La Juventus di oggi è paragonabile a quella dei suoi tempi?“La Juventus non è quella di una volta, ma riesce sempre a stare a galla. È chiaro che la Juventus del 1983 era un’altra cosa. Erano tutti Nazionali. Noi avevamo alcuni grandi giocatori, vedi Selvaggi o Zaccarelli, però la Juventus era insormontabile. Quel giorno, però, doveva andare come è andata. Fare tre gol in 3 minuti e 40 secondi non è facile nemmeno quando fai il 10 contro 0 in allenamento. È quasi matematicamente impossibile fare meglio e poi farlo in un derby: pazzesco”.
Nei giorni dopo il trionfo, quale fu il clima a Torino?“Il campo d’allenamento fu colmo per giorni. Per me era difficile rendermi conto di quello che avevamo fatto. Era il mio secondo derby della carriera. Il primo andò male: perdemmo 1 a 0 e sfiorai un gol. La Juventus all’andata si dimostrò superiore, ma ci volle un vero miracolo di Zoff sul mio tentativo. Ancora oggi mi chiedo come abbia fatto a respingere. Eravamo una squadra sempre pronta a dare tutto. Però, ricordo bene il finale di campionato dopo quella rimonta per 3 a 2: fallimmo la qualificazione alla Coppa Uefa. Facemmo pochissimi punti e per me fu una delusione non arrivare in Europa, poteva essere l’apice della mia carriera. Il segno, comunque, lo lasciammo lo stesso”.
Che ricordo ha di mister Eugenio Bersellini, scomparso nel 2017?“L’ho sempre stimato, anche prima di incontrarlo a Torino. Lui mi conosceva poco come calciatore e ci siamo dovuti chiarire. Io nasco come centrocampista centrale, ma all’Ascoli mi sono adattato a fare il tornante e feci molto bene. A quel punto divenni uno degli esterni più promettenti del calcio italiano. In realtà, mi sono sempre sentito più un centrocampista centrale abile nell’inserimento. Bersellini mi ha capito nel corso dei mesi e da lì ho vissuto un periodo esplosivo con quattro gol in poche settimane. Feci un grande campionato, nonostante la distorsione al collaterale del ginocchio a Palermo a inizio stagione. Con Bersellini ci siamo capiti nel tempo: io da persona intelligente e lui quasi da papà abbiamo tratto il meglio per il Torino. Il mister ha creduto a me e ricordo benissimo l’esultanza per il 3 a 2. Stavo andando verso la Maratona, ma poi ho visto Bersellini che mi stava venendo incontro e allora ho deciso di tornare indietro e di abbracciare lui prima degli altri, un modo per ringraziarlo”.
Chi potrà essere l’uomo derby di domani?“Non è facile determinare a tavolino chi possa essere l’uomo derby. Sono cose che nascono dentro: noi sotto di due gol non abbiamo mollato di un centimetro. Ci dev’essere un’armonia incredibile. Alcune volte l’uomo derby è il giocatore meno in vista, quello che magari ti aspetti meno. Devi scendere in campo con determinazione, devi scendere in campo come Dossena: aveva una marcia in più. Anche Zaccarelli aveva una serena determinazione che faceva la differenza”.
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