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Esclusiva

Fossati fa 80 anni su TN: “La Coppa Italia venduta il mio errore più grande”

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In esclusiva le parole di uno dei giocatori con più presenze nella storia del Torino: nato il 23 giugno 1944, oggi fa cifra tonda
Andrea Calderoni
Andrea Calderoni Caporedattore centrale 

Natalino Fossati fa ottant'anni. Tutta la redazione di Toro News si unisce agli auguri per l'ex terzino sinistro granata e vi regala un'intervista a tutto cuore con uno che il Toro lo sente ancora pulsare. In esclusiva si racconta tra aneddoti, gioie, rimpianti e attualità.

Natalino buongiorno e tanti auguri. Come sta?"Da buon difensore continuo ad attaccare. Sto in salute, questo è l'importante. Mi piacerebbe di più festeggiare 44 anni piuttosto che essere del 1944, però mi devo accontentare".


Cosa le resta del Toro, di quel meraviglioso periodo?"Mi resta che i tifosi che mi vogliono più bene oggi che allora, perché quando giochi le critiche non mancano. Mi chiedo perché i tifosi guardino ancora più a noi che a quelli di oggi. Una risposta che spesso mi danno i tifosi del Toro è che noi eravamo più italiani, oggi ci sono tanti stranieri. Questo è un dato inequivocabile, però è una tendenza di tutto il mondo. Posso dire che è cambiato l'attaccamento alla maglia: si è scesi molto in basso, si guarda solo al Dio denaro. Faccio un esempio: se eri del Toro, non potevi mai passare alla Juve".

Sarebbe potuto diventare della Juventus?"Sì, due volte. Una volta disse di no mio padre, l'altra volta dissi di no in prima persona. Oggi credo che non sia più possibile una cosa del genere".

Come replicò alle avances della Juventus?"Mi sorprese la chiamata bianconera, era Boniperti a spingere. Mi disse che se non andavo alla Juventus, sarei sempre arrivato secondo. Gli risposi con molta semplicità: mi va bene arrivare secondo, ma sempre del Toro e non della Juve".

Sulla sua strada ha incontrato Nereo Rocco, Edmondo Fabbri, Gustavo Giagnoni, ovvero perni del nostro calcio. Cosa le hanno lasciato?"Si sono fatti voler bene perché erano sempre disponibili. Ti spingevano ad andare alle serate dei Toro Club, a cui partecipavano loro stessi. Sceglievano i nomi e poi non potevi declinare la partecipazione. Sposavano la causa e spingevano il nome del Toro. Ancora oggi partecipo a diverse serate dei Toro Club: si guarda ancora alla maglia più che al personaggio. Invece, nel calcio attuale il Dio denaro ha soppiantato tutto, compreso gli uomini".

Due coppe Italia in carriera, entrambe con il Torino, una nel 1968, l'altra nel 1971: è legato ai due trofei?"Sono due trofei ai quali sono molto affezionato perché feci gol in entrambe le competizioni vinte. Non ero un goleador, ma realizzai dei gol pesanti sia in una sia nell'altra. Il vero cruccio è aver venduto il trofeo della seconda Coppa Italia, quella vinta a Genova nello spareggio con il Milan".

Già. Come andò la vicenda?"Feci un errore gravissimo, fui spinto da persone poco raccomandabili. Capitan Ferrini mi mise il trofeo dentro il mio borsone perché il gruppo squadra era un po' in disaccordo con il presidente Pianelli rispetto ai premi partita. Per quella ragione il trofeo finì a casa mia e rimase lì per tre anni, poi fui preso in un momento particolare e vendetti la coppa. Un errore clamoroso che ancora oggi non mi sono mai perdonato. Ho cercato in ogni modo di far trasparire il mio amore per il Toro, però quell'errore è stato davvero grave, imperdonabile. Se ci penso oggi a ottant'anni, mi darei ancora una zappata non sui piedi ma da un'altra parte".

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Lei è l'ottavo per presenze nella storia del Toro: fa un certo effetto."Devo ringraziare gli allenatori che ho avuto. E poi penso che se nella vita sbagli la donna, sei fregato. Io ho avuto una fortuna: mia moglie. A inizio carriera sono stato un po' tifoso del Genoa, sono nato a Mandrogne e i miei parenti andavano a vedere il Grifone. Beniamino Santos mi fece iniziare proprio al Genoa, poi mi lanciò nel Toro. Queste sono soddisfazioni che vanno oltre il denaro. E poi i soldi li guadagnavi lo stesso: anche negli anni Sessanta e Settanta in pochi potevano vantare uno stipendio come quello del calciatore".

Perché nel 1974, due anni prima della storico Scudetto granata, lasciò il Toro?"Finii alla Sampdoria in modo strano ed è chiaro che è un rammarico non aver vinto lo Scudetto con il Toro. Pianelli era uno che amava la scommessa e il presidente della Sampdoria gli propose una compravendita con me protagonista e alla fine mi ritrovai blucerchiato. Fu una fine strana. Comunque, festeggiai per lo Scudetto granata due anni dopo la mia partenza".

Da granata doc, come si spiega questo dato statistico: un solo derby vinto dal 1995 a oggi."Questo è gravissimo. Non c'è più l'attaccamento di cui sopra. Quando c'era il derby, in ritiro non si dormiva. La vigilia del derby eravamo tutti elettrici, non potevi pensare di giocare il derby e di perderlo. Un giorno, sul pullman, in modo scherzoso, quel buontempone di Agroppi disse che avrebbe dato via anche la moglie pur di vincere il derby. Noi gli rispondemmo che forse sarebbe stata la moglie a darlo via, non viceversa. Ci furono tante risate. Aldo aveva una grande ironia che serviva a invogliare l'ambiente".

Quanto ha seguito il Torino dell'ultima stagione?"L'ho seguito, ma non mi piaceva proprio l'allenatore. Mi spiace dirlo, però umanamente non mi piaceva. Non lo vedevo uomo da Toro. Non parlo di Juric dal punto di vista tattico, non lo giudico. Ma non sono mai entrato in sintonia con lui e con i suoi modi. Mio figlio ha un ristorante a Torino e un giorno Juric è andato lì a cena. Quando mio figlio tornò a casa mi chiese come facesse a non piacermi Ivan, visto che era stato molto simpatico. La mia, purtroppo, era una sensazione a pelle".

Ha parlato spesso di Pianelli in questa chiacchierata. Gli ultimi 19 anni sono stati di Cairo: nel 2005 si sarebbe aspettato qualcosa in più dopo una gestione così lunga? "Devo dire la verità che mi attendevo un trofeo, purtroppo non ci siamo mai andati nemmeno vicino. Alle volte bastavano piccoli passi in avanti, un paio di giocatori per far svoltare il tutto. Purtroppo, il presidente ha dimostrato di avere il braccio un po' corto. Per vincere devi compromettere un po' il portafoglio e la bilancia non si è mai alzata in favore della squadra. Non si può restare 19 anni in una società come il Toro e non vincere nemmeno una Coppa Italia, ha vinto appena un derby in quasi due decenni. Incredibile".

Oggi lei vive alle porte di Torino, a Moncalieri. Qualche volta va ancora allo stadio a vedere il Toro, vero?"Sì, sì, certo. Vado allo stadio e nei Toro Club. Recentemente sono andato con Claudio Sala in due Toro Club liguri. Il cuore è sempre rimasto granata, non mi sarei mai tolto quella maglia, mai". 

Oggi spegne 80 candeline: da tifoso granata che regalo vorrebbe?"Qualche soddisfazione in più. Alzo l'asticella: mi piacerebbe una squadra allestita per competere in alto, sogno di competere per lo Scudetto. Purtroppo, so che sto fantasticando: vincere uno Scudetto sarà pressoché impossibile. Si rischia di rimanere sempre lì nella mediocrità, questo è il vero rammarico". 

 

 

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