di Mauro Saglietti
mondo granata
Fiera del libro in granata
Ci sono macchie granata tra gli stand della Fiera del Libro, in questi giorni.
Alle volte le sfiori, alle volte ti ci imbatti tra i padiglioni, e sono sempre incontri piacevoli.
Sono i volti, le parole, le idee degli scrittori che espongono in fiera.
Alle volte basta uno sguardo, e dici: - Quello non può che essere del Toro….!
Così è per Massimo Ellena, scrittore emergente nel panorama della narrativa torinese, che ha al suo attivo già due romanzi (Oltre le colline del cielo, 2004 – Fino alla 24a luna, 2006), entrambi editi da Elena Morea Editore, che hanno ottenuto un ottimo successo di pubblico nel non facile mercato letterario degli ultimi anni.
Massimo, 39enne, torinese doc, non fa mistero della sua passione granata, anzi, più che dei libri in questi giorni sembra preoccuparsi del modo di poter essere aggiornato sul risultato di Roma-Torino, domenica pomeriggio
Ciao Massimo, come nasce per te le fede granata?
Bella domanda… Per me la fede granata è qualcosa che non nasce a un certo punto e a un certo momento ma è qualcosa che hai già dentro. Ci nasci con questa predisposizione a vedere e a sentire le cose in modo diverso dagli altri; in modo più profondo, meno banale.
È la corretta prospettiva di chi ha capito che niente di quello che ti arriva nel corso della vita è dovuto ma tutto è sempre duramente guadagnato. Essere tifoso del Toro non è soltanto essere schierato dalla parte di una squadra: è un modo di vivere.
E poi devo dire che tutti nella mia famiglia sono sempre stati del Toro: mio padre, mia madre, mio nonno. Soprattutto mio padrino: infatti è lui che mi ha portato la prima volta allo stadio Comunale (oggi sciaguratamente Olimpico: la nostra amministrazione non ha avuto nemmeno quel tanto di fantasia da chiamarlo in modo diverso dallo stadio di Roma) nell’ormai lontano 1976, dopo lo scudetto, a vedere Torino-Bologna 1-0. Seguito poi da Torino-Fiorentina 2-0. La terza partita, qualche tempo dopo, fu un Torino-Cavese di Coppa Italia finito 3-0 per noi. A vedere la sequenza di risultati avevo cominciato a credere di portare talmente fortuna alla squadra che la quarta partita sarebbe dovuta finire 4-0, la quinta 5-0. Se la decima fosse stata con la Juve sarei andato a vederla anche con le gambe amputate e con una paralisi alle braccia…
In che modo i tuoi due romanzi hanno a che fare con il Toro?
Direttamente poco. Indirettamente molto.
“Oltre le colline del cielo” è un romanzo ambientato nella metà degli anni ’70 nella zona tra Monferrato e Langhe e racconta la storia di amicizia tra tre ragazzini e una ragazzina.
L’amicizia vera è un sentimento forte, imprescindibile forse addirittura più dell’amore che può andare via con la stessa inesorabile facilità con cui può arrivare. L’amicizia vera invece no. L’amicizia rimane, sopravvive a tutto e ti aiuta a superare qualsiasi problema senza lasciarti mai solo.
Soprattutto quando si è ragazzi poi è una spinta ad andare sempre avanti e a proseguire oltre con fiducia. C’è un passo del libro che dice: “Era di nuovo l’estate del ’77, l’estate di tutto quello che avrebbero desiderato dalla vita con la consapevolezza che tutto era possibile. E a quel tempo lo era davvero.”
Il Toro rappresenta tutto ciò che è vero, che è sanguigno, che è possibile anche quando sembra impossibile. È attaccamento alle cose davvero importanti e l’amicizia è una di queste.
“Fino alla 24° luna”, il mio secondo romanzo, parla invece della ricerca che compie un uomo (peraltro un killer…) nei confronti di suo padre misteriosamente scomparso nel nulla. Ed è una ricerca che lo porta sia ad affrontare un viaggio da Torino attraverso il deserto africano sia nelle profondità della sua anima e dentro le proprio paure. Ecco io credo che questo modo di affrontare i problemi senza mai tirarsi indietro, questo modo di individuare la soluzione avendo sempre presente la propria origine e di fare leva sul proprio passato sia molto da Toro.
Parli spesso di amicizia. Quanto è importante un’amicizia legata al Toro?
Dico solo una cosa: Hurricanes.
Hurricanes non è soltanto il titolo di un bel romanzo ma è stato anche un vero gruppo di giovani tifosi del Toro che un bel giorno nell’84, tra un’interrogazione di latino al liceo e qualche appuntamento in bianco con le ragazze, ha deciso di fondare un club. E il motivo di esistere del club era proprio quello di conciliare il tifo granata con il senso dello stare insieme in amicizia, lontano per qualche ora sia dalla tensione della scuola sia dai problemi che ciascuno di noi si portava sempre dietro come la peggiore delle disgrazie.
Ricordo braccia sollevate ricoperte dal colore blu dei fumogeni (l’unico colore rimasto quando andavamo a comprarli…), il piacere immenso di fumarsi una sigaretta su quell’infinitesimo bordo di scalino che ciascuno di noi aveva a disposizione quando si sedeva nell’intervallo tra un tempo e l’altro, i discorsi scemi che si facevano ma per i quali non smettevi di ridere un momento e tutto ti sembrava così straordinariamente bello. E poi quelle maglie sfolgoranti di granata su un erba così verde che da allora non ricordo d’aver mai più visto.
Se penso che oggi dopo più di vent’anni siamo ancora qui a parlare di quell’anno di tifo dietro lo striscione degli Hurricanes (che poi le Girls ci hanno portato via…) mi viene la pelle d’oca.
Si può davvero dire che il tifo granata è in grado di cementare delle amicizie che durano tutta una vita. È un’alchimia strana ma meno male che c’è!
Cosa pensi della situazione attuale e quali prospettive vedi?
Spero che il Toro esca indenne da Roma. Spero che il Toro batta il Livorno. Spero che l’Inter… beh, qui non so che dire… bisognerà appellarsi alla benevolenza di Padre Pio.
A parte le battute, la situazione attuale non è per niente bella ma se il Toro saprà tirare fuori quelle che sono le sue doti migliori, doti che ha dimostrato di avere nelle prime partite successive al ritorno di De Biasi, ce la può fare a salvarsi dalla B. L’importante è che non molli e che ci creda fino in fondo.
Bisognerà stare vicino alla squadra, all’allenatore De Biasi e al presidente Cairo, che comunque con tutti i suoi difetti ci ha salvati da una fine infamante ridandoci entusiasmo e quella dignità che i suoi predecessori ci avevano fatto perdere.
Per le prospettive future non sarei pessimista. Cairo ha dimostrato di aver capito i propri errori e se saprà far tesoro di questa esperienza non potrà che fare bene. L’importante è che dal prossimo anno si affidi a uno staff di professionisti seri e che punti su giocatori giovani che hanno voglia di dannarsi l’anima tutte le domeniche. È chiaro che giocatori come Rosina, Ardito e l’inossidabile Brevi devono rimanere non solo per dare continuità alla squadra ma perché lo meritano. Sul campo sono esempi da imitare.
Quali sono i tuoi progetti letterari futuri?
Scrivere qualcosa sul Toro.
Per quanto sia tifoso granata non l’ho ancora fatto e questo mi peso un po’. Sono in attesa di trovare un’idea originale da riversare in un romanzo che possa coinvolgere me come scrittore e tutti i lettori e tifosi granata. Ma non è facile…
Inoltre sto pensando di scrivere un’altra storia di amicizia, con protagonisti questa volta un po’ più cresciuti dei tredicenni del mio primo romanzo, e ambientata in una Torino un po’ moderna, un po’ antica e un po’ fantastica. Penso sia giusto dare lustro a questa città che in fondo, anche se tra molti problemi, rimane per sempre una delle più belle d’Italia.
Per il resto sto scrivendo racconti vari per diversi concorsi letterari: non si sa mai nella vita, magari anche a un granata d.o.c. può capitare per una volta di essere straordinariamente fortunato da vincere!
Potete incontrare Massimo Ellena al Salone del Libro presso lo stand Elena Morea Editore – padiglione 1, stand D30
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