Da ieri il calcio italiano non è più lo stesso. Gigi Simoni si è spento, dopo aver a lungo combattuto con gli strascichi di un malore che lo aveva colpito nello scorso giugno. Ha così lasciato un tipo di vuoto al quale non si può essere preparati. Già, perchè i messaggi d'affetto e commozione giunti da tutta Italia ne rendono appena l'importanza: come sportivo e come uomo. Allora, l'unico modo per provare a comprenderla resta affidarsi alle parole di chi lo ha conosciuto e vissuto come persona, prima ancora che come icona di un trentennio. "Arrivava da Mantova, nel periodo di Meroni, lo aveva voluto Rocco" racconta Natalino Fossati in esclusiva ai nostri microfoni, che con Simoni, condivise per tre stagioni l'onore e l'onere della maglia granata. Fossati poi continua: "E' stato una persona eccezionale, oltre a essere stato un gran giocatore, è stato anche bravissimo come allenatore". Doti tecniche da ala indiscutibili e carattere carismatico fuori dal comune, questo era Gigi Simoni, che però, come ricorda Fossati "era soprattutto una persona seria e onesta, non perchè se ne sia andato, io l'ho sempre interpretata così la musica. Una musica che suonava nel modo giusto".
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Gigi Simoni, il racconto di Fossati: “Quel suo abbraccio lo ricorderò per sempre”
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BUENOS AIRES - Correva l'anno 1966, in Inghilterra era in corso il Campionato Mondiale, nel frattempo il Torino disputava la propria tournée oltre oceano, con tappe in tutte e due le Americhe. Fossati racconta: "Meroni non c'era e nemmeno Poletti. Quelli che erano stati convocati in Nazionale non erano con noi a Città del Messico. Avremmo poi dovuto giocare a Buenos Aires contro il River, invece c'è stata la rivoluzione". Un clima, quello della capitale argentina, che Fossati ricorda molto bene: "Io e Simoni eravamo in camera insieme, ma io non avevo il visto sul passaporto e mi hanno lasciato là. Il primo che ha messo il testino fuori dal pullman era Gigi, che mi ha detto: "Dai Natalino, ce la devi fare!" (ride, ndr)".
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L'ABBRACCIO - Grazie al Console italiano, Fossati riuscì ad ottenere il visto che gli consentì di raggiungere i compagni, già arrivati a New York, pronti per la partita successiva. L'ex terzino ricorda poi commosso il momento del ricongiungimento con la squadra, in particolare con Simoni: "Quando sono arrivato all'aeroporto, lui era insieme all'accompagnatore e quando mi ha visto, è partito di corsa e mi ha abbracciato, come a dire "porca miseria, sono due giorni che Rocco ci fa diventar matti per aver lasciato un ragazzo a Buenos Aires". E questo era Gigi. Aveva un certo spirito, non solo come giocatore. C'era rimasto male anche lui per avermi lasciato là... Quell'abbraccio lì me lo ricorderò tutta la vita".
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