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Fabrizio Salvatori: “Sarei ripartito da Nicola. Juric? Ecco come la penso”
Giorni chiave per il Torino: dapprima la scelta del tecnico (ormai manca solo l'ufficialità per l'approdo in granata di Ivan Juric), poi l’allestimento della rosa per la prossima stagione. Obiettivo? Migliorare il disastroso rendimento delle ultime due stagioni. In esclusiva su Toro News parla Fabrizio Salvatori, uno che il calciomercato lo conosce come pochi e sa benissimo come costruire, o nel caso del Torino, ricostruire una squadra. Salvatori, oggi 65enne, è stato anche direttore sportivo del primo Torino targato Urbano Cairo ormai più di quindici anni fa.
Buongiorno direttore, al Torino serve una campagna di ristrutturazione totale dopo un biennio ampiamente al di sotto delle aspettative?
“I giocatori validi nel Torino attuale ci sono e credo che basti poco per fare meglio di quest’anno. La rivitalizzazione del gruppo avviene soltanto tramite i risultati. Quando sono positivi, il morale si alza e gli uomini che compongono una squadra ne guadagnano indubbiamente in credibilità. Quest’anno è sotto gli occhi di tutti che il Torino ha ottenuto meno di quanto avrebbe potuto”.
Quindi, pochi tasselli ma quelli giusti. Scelta giusta quella di Ivan Juric?
“Senza dubbio il tassello più importante riguarda l’allenatore. Io, però, sarei ripartito da Davide Nicola perché è colui il quale aveva le idee più chiare rispetto all’ambiente, al parco giocatori e a quello che serve per fare uno step in più. Lui sapeva quali potevano essere gli uomini giusti da inserire nella rosa del Torino per permettere a tutti gli altri di amalgamarsi nel modo migliore. Lo ha anche dimostrato a gennaio chiedendo a gran voce Rolando Mandragora e Antonio Sanabria”.
Ma il Torino, come accennato, ha praticamente chiuso con Juric, salutando quindi Nicola.
“Molte società sono solite investire su allenatori che hanno fatto bene nelle ultime stagioni. Juric è reduce da un biennio positivo a Verona. È uno degli allenatori emergenti insieme a Vincenzo Italiano e Roberto De Zerbi. In teoria potrebbe dare la garanzia di fare bene, ma non è mai detto. D’altronde, nello sport non sempre chi spende tanto ottiene i risultati che spera. Non ce l’ho con Juric, anzi. Se fossi stato nel Torino, però, sarei ripartito, come detto, da Nicola, perché è stato veramente intelligente da gennaio a oggi. Ha saputo adattarsi, ha saputo sfruttare nel migliore dei modi il valore umano che aveva tra le mani. Ripeto non sempre chi fa bene in un ambiente può replicare anche altrove. Lo stesso capita soventemente ai calciatori. Quante volte viene acquistato un giocatore pensando che possa fare la differenza dopo campionati positivi in altri lidi e poi per motivi familiari, fisici, tattici, di spogliatoio non rende una volta preso?”.
Come vede la situazione relativa alla permanenza o meno al Torino del capitano Andrea Belotti?
“È chiaro che Belotti potrebbe avere delle offerte contrattuali importanti e non so se il Torino sia in grado di coprirle. È diventato un simbolo del club, ma le pretese non possono essere esorbitanti, perché il Torino non può competere con società che hanno introiti ben superiori. Belotti può fare la differenza, ma contro voglia non terrei nessuno. La mia filosofia e la mia esperienza mi fanno dire che chi vuole accasarsi altrove è giusto che venga accontentato per il bene di tutti”.
Ha operato nell’ultima stagione, con alterne fortune, sul fronte mercato granata Davide Vagnati. Giusto ripartire da lui?
“Rispetto alla scelta dell’allenatore Vagnati avrà avuto le idee più chiare rispetto all’anno scorso, avendo conosciuto meglio l’ambiente e il gruppo. Secondo me, il direttore sportivo bravo è quello che su dieci calciatori acquistati ne sbaglia al massimo un paio. Se ne sbaglia tre o quattro, si tratta di errori gravi sia dal punto di vista tecnico che economico”.
Il Torino, come detto, deve provare a ripartire dopo due annate difficili. C’è un modello di riferimento nel calcio italiano che potrebbe essere seguito dai granata per andare nella giusta direzione?
“Difficile parlare di modello. Ognuno ha un po’ il suo modello da seguire e a indicare la via è sempre la proprietà. Il presidente è lo specchio di ogni società, poi sotto ci sono tutti gli altri che possono cambiare ed essere più o meno capaci, ma è la proprietà a dettare le strategie. È chiaro che nelle ultime stagioni due società italiane sul livello del Torino hanno lavorato meglio di tutte le altre, ovvero l’Atalanta e il Sassuolo, che hanno scelto con parsimonia e intelligenza allenatori e giocatori. L’Atalanta è da anni che lavora con validi osservatori sul settore giovanile. Ha indovinato parecchie scelte, acquistando tanti giocatori a poco che poi hanno reso tantissimo. Anche il Sassuolo nel suo piccolo è riuscito a valorizzare al meglio il proprio materiale umano. Entrambe le società si fondano, però, su una base solidissima, quella relativa alle strutture in cui si allenano con la Prima Squadra e le compagini giovanili. I centri sportivi di Atalanta e Sassuolo parlano da soli”.
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