Il 4 maggio non è e non sarà mai un giorno come tutti gli altri per il mondo granata. Una data scolpita nella memoria di tutti da settantuno anni: dalle 17.03 di quel fatidico 4 maggio 1949, quando l'aereo che trasportava il Grande Torino si schiantò rovinosamente contro il colle di Superga portando via per sempre la squadra degli "Invincibili". Di questo e non solo abbiamo parlato in esclusiva con don Riccardo Robella: padre spirituale del Torino, che oggi si troverà a svolgere una celebrazione molto diversa rispetto agli standard abituali a causa dell'emergenza Coronavirus che da ormai due mesi ha messo in ginocchio il paese (LEGGI QUI).
gazzanet
Don Robella: “Sarà un 4 maggio diverso, ma l’importante oggi è celebrare”
Esclusiva / Il padre spirituale del Torino in esclusiva ai nostri microfoni nel giorno dell'anniversario della tragedia di Superga
Buongiorno Padre, non sarà un 4 maggio come gli altri. Le chiedo: che 4 maggio sarà per lei?
"Essendo in un momento molto particolare ne risentirà anche la celebrazione, ma secondo me la cosa importante è che al di là di tutto domani si celebri. Chiaramente sarà diverso dalle altre volte, ma va bene lo stesso. Celebreremo anche così".
Il Torino ha aspettato fino all'ultimo a comunicare il programma ufficiale di oggi. Si stava forse cercando di ottenere dalle autorità e dagli enti comunali qualche libertà in più per le celebrazioni? Penso ad esempio all'impossibilità di accedere al colle di Superga.
"C'è stato un contatto continuo con gli organi competenti negli scorsi giorni, la società ha lavorato a lungo con gli organi competenti per definire il programma. E anche in base a come si è evoluta la situazione in generale si è arrivati a fare questa scelta. Diciamo che c'è stato un tentativo e un dialogo per capire come orientarsi. Se le norme dicono che non si può accedere al colle, quello evidentemente rientra nelle norme generali".
Cosa dirà nella sua omelia di oggi? Vuole svelarci qualcosa in anteprima?
"Volete uno spoiler (ride ndr)? Non svelo nulla prima, ma sicuramente tratteremo il tema del silenzio ed il tema della costruzione, che per altro tratto ormai da diversi anni. In un momento in cui molte persone sono in difficoltà bisogna avere una parola forte e di coraggio".
Il 4 maggio è da sempre sinonimo di memoria, ma anche di spirito di aggregazione per tutto il popolo granata. Come si può, in un momento come questo in cui la distanza è fondamentale, riuscire ad aggregare così tante persone in un giorno come questo?
"La distanza in questo momento serve certamente a mantenere standard di sicurezza. Come si aggrega? Beh, ci sono tanti modi. In questo momento molti si aggregano tramite social network, ma l'uomo sostanzialmente è un animale sociale, per ci si aggrega aspettando di tornare a fare vita sociale. L'uomo nasce per la socialità e senza la socialità non esiste l'uomo. Dunque è l'uomo stesso a trovare altri modi per fare aggregazione, li sta già trovando surrogando in qualche modo l'incontro personale. Poi si dovrà trovare anche il coraggio in futuro di tornare a vivere i rapporti sociali".
Per chiudere: vuole mandare un messaggio ai tifosi granata?
"Il Grande Torino è simbolo di un'Italia che si unisce, un'Italia che ha bisogno di superare le sue divisioni. Che ha bisogno di riconoscersi in un unico racconto e il Grande Torino ha fornito un'unica narrazione all'interno della quale tutti si potevano riconoscere. Ai tifosi dico solo: coraggio, coraggio e coraggio! Ricordo le parole di Churchill che in un momento difficile disse: "Noi non ci fermeremo mai". Bisogna avere coraggio e guardare al futuro".
© RIPRODUZIONE RISERVATA