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Il Torino sta vivendo sulla sua pelle le difficoltà della ripresa. Nel giro di una settimana Longo ha perso per infortunio Mihael Onisa e Daniele Baselli (LEGGI QUI). Per approfondire il discorso abbiamo contattato il prof. Ferretto Ferretti, preparatore atletico (che lavorò al Torino ai tempi di Novellino) e docente presso il settore tecnico della FIGC, oltre che redattore per Il Nuovo Calcio (magazine destinato agli addetti ai lavori).
Buongiorno, Ferretto. Secondo lei, che tipo di preparazione devono svolgere le squadre in questo momento?
"Mettiamo dei paletti. Visto che hanno iniziato di fatto questa settimana dopo mesi di stop, due dei quali chiusi in casa, si parte da una condizione non favorevole. I lavori fatti con i compiti a casa, erano poco attinenti al gioco del calcio. Si allenava l'atleta a prescindere dalla disciplina. Si gioca il 20 giugno, alcune squadre anche la settimana prima perché hanno la Coppa Italia, quindi ci sono in totale 4 settimane di lavoro e l’ultima che porta a una partita, che quindi non può essere di carico, perché deve portare alla miglior condizione. La settimana appena terminata doveva essere di ripresa, quindi con intensità relativa, altrimenti il rischio infortuni sarebbe stato altissimo. Alla fine, quindi, i giocatori avranno due settimane per cercare di mettersi in condizione. Io personalmente penso che questo periodo non sia sufficiente. Non saranno pronti come dopo una preparazione estiva. In più ora ogni partita sbagliata è una partita in meno e c’è meno modo di riparare agli errori. Abbiamo visto in Germania come sono andati gli infortuni, c’è da aspettarsi insomma meno intensità. Questo lo si può evincere dalle ricerche, che suggeriscono di fare un percorso allenante con una logica. Un programma oggi come oggi è difficile da stilare".
https://www.toronews.net/toro/baselli-stagione-a-rischio-lesione-parziale-del-crociato/
Secondo lei andrà prediletto il lavoro atletico su quello tattico, o sarebbe meglio una commistione dei due elementi?
"Il giocatore dev’essere allenato continuamente. Tattica e atletica vanno di pari passo, perché se prediligi una al posto dell’altro non fai risultato. In maniera scientifica è difficile da immaginare quello che può succedere. Le cinque sostituzioni da un lato potrebbero non convincere alcuni allenatori che non hanno parità di rosa, però sarà un modo per permettere a due giocatori in più di giocare per far rientrare in condizione tutti i componenti della squadra. Di solito non si cambia in corsa, la situazione ha obbligato a farlo. Sicuramente ne beneficeranno le squadre che non hanno gap qualitativo tra titolari e panchina".
Durante il campionato, poi, quanto lavoro andrà fatto sulla prevenzione degli infortuni?
"Una volta che si inizia a giocare gli obiettivi sono due: far recuperare chi gioca, il che prevede oltre al recupero post gara anche il lavoro preventivo, e poi modulare il carico per chi non gioca. Per poter fare un buon turn over serve dei giocatori una rosa ampia. In linea ipotetica, 11 giocano domenica e mercoledì e poi si cambiano i titolari per la domenica successiva. Il punto interrogativo è: se un giocatore si fa male oggi, come accaduto a Baselli, rischia di non giocare più".
Ci sono categorie di giocatori che potrebbero trovare più in fretta la condizione?
"Ci sta che i giocatori più agili e meno strutturati entrino più in fretta in condizione, ma sono discorsi che si possono fare quando si ha molto tempo. In condizioni normali si può studiare il minutaggio a tavolino. Io credo che questa settimana sia stata di preparazione, la prossima settimana il carico sarà ancora più intenso e quella dopo ci sarà ancora una maggior incremento. Durante la preparazione pre-campionato i giorni a disposizione sono 45-50 e hai le amichevoli, che non sono paragonabili a quelle che fanno le squadre in famiglia. Di solito inizi con squadre dilettantistiche e poi alzi il livello per aumentare anche l’intensità. Ora una squadra si presenterà alla prima di campionato della ripresa che gioca la sua prima partita e lo dovrà fare subito alla sua massima intensità. Nessuno ha uno storico, quindi ognuno farà i suoi ragionamenti e non si può sapere oggi se funziona o meno. È logico che aumentino gli infortuni, perché altrimenti prima si era perso tempo a programmare una fase di preparazione".
Lei che lavoro consiglierebbe?
"Qui non si può fare una scelta, quindi il lavoro dev’essere incentrato sul lavoro con la palla privilegiando gli aspetti condizionali e quelli ludico-tattici. Non si può pensare di focalizzarsi ogni settimana su un aspetto diverso. Attraverso la programmazione con la palla si devono sviluppare tutti gli aspetti. A parte qualche piccola pillola di lavoro a secco, farei fare tutto con la palla. Serve dare subito l’input giusto. Prima parlavo di amichevoli. Il problema nel non poterle fare riguarda i ritmi. Le amichevoli in famiglia sono l'unico modo per provare ad alzare l'intensità".
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