Con l'ntervento di Franco Ossola, architetto di fama, scrittore, figlio dell’omonimo campione perito a Superga, inauguriamo una nuova rubrica “Manifesto per la serie A”, in cui tifosi illustri, giornalisti granata, ex giocatori e dirigenti celebrano il ritorno nel grande calcio e chiedono alla società di impegnarsi per mantenere la categoria.
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Il manifesto per la A di Franco Ossola
- Allora Ossola, a distanza di giorni quanto è ancora forte l’emozione per la partita col Perugia?“Quello stadio, quella Maratona, ma soprattutto la tribuna est con quell’enorme striscione che incitava il Toro alla carica hanno fatto venire i brividi a tutti quelli che erano allo stadio. Senza retorica, credo che quelle immagini le ricorderemo a lungo e forse tra vent’anni potremo dire: ‘io c’ero quella sera’. Era da 13 anni, dalle sfide Uefa contro Real Madrid e Ajax che non si vedeva il Delle Alpi così pieno”.
Certo, pensare che il nuovo Comunale non avrà neppure 30 mila posti, fa rabbia di fronte alla marea granata di domenica…“La rabbia mi viene ripensando al vecchio Filadelfia, ma razionalmente dico che un pubblico di quel genere è stato un evento eccezionale, chissà quanti anni dovranno passare per rivederlo. Meglio uno stadio più piccolo ma sempre pieno che la tristezza di tante domeniche con un Delle Alpi semideserto. Il calcio ormai è cambiato, è un fenomeno sempre più televisivo, non si può far finta di questo. L’importante è non continuare a prendere in giro la tifoseria granata”.
Purtroppo negli ultimi dieci anni il pubblico granata si è abituato a giocare più in serie B che in A…“Ha detto bene abituati. Ma non mortificati. Perché, con tutto il rispetto per squadre degnissime come Pescara, Treviso, AlbinoLeffe o Salernitana, i tifosi del Toro non hanno mai smesso di stare vicini alla squadra, di aspettare il ritorno del derby e le sfide contro Roma, Milan e Inter”.
Il manifesto di Franco Ossola per la serie A mi sembra fin troppo facile: mantenere a tutti i costi la categoria.“Certo, tornati in serie A bisogna restarci e in modo più che decoroso, pensando che il prossimo anno si celebreranno i cento anni del Toro, ma ritengo fondamentale una cosa più di ogni altra: questa società deve tornare a rispondere alle sollecitazioni del suo pubblico. Messaggi come la marcia dei 50 mila di due anni fa, lo stadio strapieno contro il Perugia testimoniano che la tifoseria è sempre vicina al Toro. Bisogna che i dirigenti si sintonizzino alla svelta sulle stesse lunghezze d’onda della gente granata. Che non chiede lo scudetto o la qualificazione in Champions League, ma semplicemente portare in giro per l’Italia con onore e dignità il nome di una società che ha scritto pagine incancellabili nella storia del calcio”.
Da chi deve ripartire il nuovo Toro?“Se parliamo di giocatori, direi che Marazzina, De Ascentis, Balzaretti e Mantovani sono gli uomini attorno a cui costruire la squadra. Mi fa piacere che torni un ragazzo interessante come Marchese, che ha fatto benissimo a Treviso e può diventare un protagonista nel Toro di domani, se non già in quello dell’anno prossimo. Però chi considero l’autentico valore aggiunto di questa società è Renato Zaccarelli”.
L’unico dirigente amato dai tifosi.“Per forza, perché Renato è una persona perbene, che ha il Toro dentro, addosso, che ha un’umanità straordinaria. Credo che il suo carisma, la sua carica granata sia stata fondamentale per trasmettere nuova energia al gruppo nel finale di stagione. In questa promozione c’è stato molto di suo. Per fortuna, il Toro sembra aver scongiurato l’ipotesi di perderlo, perché uno come Zaccarelli è un bene preziosissimo. Dirò di più, io lo vedrei benissimo come presidente, sarebbe un garante nei confronti della tifoseria. E poi rispetto a quello che c’è oggi, che non ha mai fatto nulla in questi cinque anni, darebbe anche un’immagine diversa al Torino”.
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