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Esclusiva

Eraldo Pecci: “Toro, noto troppo vittimismo. Ripartiamo dalla nostra storia”

Eraldo Pecci (foto ilpallonegonfiato)

Esclusiva TN / Le parole di uno degli eroi dello scudetto sul Derby della Mole, sul momento del Torino e sul calcio del terzo millennio

Andrea Calderoni

Anche nel 1977 si giocò il Derby della Mole il 3 aprile. Quel giorno finì 1 a 1. Al gol bianconero di Causio replicò ad inizio ripresa replicò Pulici. Altri tempi, altri protagonisti, altri obiettivi per il Torino. In mezzo al campo, ad esempio, vestiva la maglia granata Eraldo Pecci, uno degli eroi dello scudetto maturato giusto un anno prima. Il bis non si verificò nel 1977 perché come ricordano sempre quei meravigliosi interpreti capitanati dalla panchina da Gigi Radice “d’altra parte lo sapevamo anche noi: se noi avessimo fatto 60 punti su 60, la Juve ne avrebbe fatti 61”. A distanza di 44 anni da quel Derby della Mole è proprio Pecci in esclusiva su Toro News ad introdurci all’appuntamento di sabato alle 18 allo stadio “Grande Torino”.

Buongiorno signor Pecci, come arriva il Torino a questo match contro la Juventus?

“La prima cosa da sottolineare è che il Torino si presenta a giocare il Derby dopo un anno e mezzo di difficoltà. Siamo costantemente alla ricerca di noi stessi. Mi sembra che il periodo siamo abbastanza lungo”.

Come si spiega questo lungo cammino senza aver trovato realmente il bandolo della matassa?

“Il Toro ha fatto diversi anni abbastanza bene. Petrachi ha svolto un ottimo lavoro, poi si è giunti alla separazione. Credo che, come in qualsiasi azienda, meriti e demeriti siano imputabili in primo luogo a chi presiede. Quando le cose vanno bene il presidente si prende più meriti del custode, così come quando le cose vanno male è giusto attribuire maggiori colpe a chi sta al vertice della società, perché non si possono dare le colpe ai più piccoli”.

Con l’avvento di Davide Nicola ha visto un rilancio quanto meno caratteriale del Torino?

“Ritengo che i media commettono sempre un grave errore. È sbagliato, a mio modo di vedere, parlare del Torino di Nicola, del Torino di Giampaolo, della Juventus di Allegri, della Juventus di Pirlo. I tecnici fanno la differenza soltanto con i bambini, perché quando i giocatori sono fatti, come accade in Serie A, l’allenatore fa quello che può, cioè poco. D’altronde poniamoci una domanda: come mai chiunque sia l’allenatore vincono sempre e solo le solite squadre? Trionfano sempre e solo Barcellona, Real, Psg, Juventus, Bayern perché la differenza la fanno i giocatori, non i tecnici in panchina. È vero che ci sono anni particolari, ma sono le eccezioni. Alle squadre provinciali puoi mettere anche Gesù Cristo in panchina ma non vinceranno il campionato”.

 Nella foto di Mario Sofia, Eraldo Pecci alla presentazione del libro su Radice

Giocatori, dunque, principali protagonisti. Ecco, secondo lei, un calciatore del 2021 può considerare un derby come una partita realmente diversa da tutte le altre?

“Siamo in un’altra epoca rispetto a Superga e al Filadelfia. Non c’è più la stessa poesia. Il Toro oggi compete con gli altri sotto il profilo dei risultati e non sotto il profilo della sua storia. Considerando solo la storia, il Toro sarebbe imbattibile. Sotto il profilo dei risultati, invece i dati sono impietosi. Se tu oggi interroghi i giocatori granata non sanno chi è Ferrini, Meroni, Pulici. È un’altra epoca. Quel Torino là non esiste più”.

“I valori oggi tra Juventus e Torino sono troppo differenti. Torniamo al discorso affrontato in precedenza. Una speranza c’è sempre, ma oggi le grandi hanno molti soldi e la differenza con le altre squadre provinciali è enorme. In Inghilterra può ancora verificarsi la favola Leicester, ma dubito in un bis scudetto del Verona o di qualsiasi altra provinciale. Senza fare demagogia, penso che il Toro debba ripartire dalla sua storia, solo così è un grandissimo club in grado anche di infastidire nel Derby la Juventus. Se il Toro si conforma, allora non è niente di più che una provinciale, come ce ne sono svariate in Italia”.

Che cosa significava per lei il Derby?

“Era una partita importante che poteva valere una fetta decisiva della stagione. La posta in palio poteva essere anche lo scudetto. L’avversario era forte e importante. Era una partita che nobilitava un’intera città. Ci trovavamo di fronte gente come Zoff, Gentile, Scirea, amici che si trasformavano nel giorno del Derby in avversari da battere. Ci giocavamo alla pari la partita perché non c’era la sproporzione di oggi". 

Qualche aneddoto, che ricorda con piacere, della stracittadina?

“Uno me lo porto dentro, anche se è stato chiarito dall’arbitro Agnolin, uno dei migliori di tutti i tempi. Passavo di lì, quando Agnolin disse qualcosa a Bettega. Io capii: «Non rompermi i coglioni perché mi sto facendo un culo così». Era una frase alquanto ambigua detta da un arbitro. In realtà, come ha poi ha confessato Agnolin, aveva affermato riferendosi a Bettega: «Non rompermi i coglioni altrimenti ti faccio un culo così». Ero già sordo al tempo, purtroppo”.

Infine, al di là del match di sabato, come vede il Torino in chiave salvezza?

“Sotto il profilo del gioco non siamo promettenti. Quello che dobbiamo evitare, e che mi dà fastidio, è non stare per terra. Da per terra non si fa nulla. Vedo troppi giocatori del Torino che si buttano per terra. Se sei nel Toro stai in piedi. Puoi vincere o perdere ma lo fai in piedi. Puoi anche retrocedere, ma lo fai in piedi. Credo che il principale problema del Torino sia il troppo vittimismo e nessuno si tira su le maniche. Si cerca sempre l’aiuto dal cielo, ma il primo passo lo devi fare tu. Questo Nicola lo sa e farà bene a ricordarlo nella lotta per non retrocedere”.