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(foto delinquentinelpallone.it)
"Era un mercoledì anche allora e il 13 maggio di ventotto anni fa il Torino terminava amaramente la propria corsa in Coppa Uefa. Il secondo atto della finale contro l’Ajax (all’andata era finita 2-2 al Delle Alpi) venne giocata a perdifiato e senza esclusione di colpi dagli uomini di Emiliano Mondonico che fece, di una semplice sedia, il simbolo del granatismo. “Era bravo a gestire il gruppo e l’ha dimostrato non solo nella finale di Amsterdam” – racconta Gianluca Sordo in esclusiva a Toro News, che visse quel Toro e quella finale in prima persona – “Si partiva praticamente con un punto in più per l’Ajax, ma non ci eravamo arresi. Eravamo un gruppo di gente tosta, difficile da spezzare”. Fu un carattere da Toro quello messo in campo in terra olandese, senza timore delle reti che Jonk e Petterson avevano segnato in Italia poche settimane prima. Ricorda Sordo: “Oltre i due o tre fenomeni e campioni a livello tecnico, eravamo anche in cinque o sei "ignoranti" (ride ndr) a mettere sempre la gamba, senza tirarci indietro. Eravamo consapevoli della nostra forza e sapevamo di poter fare la partita”.
"ATTO II – E il Toro la partita la fece davvero, mettendo una paura matta a Stanley Menzo, che dell’Ajax di van Gaal difendeva i pali. Anche se più di una volta furono i pali stessi a salvare gli olandesi. Sordo che più di tutti, con Casagrande e Mussi sentì l’urlo di gioia e sollievo strozzato in gola dopo aver sbattuto sui legni, ricorda: “È risaputo che negli anni e nella storia, il Toro non abbia mai avuto grande fortuna sotto tanti aspetti. Non è roba da tutti e purtroppo è una cosa che ha continuato a fare parte di questa società”. All’orologio non interessava quanto gli uomini di Mondonico provassero e riprovassero a cambiare il proprio destino, il tempo scorreva.
"LA SEDIA – Tra il palo di Mussi e la traversa finale di Sordo, che già sapeva di triplice fischio, Cravero venne atterrato in piena area olandese. Sarebbe stata un’occasione monumentale per il Toro di riprendere in mano le proprie sorti. Lo sarebbe stata, ma l’arbitro lasciò correre. In quel momento, nemmeno il quadrato Mondonico riuscì a mantenere il suo aplomb. È marchiata a fuoco vivo nell’immaginario granata la scena del tecnico del Torino che brandisce una sedia verso il cielo in un esplosivo atto di protesta. Sordo ricorda così quel gesto: “Il mister è sempre stata una persona pacata, educata, regolare. Lì per lì non me n’ero nemmeno accorto. Ma se ha reagito così, vuol dire che c’era stato un grosso perché”. Furono la tensione e la frustrazione, l’ansia di veder sfumare un sogno ad un passo ad alzare quella sedia insieme al Mondo. Il primo oggetto a portata di mano con cui Mondonico potesse prendersela, il primo a cui potesse affidare il proprio stato d’animo e il proprio viscerale affetto per il granata. Mai dopo quella finale ed aver soltanto accarezzato la Coppa Uefa, il Toro si sarebbe riavvicinato a simili traguardi. Sardo conclude così il racconto di quel 13 maggio 1992: “Eravamo nel piazzale fuori dall’albergo dopo la finale, a fare due chiacchiere e le parole che ricordo del mister sono un po’ di amarezza. Aveva capito che forse era finito il ciclo di quel gruppo”.
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