Giusto porre come prima pietra del nuovo Torino Davide Vagnati?"Non sono un esperto, ma per me è l'allenatore la prima pietra. Non so nemmeno se Vagnati abbia fatto bene o male, so però un'altra cosa: il presidente dev'essere più empatico. Dev'essere un uomo che ha il campo nel cuore, è bravo come manager ma manca di attaccamento alle cose di campo".
Le piace il profilo di Paolo Vanoli?"Mi piace per una cosa essenziale: la sua provenienza dal Venezia. Amo la città di Venezia e il Venezia calcio. E poi il Venezia è strettamente legato alla storia del Grande Torino. Vanoli mi sembra un allenatore proveniente da una buona scuola. Sono curioso di capire come parla perché l'utilizzo delle parole è fondamentale: se parli bene, operi bene ma se parli male, fatichi anche ad agire bene. La grandezza di Ancelloti è che sa parlare ai suoi giocatori. Solo parlando trasformi un gruppo di giocatori in una squadra".
Ecco, a tal proposito, il più grande limite di Juric è stato comunicativo?"Sono un po' allergico alla parola comunicazione. Penso che abbia fatto fatica a essere guida, non ha saputo amalgamare bene le pedine a sua disposizione. Ha avuto difficoltà soprattutto con i giocatori provenienti dalla sua stessa terra, vedi Ilic e Radonjic. Devi saper ascoltare e poi devi saperli prendere: è un'opera maieutica. Il grande Rocco sapeva ascoltare, lo stesso si può dire di Giagnoni e Radice. Se non sai ascoltare, non fai andare d'accordo Pulici e Graziani".
Le dispiace per la mancata convocazione di Samuele Ricci?"Sì, mi dispiace. Era perfetto il terzetto Bellanova, Buongiorno e Ricci. Fagioli non l'avrei preso per una questione etica. Comunque, Ricci non ha fatto la sua stagione migliore".
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