interviste

”A Torino serve un regista esperto”

Edoardo Blandino

 

di Edoardo Blandino

Fabio Gallo è stato uno degli ultimi veri registi di questo calcio moderno. In granata ha vissuto due stagioni ed ha collezionato 45 presenze ed stato uno dei principali artefici...

di Edoardo Blandino

Fabio Gallo è stato uno degli ultimi veri registi di questo calcio moderno. In granata ha vissuto due stagioni ed ha collezionato 45 presenze ed stato uno dei principali artefici dell'incredibile promozione post-fallimento. Oggi ha smesso di giocare e si è messo alla prova come allenatore. Dopo due anni alla guida degli Allievi Nazionali, da pochi giorni è diventato nuovo allenatore della Primavera dell'Atalanta.

Innanzitutto complimenti per il nuovo incarico.

«Grazie mille»

La Primavera dell'Atalanta è un bel trampolino di lancio. Allora è proprio vero che i centrocampisti hanno una marcia in più da allenatori.

«Sai.. ci sono centrocampisti e centrocampisti. Qualcuno ha caratteristiche particolari che lo aiutano poi da allenatore, altri un po' meno. In generale, però, giocando in mezzo si ha una visione del campo diverso e più completa rispetto ad altri ruoli. Stando in mezzo devi essere allenato a capire come muoversi e come far muovere gli altri. Avendo fatto una carriera da regista posso essere avvantaggiato. Poi dipenderà da me essere o meno bravo a diventare un allenatore da Serie A»

Negli ultimi tre-quattro anni si punta molto su allenatori giovani e senza troppa esperienza. Ti senti pronto per il salto?

«Ritengo che fare il percorso nelle giovanili sia importantissimo per un semplice motivo: passare da giocatore ad allenatore è molto difficile. Con i ragazzi hai la possibilità di sbagliare, migliorarti e correggerti. Hai tempo per capire il tuo errore. Spesso i ragazzi non sono in grado di capire l'errore e tocca a te controllare ogni dettaglio. Allenare nel settore giovanile è fondamentale. Mi fa piacere che ultimamente venga data maggiore possibilità ai giovani. Questo significa che c'è più coraggio da parte degli addetti ai lavori»

C'è una squadra che ti piacerebbe allenatore da grande?

«Allora, a me piacerebbe allenatore. Il mio obiettivo è quello di arrivare in Serie A, non importa con quale società. Dopodichè è facile dire Milan, Inter, Juve, Napoli... Adesso sono alll'Atalanta e anche allenare qui sarebbe il massimo. Ho avuto la fortuna di giocare nel Torino e ripensare ai 70 mila del Delle Alpi che ti acclamano sarebbe straordinario»

Ci sono squadre basate più sulla corsa e la fisicità ed altre che puntano molto sulla tecnica. Quanto è importante la figura del regista in questi due casi?

«Io ho fatto una carriera da regista. Ho passato il tempo a farmi dare il pallone nei piedi. Per come vedo io il calcio lo ritengo un ruolo fondamentale. Serve tecnica e personalità, ma anche tempi di gioco. Ci sono alcuni registi molto in gamba che magari non hanno una tecnica sopraffina, ma hanno tempi di gioco eccezionali. Grazie a loro la squadra si muove in modo ordinato e armonico»

Come mai ci sono sempre meno registi in giro?

«Ce ne sono pochi perchè c'è stato un cambio radicale negli ultimo 10-15 anni a livello di settore giovanile. Si prediligeva la qualità fisica a quella tecnica. Anche i giocatori che avevano grande predisposizione venivano allenati principalmente dal punto di vista fisico. Basta pensare che gli ultimi registi come me, Corini e Volpi hanno smesso a 37-38 anni»

Allora bisogna ringraziare il Barcellona che sta dimostrando che una tecnica superiore può compensare le carenze fisiche.

«Io lavoro in un settore giovanile straordinario. Il mio responsabile Mino Favini dice sempre: “se è piccolino, ma è bravo e sa giocare bisogna prenderlo”. Un giocatore lo devi allenare secondo le sue qualità. Non rivedremo mai più una squadra come il Barcellona di oggi, ma dietro hanno comunque una cultura che spinge a costruire il giocatore in un certo modo. Qui a Bergamo la tecnica è alla base di tutto».

Il regista deve essere esperto, oppure si può affidare la squadra anche ad un ragazzino?

«Ci sono Piazze e Piazze. A Torino il ragazzino ha poco tempo per sbagliare. L'esperto riesce a gestire meglio le difficoltà. Io feci fatica i primi due mesi, ma poi superai i problemi grazie all'esperienza. Un ragazzo, invece, rischia. È anche vero che per fare esperienza devi giocare. Io credo che in Piazze importanti serva comunque un minimo di esperienza. A Torino, poi, devi avere carisma e personalità»

Grazie mille. In bocca al lupo.

«Grazie a voi e un saluto a tutti quanti»