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TURIN, ITALY - FEBRUARY 05: US Sassuolo Calcio head coach Angelo Adamo Gregucci looks on prior to the Serie B match between Torino FC and US Sassuolo Calcio at Olimpico Stadium on February 5, 2011 in Turin, Italy. (Photo by Valerio Pennicino/Getty Images)
Angelo Gregucci è il più classico dei doppi ex della sfida di lunedì tra Lazio e Torino. Lega più il suo nome al club biancoceleste ma ha vissuto mesi meravigliosi anche al Torino nel clou degli anni Novanta quando i granata lottavano stabilmente per l’Europa. In esclusiva su Toro News lo storico collaboratore di Roberto Mancini parla di oggi e ieri.
Buongiorno Angelo. Che si aspetta dalla gara di lunedì?“Suppongo una bella partita. La Lazio è chiamata a ripercorrere una strada che per quattro/cinque mesi ha regalato un percorso magnifico. Un appannamento c’è stato, la sosta può aver aiutato nel ricaricare le pile sia a livello fisico sia a livello mentale. Il Torino è molto differente rispetto all’andata, non avrà molti interpreti di quell’undici. Il Torino è in un buon momento, gioca più libero, ha più certezze ed è più compatto”.
Come spiega i miglioramenti avvenuti nel Torino negli ultimi tre mesi? “Il Torino ha un ragazzo motivato e preparato in panchina. Vanoli è un professionista di livello. Il Toro è uno dei brand più importanti del nostro calcio. Da troppo tempo resta nell’anonimato. Mi sembra che si stia lavorando per uscire dall’anonimato nel prossimo futuro. Il mercato di gennaio lo conferma”.
L’è piaciuto il mercato?“Sì. Casadei è una delle nuove leve più ambite del nostro calcio. Ha fatto esperienze altrove e ora è rientrato in Italia. Elmas è stato un fattore nel Napoli dello Scudetto. Ha aiutato a rompere l’equilibrio in molte gare nell’anno del Tricolore. È un giocatore di livello. E poi Biraghi non ha bisogno di presentazioni. Non deve rilanciarsi, deve consolidarsi a certi livelli. Alla Fiorentina è stato una colonna, poi ha incontrato delle difficoltà”.
Ha fatto bene Casadei a scegliere il Torino anziché la Lazio? “Quando si parla di mercato ci sono sempre molti aspetti inquinanti che deturpano le reali trattative. Oggi la comunicazione a livello di mercato impazza e quindi è molto facile andare a fingere un interessamento su un giocatore per poi puntare a un altro. Su Casadei so per certo che Lazio e Torino erano interessate. Tante squadre italiane volevano riportare in Italia Casadei dopo la sua esperienza in Inghilterra tra Chelsea e Leicester. Penso che il ragazzo avesse bisogno di tornare in Italia per completare la sua crescita. Questa è la scelta migliore che potesse fare, indipendentemente da Torino o Lazio”.
Cosa rappresentano Lazio e Torino nella sua vita?“La Lazio è il ricordo più ampio e più emozionante della mia carriera. Ma cosa mi ha insegnato l’esperienza del Torino? Mi ha insegnato che una volta c’era un forte blasone, un grande settore giovanile, una mentalità consolidata. Il Torino nei miei anni partecipava stabilmente alle competizioni europee in stagioni in cui le squadre italiane dominavano. Il Torino mi ha insegnato la mentalità sui palcoscenici europei al netto di chi giocava. A livello internazionale il Torino sognava sempre di poter vincere. Io arrivavo da una Lazio che faticava a essere protagonista in Europa. Tanti giocatori del settore giovanile davano una mano per trasmettere questa mentalità. Ricordo sempre con affetto i Marchegiani, i Fuser, i Cravero. Io arrivavo dalla Lazio e quando loro mi dicevano che erano ragazzi del Filadelfia, mi chiedevo che cosa significasse. Quando ho iniziato a indossare la maglia granata l’ho capito: il Torino era devastante sulla trasmissione del senso di appartenenza. Solo quando eri al Toro capivi che chi si definiva figlio del Filadelfia non era disposto a dare soltanto tanto ma molto di più”.
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