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interviste
E’ stato l’alfiere della piemontesità nella fiction in tv, dove con il suo “ma bongiorno, commissario” accoglieva Giulio Scarpati in “Una famiglia in Giallo”. Lui è Bruno...
"E’ stato l’alfiere della piemontesità nella fiction in tv, dove con il suo “ma bongiorno, commissario” accoglieva Giulio Scarpati in “Una famiglia in Giallo”. Lui è Bruno Gambarotta, attore, scrittore, show-man e…“tifoso da casa” che, smessi i panni dell’agente Quattroni, è tornato nella sua Torino, dove continua a dividersi fra i mille impegni di “una vita stressante” fra libri, teatro, tv, figli e nipoti. La passione per il Toro, però, è rimasta intatta e riesce a trovare quasi sempre il tempo per seguire le vicende della squadra, tanto da lanciarsi in una “profezia” sul futuro del presidente Cairo…
"Cos’è per lei il Toro ?
""Un pezzo della mia vita, fin da bambino (sono del ’37) è un fermo immagine. Quando cadde l’aereo avevo 12 anni ma, prima di Superga, avevo visto una sola partita della mitica squadra, un Torino – Fiorentina avuta come premio. Era un regalo fattomi dalla madre di un bambino che aiutavo a fare i compiti e che, durante la guerra, era rimasto traumatizzato dallo scoppio di una bomba che aveva ucciso il padre sotto i suoi occhi. Fu la stessa donna che venne a dirci che la radio (all’epoca la bibbia dell’informazione) aveva dato l’annuncio della tragedia di Superga".
"Quello di oggi è un Toro che nasce o che risorge ?
""Che risorge. Ci sono molte cose mi piacciono di questa società, come il recupero di giocatori dati per bolliti e finiti che in realtà si rivelano uomini prima e campioni sul campo. Poi c’è l’idea che non bisogna mai dare niente per finito, ma lottare sempre fino all’ultimo, la rocciosità, la spigolosità, la capacità di tenuta, doti da alpini, da rocciatori…da piemontesi. Non c’è l’eleganza, ma molta sostanza, si bada meno allo spettacolo e più al risultato".
"Va allo stadio o segue da lontano ? Perché?
""Non sono tipo da stadio, il mio lavoro mi allontana da casa per molto tempo, quindi quei pochi momenti liberi li dedico alla famiglia. Ci andavo, in passato, quando facevo prima il cameraman e poi il regista per la Rai. In quella veste ho ripreso, con una squadra di tecnici juventini, il derby rimontato da 2-0 a 3-2 (gol di Rossi, Platini e, in tre minuti, di Dossena, Bonesso e Torrisi) in mezzo a un frastuono assordante, con i colleghi che dicevano che così non si poteva lavorare perché gli urlavo come un indemoniato nelle orecchie. E il giorno dopo tutti gli juventini che lavoravano alla Rai si diedero malati".
"Qual è il giocatore simbolo di oggi ?
""Muzzi, per come ha saputo calarsi nella nuova realtà e perché, nonostante molti sostenessero che fosse “bollito”, ha dimostrato di essere un uomo e un campione ancora validissimo".
"E di ieri ?
""I gemelli del gol, Pulici e Graziani".
"E i giovani ?
""Purtroppo non seguo molto il resto delle vicende, sono un tifoso molto poco presente".
"Il Filadelfia: giusto ricostruirlo o meglio voltare pagina e chiudere con la retorica granata ?
""Lascerei perdere. Adesso il Torino andrà al Comunale, va bene così. Non mi piace tanto lo strabismo piemontese, con un occhio che guarda a domani e uno a ieri, senza mai tenere lo sguardo sul presente. Badiamo al sodo".
"Cairo è un nuovo Pianelli ?
""Penso di sì, per adesso. Non riesco bene a metterlo a fuoco come persona, ma è indubbiamente un bel personaggio con la giusta dose di vanità e ambizione. Pianelli però era più schivo, Cairo ha avuto diverse copertine, ha comprato pagine di giornali per fare gli auguri di Natale. Non mi stupirei di vederlo candidato alle prossime elezioni politiche...".
"Cosa si aspetta dalla nuova società ? Solo risultati sportivi o anche…un modello ?
"I risultati prima di tutto. Certo dovrebbero sfruttare questo forte senso di appartenenza ma non so con quale formula. Le idee di Gramellini mi sembrano vadano nella direzione giusta, ma da lì a specificare come vada incanalata questa voglia di Toro ne passa".
"Lo “stile Toro” che valori dovrebbe avere?
""Andiamoci piano. Si rischia di caricare molto i giocatori che dovrebbero pensare a giocare più che a fare i testimonial per gli ospedali di bambini. Poi è chiaro che sono iniziative lodevoli, ma così facendo si rischia di sovraccaricarli di tensioni e aspettative eccessive".
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