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interviste
di Alessandro Salvatico
Avere a che fare con un uomo così profondamente umile non è cosa di tutti i giorni, nell’ambiente del calcio (e non solo in quello). Ivan Franceschini è...
di Alessandro Salvatico
"Avere a che fare con un uomo così profondamente umile non è cosa di tutti i giorni, nell’ambiente del calcio (e non solo in quello). Ivan Franceschini è così come sembra: serio e sereno. I tifosi lo sanno, lo conoscono, l’hanno capito. C’è perfino un Toro Club a lui dedicato, ed è evidente quanto contino le sue sommesse qualità umane nell’affetto che riceve, dal momento che sul campo non si è visto praticamente per due anni. Precisiamo: sul campo dell’Olimpico. Perché su quello della Sisport, lì non mancava mai. Anche se sapeva che poi non sarebbe stato convocato, neppure considerato: mai.
"Eppure è finita. Nonostante in tanti pensassero, e pensino ancora, che le qualità integre di un difensore del genere, unite alla professionalità fuori dal comune, potessero fare comodo a Colantuono e al Torino della prossima Serie B. Ma lui non ci vuole pensare: “E’ finita, spiace, ma non ci possiamo fare niente”. Non ci spera più? “Ci penso sì, mi piacerebbe poter continuare in un posto nel quale sono stato bene e ho lavorato bene, ma non posso chiedere niente, chi prende le decisioni le avrà sicuramente ponderate”.
"Cosa rimane del triennio a Torino? “I rapporti, alcuni molto belli”. E un po’ diversi da quelli usuali per un calciatore: “Il fatto di essere rimasto fuori per un infortunio per un’intera stagione ha fatto sì che stringessi molto con chi sta a bordo campo, diciamo; con il medico, il magazziniere, lo staff insomma: quelli che non corrono. E sono rapporti che rimarranno, mi auguro, anche quando non sarò più un calciatore”. Un evento ben lontano, per il momento: “Sì, io dico sempre che, avendo saltato due anni, ho spostato di altri due anni la fine della carriera: mi sono riposato per un bel po’!”, ride.
"A conferma del suo solito impegno costante, a fatica riusciamo a raggiungerlo telefonicamente. Il giocatore è a Coverciano, dove ci si sveglia alle sette per finire alle dieci e mezzo la sera, alternando campo e lezione, perché Franceschini tenta di prendere il patentino da allenatore, giusto per far rendere al meglio questo tempo di attesa. Che spera sia breve, comunque: “Offerte? Sì, qualcosa sì. Ma ho preferito prendere tempo, aspettarne altre; non voglio trovarmi a pensare “Avessi aspetta qualche giorno…”, ecco”. Le sue perfette condizioni fisiche ed una carriera dal rendimento sempre buono lo legittimano in questo. “Nell’ultima stagione ho giocato appena nove partite, ma meno male che mi sono state concesse almeno quelle, così ho potuto dimostrare che ci sono”.
"Per il finale di campionato, c’è una persona da ringraziare, ed è scontato dire che si tratta di Giancarlo Camolese. “Si è preso un rischio enorme, a farmi giocare. Non è facile mandare in campo uno che non lo vede da due anni, se va male vieni massacrato”. Già, due anni da professionista, ad allenarsi con rara costanza, ma senza essere mai considerato; inutile però attendersi spunti polemici da Ivan. “Il primo l’ho saltato per infortunio, il secondo per scelta tecnica, perché stavo benissimo; i tifosi non potevano vedermi, perché gli allenamenti erano a porte chiuse, ma io non ne mancavo uno. Comunque va bene così, davvero, ognuno fa le scelte che ritiene essere le migliori”.
"Ora è tempo di guardare avanti, “bisogna sempre farlo. E’ per questo che non serve pensare alle scelte degli altri, bisogna accettarle e continuare a dare il meglio”: la filosofia di una vita, in pratica. Quella di Ivan. “L’anno scorso eravamo uno splendido gruppo, e per questo mi dispiace maggiormente. So che può sembrare una barzelletta, perché si parlava di fratture, litigi, ma davvero, non era così: eravamo un gran bel gruppo”. Prontamente, anticipa una possibile obiezione: “Capisco che sarebbe stato meglio vederlo in campo, il gruppo…”. E il futuro: “A Torino, non penso. Non ci penso. Se hanno deciso in un certo modo poco tempo fa, non credo ci ripenseranno adesso. Servono difensori centrali affidabili, dite? Ma no, assolutamente, sono pieni! Ce ne sono diversi e anche bravi. Loria è bravissimo. E l’allenatore, meglio degli altri, sa cosa gli serve. Io? Spero si concretizzi qualcosa di buono”. Di sicuro, più si parla con questo ragazzone, più lo si rimpiange.
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