In esclusiva su Toro News le parole di Carlo Grande, scrittore, sceneggiatore e giornalista di Torino e del Toro. Già direttore della rivista di Italia Nostra, è autore di romanzi di successo come La via dei lupi (2002), con il quale ha vinto il Premio Grinzane Civiltà della Montagna e il Premio San Vidal a Venezia, e La cavalcata selvaggia (2004). Fuori dai libri, è comunque il Toro una delle sue più grandi passioni.
Esclusiva
Carlo Grande a TN: “Sono scettico, al raduno abbiamo solo quattro difensori”
Buongiorno Carlo. Come sta vivendo le incessanti ore di trattativa che coinvolgono Alessandro Buongiorno?"La sto vivendo come un po' tutta la situazione nel Torino dopo l'ennesimo risultato mediocre. Sono un innamorato deluso che cerca di non farsi coinvolgere più di tanto, pur mantenendo il suo affetto; cerco di non avere dei contraccolpi emotivi pesanti. Penso che se ci fosse un livello societario più alto giocatori come Buongiorno non sarebbero costretti ad andarsene. Ogni tanto il mercato porta a cessioni eccellenti, non sempre però".
Più giustificabile vendere Bremer nel 2022 che Buongiorno nel 2024?"Vorrei capirci di più. Lavoro di più con sentimenti e parole, meno con i numeri. Vorrei che il presidente, o chi per lui, mi spiegasse la ratio degli spostamenti di capitali nei bilanci del Torino. Se si vende Ilic per 25 milioni, se si vende Sanabria, se si vende qualche altro esubero, non vedo perché bisogna ogni anno fare dei sacrifici così onerosi. A distanza di due estati mi chiedo: dove sono finiti i soldi di Bremer? Le grosse cifre se ne vanno nelle sabbie mobili e ci troviamo sempre obbligati a vendere i migliori. Ma ribadisco: sono un innamorato deluso e cerco di non agitarmi troppo per non farmi troppo coinvolgere dalla vicenda".
Le piace il profilo di Paolo Vanoli?"Come diceva Rino Gaetano, mai criticare un film prima di averlo visto. Per adesso non mi permetto alcuna critica, anzi auguro a Vanoli per il suo e il nostro bene il massimo. Vorrei vedere la stessa grinta di Conte, vorrei che faccia correre i giocatori come nel primo anno di Juric. Però, da innamorato disilluso aggiunto un'altra cosa: Vanoli costa circa la metà di Juric, ci sarà un perché. I cartellini che scintillano, tuttavia, non sono sempre i migliori, quindi speriamo in bene. Le motivazioni fanno la differenza e ritengo il calcio molto semplice. In Italia dobbiamo cambiare filosofia: non è possibile che i giovani non sappiano più come puntare un uomo individualmente, però fin dagli esordienti vengono istruiti sulla diagonale difensiva".
I sei milioni di investimento su Ivan Juric hanno soddisfatto le sue aspettative?"Juric assomiglia anche lui a un amore un po' deluso. Bisogna innanzitutto ringraziarlo per quello che ha fatto. A me è piaciuto lo Juric del primo anno. Aveva una bella squadra, sebbene ci fossero molti prestiti. Poi, abbiamo iniziato a zoppicare. Juric ha avuto i suoi difetti, si è incaponito su alcuni aspetti per me incomprensibili, come dare totale fiducia a Vanja Milinkovic-Savic; ancora oggi non mi capacito come possa essere stata accordata simile fiducia nel portiere serbo. A Juric sul finale è un po' sfuggita di mano la situazione, credo più che altro per motivi caratteriali. Però, ha avuto il merito di metterci in una narcotica condizione di classifica senza farci rischiare nulla. Il peccato è non aver fatto passi avanti e questo non può bastare al Toro. A me fa male quando sento un Eraldo Pecci che dice che non segue più il Toro perché è una squadra che vive nella mediocrità. Juric ci ha provato a cambiare le sorti, però il mercato non l'ha sostenuto. Nel gennaio di quest'anno bastava poco per poter davvero lottare per l'Europa. Juric ha capito che il sostegno era limitato, ha staccato la spina e la squadra se n'è accorta. Del resto, il finale di stagione è stato brutto sotto tutti i punti di vista, dentro e fuori dal campo. Ma c'è un motivo preciso dietro al declino di Juric".
La dirigenza?"Sì, penso sia troppo comodo puntare il dito contro l'allenatore, è da vent'anni che lo facciamo e ci ritroviamo sempre punto e a capo. Il problema sta nel manico: il pesce puzza dalla testa, non è una metafora edulcorata ma rende l'idea. Devo dire che inizio a essere davvero stufo della gestione. Il Torino resta un grande amore, ma cerco di pensarci soltanto ogni tanto senza fare voli pindarici e senza farmi coinvolgere troppo".
Crede in un cambio di passo della gestione Urbano Cairo? "No, penso che purtroppo fino a quando ci sarà Cairo il Toro sarà questo. La controprova arriva dalle trattative di questo inizio luglio. Domani c'è il raduno, abbiamo quattro difensori in rosa: di cosa vogliamo parlare? Inizieremo con il Milan a metà agosto e un mese prima non abbiamo nemmeno una squadra. Il modus operandi è il medesimo da anni. Spero proprio di essere smentito e sbeffeggiato dai fatti, spero di essere zittito per il mio scetticismo. Lo spero proprio tanto ma non credo che accadrà. Vedo Cairo come un imprenditore molto bravo, ma nel calcio avrebbe potuto dimostrare molto, molto di più".
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