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interviste
di Stefano Rosso - Dopo una vita trascorsa sui campi dilettantistici del Piemonte tra Giaveno e Vanchiglia e le esperienze nei vivai di Canavese e Como, Lillo Di Franco è stato nominato responsabile del settore giovanile...
di Stefano Rosso - Dopo una vita trascorsa sui campi dilettantistici del Piemonte tra Giaveno e Vanchiglia e le esperienze nei vivai di Canavese e Como, Lillo Di Franco è stato nominato responsabile del settore giovanile del sodalizio lombardo, militante nel girone A di Lega Pro 1. In un periodo in cui il calcio italiano è in crisi soprattutto dal punto di vista anagrafico abbiamo provato a ripercorrere il cammino che un giovane talento deve compiere prima di avere l’occasione di misurarsi con la Prima squadra ed analizzato il ruolo che possono e devono avere le società nella crescita dei propri ragazzi.Quali sono le caratteristiche imprescindibili per un settore giovanile di un certo rilievo?"Bisogna tenere in contro tre aspetti fondamentali: lo staff, i ragazzi e le strutture. La sintonia coi collaboratori è fondamentale, ma non bisogna dimenticarsi che sono i giocatori a dover dimostrare il proprio valore, non soltanto sportivo. Il ruolo delle società è però molto importante perché queste devono prodigarsi per mettere loro a disposizioni strumenti e strutture adatte”.Al Torino, a giudicare dai risultati ottenuti quest’anno dalle formazioni giovanili, evidentemente i primi due requisiti non mancano. La società granata pecca forse nelle strutture: il campo Agnelli – attualmente lasciato dal Toro – non ha propriamente i requisiti di un centro sportivo all’avanguardia e la mancanza di spazi costringe le squadre ad allenarsi sparse in giro per Torino"L’importanza di questo aspetto è fondamentale. Purtroppo in questo senso la differenza tra la realtà calcistica piemontese e quella lombarda è abissale: già vent’anni fa quando seguivo la serie D col Giaveno Coazze ed andavamo a giocare in Lombardia con squadre come la Caratese di Torricelli o il Saronno di Asta, Maltagliati ci trovavamo di fronte a strutture notevoli. Allora come oggi non è cambiato nulla: il campo Agnelli è rimasto lo stesso di una volta quando ospitava i tornei dilettantistici, la tribuna è un po’ più accogliente ma nulla più. Il Torino senza struttura unica per ospitare le sue squadre è un vero peccato e lo dico da sportivo: addirittura al Canavese avevamo un centro unico, a Venaria, con quattro campi e molti spazi studiati per offrire a qualunque società strutture in grado di far lavorare seriamente più gruppi contemporaneamente”.L’intervento di Calleri agli inizi degli anni ’90 prima e la vincenda del fallimento poi sono da sempre state considerate la causa del calo di rendimento del settore giovanile del Toro: il tempo passa ma le aspettative di chi sperava di rivedere un vivaio come quello degli anni del Filadelfia continuano rimanere vane"Considerando la disponibilità economica che viene concessa al settore giovanile granata, Antonio Comi e Silvano Benedetti stanno facendo miracoli. E' brutto far riferimento continuamente al passato ed alle giovanili del Toro di una volta, ma Comi e Benedetti sanno bene come lavoravano i loro predecessori e si stanno impegnando veramente al massimo per fare in modo che i ragazzi di oggi ricevano esattamente quanto loro hanno ricevuto allora”.Nonostante tutto effettivamente i risultati arrivano“Perché lo staff tecnico è composto da gente veramente in gamba. Tonino Asta è un allenatore dotato di un carisma unico e riesce sempre a trovare una sintonia coi ragazzi ottenendo da loro sempre quel qualcosa in più: basta vedere come la sua Primavera è uscita dalla sfida ai rigori contro l'Inter. Per non dimenticarsi di Moreno Longo, che ho conosciuto ai tempi del Canavese, e di Roberto Fogli che hanno ottenuto risultati incredibili con Allievi e Giovanissimi nazionali: se con pochi investimenti arrivano questi risultati, figurarsi con molti…”.L’aspetto che più i tifosi hanno criticato alla società nei confronti dei giovani talenti – vedi Benedetti, Comi e Scaglia – è stata la mancanza di fiducia: un tentativo in Prima squadra prima di mandarli via si poteva fare?“Forse andrò controcorrente ma penso che le situazioni di questi ragazzi siano decisamente diverse tra loro. Il dispiacere maggiore per Simone Benedetti è stato il mancato debutto nel mondo professionistico nella squadra dove è cresciuto e dove era venuto su anche il padre: tuttavia il fatto che una società come l’Inter abbia deciso di prenderlo, dal punto di vista sportivo, dovrebbe essere un motivo di gratificazione per il Toro perché significa che il settore giovanile ha un buon potenziale. Sul lato economico evidentemente non è stato pagato quanto ci si sarebbe aspettati ma magari il Toro è in una situazione finanziaria che pochi conoscono ed ha avuto la necessità di concludere questa trattativa. Onestamente però da fuori non conosco la situazione societaria”.Il discorso di Scaglia, invece, mandato in prestito al Bassano Virtus – formazione che milita nello stesso girone del Como, ndr – proprio quando Petrachi sta sondando il mercato alla ricerca di un quarto centrale difensivo da mettere a disposizione di Ventura?“Condivido pienamente la decisione di mandare Filippo in Lega Pro 1: è la scelta migliore per verificare le potenzialità del ragazzo. Nel giro delle giovanili tutti lo conoscono e ne parlano davvero bene, deve però dimostrare di essere in grado di reggere determinati ritmi non soltanto di gioco ma anche ambientali. La realtà del Torino di oggi non è quella di anni fa: ci sono molte tensioni esterne che potrebbero anche rovinare un ragazzo di buone prospettive come Scaglia. Vedrete che l’anno prossimo di giocatori che passeranno direttamente da una Primavera alla C1 non ce ne saranno molti”.Il tasto più dolente per il tifo granata è però Giammario Comi, fresco di rinnovo triennale ma finito in uno scambio di comproprietà col Milan che ha portato all’ombra della Mole il suo coetaneo Simone Verdi: all’annuncio dell’accordo Petrachi s’è affrettato a dire che farà parte in pianta stabile dell’organico della Prima squadra, ma per puntare su un giocatore cresciuto altrove non si poteva concedere un’occasione a Comi jr? “Dal punto di vista personale del ragazzo ritengo che abbia fatto una scelta giusta: le aspettative della gente e le pressioni ambientali si sarebbero potute rivelare un fardello molto scomodo da sorreggere, soprattutto per un ragazzo all’esordo nel calcio professionistico, e qualora non fosse riuscito a mantenere le attese anche un’arma a doppio taglio sia per lui sia per il padre. Dal punto di vista societario, invece, questa operazione la dice lunga: le interpretazioni possono essere più di una, ma non tre. Per un certo periodo si diceva addirittura che Cairo fosse molto in sintonia col presidente rossonero Berlusconi…”.Per concludere, quindi, un saluto ed un ‘in bocca al lupo’ per l’avventura di Como“Un saluto anche al Toro, ai tifosi ed a tutto il settore giovanile granata”.
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