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La riscoperta dei giovani, fra volontà e necessità

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Dopo anni di grave involuzione finalmente anche in Italia sta ritornando il “gusto” di lanciare giovani calciatori ed allenatori nel calcio che conta. È indubbio che ormai da qualche tempo le principali squadre professionistiche...
Pietro Ghirardell

Dopo anni di grave involuzione finalmente anche in Italia sta ritornando il “gusto” di lanciare giovani calciatori ed allenatori nel calcio che conta. È indubbio che ormai da qualche tempo le principali squadre professionistiche italiane stiano rivedendo le proprie scelte in materia di valorizzazione dei giovani, aumentando gli investimenti nel settore giovanile e dando sempre più spazio in prima squadra a giovani calciatori provenienti dal vivaio. L’ultimo in ordine di tempo è il giovane Nicola Murru (classe ’94) che domenica ha debuttato giocando titolare nel Cagliari nella sfortunata trasferta di Firenze (per inciso il ragazzo è stato tra i migliori in campo). Anche sul lato allenatori stiamo assistendo da qualche anno ad un incremento significativo di allenatori di Serie A e B provenienti da esperienze come allenatori della Primavera, basti pensare a Montella (che addirittura allenava gli Allievi Nazionali della Roma), Stramaccioni e Pea. In buona sostanza sembrerebbe che il nostro calcio stia tornando sui propri passi, dopo anni di sperperi e di dissennate politiche finanziarie che hanno portato sul lastrico molti club anche gloriosi, per allinearsi alle politiche societarie più lungimiranti nella valorizzazione dei giovani, in primis quelle di Inghilterra e Spagna. Vediamo le ragioni di questo cambiamento.CRISI ECONOMICA E FAIR PLAY FINANZIARIO - Le crescenti difficoltà economiche e le nuove regole dettate dall’UEFA in tema di “fair play finanziario” hanno indubbiamente contribuito in modo determinante a tale svolta. Sono soprattutto le società di calcio più rappresentative in Italia ad aver “sposato” questa nuova linea e ad aver riempito di giovani ragazzi i propri organici, basti pensare alla quantità di ragazzi del ’92, ’93 e ’94 che giocano regolarmente e senza problemi nell’Inter, nel Milan e nella Roma. Queste ultime hanno peraltro deciso di “ispirarsi” con decisione al modello spagnolo lanciando in Prima Squadra per lo più ragazzi provenienti dal proprio vivaio, a differenza della Juventus che specialmente negli ultimi due anni ha preferito comprare giovani di talento provenienti da altri club ed al massimo fargli fare l’ultimo anno di Primavera tra le proprie fila. Quand’anche questi giovani siano “chiusi” da giocatori più esperti, non hanno problemi ad organizzare prestiti a società prevalentemente di Serie B con politiche incentivanti per le società che li accolgono e che, di conseguenza, hanno tutto l’interesse economico a farli giocare con continuità ed a valorizzarli. Anche altre società di medio-bassa classifica stanno perseguendo con decisione lo stessa direzione imboccata con successo dalle società più importanti, basti pensare ai molti giovani che nelle ultime domeniche hanno giocato nelle file di Parma, Siena, Pescara, Cagliari, Palermo, Genoa, Fiorentina, ecc. LA SITUAZIONE GRANATA - Spiace dirlo ma pur disponendo oggi giorno di giovani di grande talento, il Toro non è al passo con questa nuova tendenza del calcio professionistico italiano e se fino a qualche anno fa forse avevamo la scusa della mancanza di talenti da lanciare, oggi invece questa “scusante” non c’è più. Il Toro oggi ha tra le proprie fila giovani che fanno invidia a tutte le principali società di calcio di serie A ma, ciò nondimeno, non si vedono concreti spiragli perché questi giovani possano esordire nella massima serie con la maglia granata. Peraltro questa nostra strana ritrosia ad “osare” a lanciare giovani in prima squadra rappresenta l’esatto contrario di quanto sia la nostra storia e tradizione, purtroppo interrotta temporaneamente per effetto del fallimento tristemente vissuto prima della gestione del Presidente Cairo. Oggi però siamo fortunatamente lontani da quei tragici giorni del fallimento e non possiamo continuare a fare riferimento a quello per giustificare scelte societarie poco coraggiose. In particolare va notato che in quasi tutti i casi che abbiamo citato in precedenza, la scelta di puntare sui giovani, specialmente provenienti dal vivaio, è stata imposta direttamente dai proprietari delle società interessate, con scelte anche antipopolari come nel caso dell’Inter di Moratti (che addirittura ha avuto il coraggio di credere in un giovane come Stramaccioni per perseguire il suo progetto di valorizzazione dei giovani) e del Milan di Berlusconi. Parliamo cioè di due delle società più gloriose d’Italia e delle “piazze” più difficili da gestire, certamente non meno difficili della nostra. NON E' UNA PIAZZA PER GIOVANI? - Questa premessa è importante per due ragioni: innanzitutto per evitare che circolino le solite difese d’ufficio ingiustificabili che addebiterebbero la mancata propensione all’utilizzo dei giovani ad un problema ambientale che si vivrebbe al Toro; queste sono fantasie anacronistiche e le solite considerazioni fatte da persone pressapochiste che invece di considerare i giovani come una grande opportunità passano il tempo a trovare scuse di ogni tipo per giustificare scelte che vanno contro la realtà e la presa di coscienza di una tendenza irreversibile del calcio italiano. La seconda è che dovrebbe partire proprio dal Presidente Cairo una scelta strategica di questo tipo, non diciamo “imponendo” ma quanto meno “caldeggiando” una maggiore attenzione alla valorizzazione dell’unico nostro vero patrimonio, ovvero i giovani sfornati dal vivaio. L’impressione è che se questa decisione non venga suggerita dall’alto, per dirla come l’ha recentemente detta il coordinatore delle nazionali giovanili italiane, Arrigo Sacchi, “è molto più comodo allenare e mandare in campo giocatori con una certa esperienza, piuttosto che rischiare di puntare su un giovane di prospettiva col la possibilità che possa diventare un campione, tanto i soldi mica li mettono gli allenatori….”. D’altra parte perché un Presidente come Cairo dovrebbe investire (e noi gli chiediamo a gran voce che investa molto di più….) nel settore giovanile se poi non si dà seguito ai suoi sforzi economici ? Quale sarebbe il misterioso evento che dovremmo aspettare per ritornare a dare linfa alla nostra storia e tradizione? Sulla base di queste riflessioni, approfondiremo alla prossima occasione il tema della gestione dei prestiti dei giovani granata e, soprattutto, lo "strano caso" di Marko Bakic. A presto.Pietro Ghirardell   (Nella foto di D. Fornero: Abou Diop in occasione del derby Primavera)