porteremo sempre dentro di noi come esempio, e – perché no? - anche come “trofeo”. Un trofeo che vale ancora di più dello Scudetto, della Supercoppa e delle tante vittorie messe in archivio. Un trofeo ancora più “nostro”, e che un giorno sogniamo, e continueremo a sognare, di rivedere nel posto che più gli compete: al Toro, a casa sua. Perché, come recitava la striscione esposto dai tifosi un paio di settimane fa al "Don Mosso", "questo non è un addio, ma soltanto un arrivederci".