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De Biasi, laurea honoris causa in Kosovo: “L’Italia non è la mia priorità”
Gianni De Biasi è stato celebrato nella giornata di ieri, martedì 19 dicembre, in Kosovo all’Università di Pristina. Gli è stata riconosciuta una laurea honoris causa per quanto fatto dal 2011 al 2017 con la Nazionale dell’Albania, nella quale impiegò anche molti calciatori provenienti dalla regione del Kosovo (successivamente divenuta federazione calcistica autonoma). “Fa sempre piacere, anche a distanza di tempo, essere ricordati per quanto si è fatto – racconta in esclusiva ai microfoni di Toro News l’ex tecnico di Torino e Udinese –. Vuol dire che quello che semini, alle volte produce dei buoni frutti”. Torino e Udinese sono stati gli ultimi club italiani nei quali ha allenato De Biasi, successivamente ha militato soltanto in un’altra società, l’Alaves in Spagna. Ci sono però state le due importanti esperienze con le Nazionali di Albania e Azerbaigian. Quest’ultima si è chiusa a fine novembre dopo tre anni intensi.
Buongiorno mister, intanto complimenti per il riconoscimento. Parlando di Torino: un suo giudizio prima di Natale?“Molto buono, è reduce da una bella vittoria e più in generale il momento mi sembra propizio. I risultati dell’ultimo periodo sono interessanti e si è allineato alle aspettative della vigilia”.
Con l’Empoli Ivan Juric ha tagliato il traguardo di quota cento panchine: cosa possiamo dire di questo percorso del croato?“La squadra ha una sua identità precisa, ha carattere e gioca tutte le partite fino alla fine. La squadra rispecchia il modo di essere del suo allenatore, la personalità di Juric emerge bene”.
Arrivare a cento nel calcio moderno è difficile... “Sì, non è semplice. Questo è indice di una parte di buon lavoro fatta. Solo i risultati contano nel calcio, le chiacchiere contano zero”.
A Modena a inizio millennio lei toccò le 140 panchine consecutive.“Io tra l’altro me ne andai e non fui cacciato, come ho fatto adesso all’Azerbaigian e prima all’Albania. Nella vita le cose nascono e poi devono necessariamente finire. Finiscono in primo luogo dentro alla propria testa. Non è mai bello essere un vincente ed essere messo alla porta: alle volte capita anche questo”.
È bello da allenatore poter pensare sul lungo periodo?“La programmazione è la base di tutto. In ogni lavoro serio e ponderato esiste la programmazione. Spesso le scelte si prendono con emotività e senza ponderazione. Nel calcio serve più analisi a lungo periodo. Ci sono allenatori che si adattano meglio a una piazza che a un’altra. Il vero problema è chi identifica la figura giusta per il posto giusto: ci sono davvero poche figure qualificate che sanno scegliere gli allenatori adeguati per determinati ruoli”.
Le piacerebbe tornare ad allenare in Italia?“L’Italia non è la mia aspirazione primaria. Se ci fosse un progetto serio lo prenderei in considerazione. Non voglio un qualcosa di estemporaneo”.
La sua aspirazione primaria?“Le Nazionali non mi dispiacciono. Vorrei una Nazionale che mi permetta di poter replicare quanto di buono fatto con l’Albania”.
Tornando al Kosovo, nel Torino milita Vojvoda: può ancora crescere questo giocatore?“Se continua a dare quanto ha dato finora sarebbe già tanta roba. Piace alla tifoseria e su di lui si può fare affidamento. E poi è bravo a adattarsi. È partito a destra, ora è in pianta stabile a sinistra. La duttilità è un pregio perché sta alla base di un gioco organizzato di squadra”.
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