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interviste
Quando giocava era un grande Uomo sia in campo che nello spogliatoio. Dall’alto della sua lunghissima esperienza da professionista Eugenio Corini ne ha vissute tante e...
di Edoardo Blandino
"Quando giocava era un grande Uomo sia in campo che nello spogliatoio. Dall’alto della sua lunghissima esperienza da professionista Eugenio Corini ne ha vissute tante e conosce il calcio alla perfezione. Sa bene come funzionano le dinamiche di una squadra e non è un caso che sia spesso stato designato capitano delle formazioni in cui militava. Anche a Torino ha indossato quella la fascia che in passato hanno portato grandi campioni, ma che ogni tanto rischia di pesare un po’ troppo sulle spalle di qualche giocatore: «La maglia del Toro pesa per quello che è stata la storia di questa società. La gente ha delle aspettative importanti ed è stanca di questi anni di sali e scendi. Appena si crea il presupposto per qualcosa di buono, il tifoso spera sempre di ottenere il massimo e se la squadra non ci riesce c’è grande delusione. A volte non si riesce a reggere questo tipo di pressioni».Corini, anche nei suoi due anni è stato lo stesso?«Era una situazione difficile e delicata. Dopo una promozione straordinaria al primo anno dalla B, la squadra è riuscita a mantenere la categoria. Gli anni successivi ci siamo resi conto quanto sia stata incredibile come impresa. Anche perché nel primo dei miei due anni tutti si aspettavano un campionato diverso. Non si sperava nella Uefa, ma nessuno immaginava una salvezza così sofferta. L’anno dopo, invece, tutto si è rivelato ancora più difficile».Parliamo di attualità. Il Toro ha un organico importante per la B, eppure non riesce ad esprimersi. Come mai?«La squadra è stata costruita per ottenere la promozione. Si è anche puntato su un allenatore che aveva già vinto la B. C’è stato un ottimo inizio, nonostante il Toro arrivasse da una retrocessione. Partire forti era importante, però sono incappati in alcune sconfitte casalinghe che hanno destabilizzato l’ambiente. E poi sono arrivate altri match persi in trasferta. Il punto è che l’ambiente si aspetta la A come naturale termine di questo campionato».Si spieghi meglio.«In B bisogna lottare e stare attenti in ogni partita. Torino è una piazza esigente in A, figuramoci quando si gioca in Serie B. Questa categoria è una sofferenza per i tifosi e non ottenere i risultati crea malumore e scontento. Credo che la promozione sia assolutamente alla portata del Toro, anche se adesso il campo sta dando un altro verdetto. Ma fare un campionato di vertice non è semplice. La B è difficile e giocarla con la maglia del Toro lo è ancora di più».Lo dice per esperienza?«Ho vinto due volte la serie B: con il Chievo e con il Palermo. Il primo anno con i gialloblu nessuno ci dava come favoriti. Siamo stati bravi ed abbiamo disputato un ottimo campionato, ma avevamo il vantaggio di essere un outsider. Nessuno veniva a giocarsi la partita alla morte con noi. Con il Palermo c’erano molte più pressioni: eravamo la squadra da battere, c’era una grande attenzione mediatica e quello che facevamo, nel bene e nel male, era sotto gli occhi di tutti».Il Toro ha cambiato di nuovo allenatore. Non sarebbe giusto, ogni tanto, provare a lasciare un tecnico in panchina dall’inizio alla fine?«Le dinamiche interne allo spogliatoio le conosce solo chi ci vive dentro. Da fuori è impossibile giudicare o dare un parare. E non lo sto dicendo per cercare di eludere la risposta. Oltretutto Colantuono è un tipo combattivo che non molla mai, però i risultati non erano dalla sua. Non conta affidarsi ad un tecnico esperto o un giovane rampante, l’importante è centrare gli obiettivi. Quello che contano sono i risultati che si portano a casa. Se la società ha valutato così, avrà avuto le sue ragioni».Com’è la vita senza più calcio giocato?«Diciamo che sono comunque sempre molto concentrato sul calcio. La Serie A è più facile da seguire, per questo mi sto concentrando sulla B. Di conseguenza seguo da vicino anche il Toro. Nel frattempo mi aggiorno, studio e proseguo i corsi per diventare allenatore. In fondo è quello che mi piacerebbe fare».Qualche offerta però è già arrivata.«Sì, però non ero ancora abilitato ad allenare. Devo aspettare di prendere il patentino di seconda. È un corso che farò questa estate, tra giugno e luglio. Una volta che lo avrò ottenuto spero di avere l’occasione di partire».
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