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La chiave di volta è l'undicesimo minuto del secondo tempo, quando il laziale Rossi sta già per esultare, ma Zaccagno gli dice di no. Angolo. Sugli sviluppi del corner, E' Mattia a sbattere ancora sul portiere granata, che si supera di nuovo. Pochi minuti più tardi sarà Palombi a provarci, ma l'estremo difensore risponderà ancora una volta presente. Dopo quei sette minuti d'incubo, il Toro riordina le idee e ricomincia a tornare in attacco, per provare a raddrizzare un match che in quel momento sembrava senza scampo. Il finale è noto.
Ecco perché su questa Supercoppa Primavera, tra tutte le mani, spuntano anche e soprattutto i guantoni del numero 27, che ha salvato per tre volte i suoi nel momento più difficile, quando la Lazio, spinta dal vantaggio, premeva sulla retroguardia granata con insistenza e pericolosità, presentandosi più volte davanti al portiere granata. E' stata la sua sublime prestazione a suonare la carica ai suoi compagni, a dare loro speranza che il match non fosse finito, ma che ci fosse tutta la possibilità di ripartire e di andare a vincere questo trofeo, perché tanto dietro, si può stare sicuri, non si passa più.
Quella di ieri sera è stata la definitiva consacrazione di un portiere che, ormai da anni, si sta mettendo in mostra come uno dei migliori estremi difensori di questa generazione in circolazione: reattività tra i pali, sicurezza e pieno controllo in area (il difetto principale di molti suoi colleghi in giovane età), lettura e comando della difesa. Zaccagno sta dimostrando, partita dopo partita, che sia campionato, Supercoppa, Youth League, di avere la stoffa del campione, di colui che sa blindare la porta quando più conta e si esalta proprio nel momento in cui la squadra ha maggior bisogno di lui. Di nuovo, come a maggio, quando fermò il tiro dagli undici metri di Pollace e mise sui piedi di Edera l'ultimo, decisivo e vincente rigore, la Lazio può solo applaudire il portiere granata. E dovrebbero farlo tutti.
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