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“Meno proclami. E pedalare”. E’ la ricetta di Gigi Lentini per uscire dal momento difficile in cui è piombato il Toro, anzi il torello di questo primo scorcio di 2006, ancora a digiuno di vittorie. Il fantasista di...
“Meno proclami. E pedalare”. E’ la ricetta di Gigi Lentini per uscire dal momento difficile in cui è piombato il Toro, anzi il torello di questo primo scorcio di 2006, ancora a digiuno di vittorie. Il fantasista di Carmagnola, con 10 gol in 19 partite (e 2500 euro al mese), oggi è il punto di forza del Canelli, squadra leader del campionato di Eccellenza, dove spadroneggia grazie all’esperienza di una pattuglia di ex granata che comprende anche Diego Fuser e Paolo Danzè. Il pupillo di Mondonico, a differenza dell’allenatore che più lo ha saputo capire, vive tranquillamente la vigilia di Torino-Atalanta: con i nerazzurri bergamaschi ha giocato solo per una stagione.
Cosa significa per te Torino-Atalanta?
"Ho dei bei ricordi di tutte e due le esperienze, anche se a Torino ho passato una vita, all’Atalanta solo un anno. Fondamentale però per il tuo rilancio… Si ho fatto un’ottima stagione, ho dei bellissimi ricordi".
C’è n’è uno particolarmente intenso?
"No, uno in particolare no. Parlo sempre e solo delle prestazioni calcistiche e da quel punto di vista è stata una bella stagione. In cui hai fatto diventare Inzaghi il capocannoniere della serie A… IO? (la voce si fa sorpresa e sorridente) No, non io, al massimo gli ho dato una mano...".
Qual è il ricordo più intenso che hai del Toro?
"Al Toro ci ho passato una vita, ce ne sono tanti. Quello più intenso, stranamente, è la più grossa delusione, legata alla finale di Amsterdam. Da vero granata dentro: ci si ricorda più delle sconfitte che delle vittorie…Di titoli poi ne hai vinti parecchi… Eppure per me è così, ricordo più quella sensazione del resto".
Il ricordo più bello della carriera qual è?
"Il primo scudetto che ho vinto con il Milan".
Come vede il Toro adesso?
"E’ un momento delicato. Ma credo che la squadra sia attrezzata per uscirne e andare direttamente in serie A. Su questo non ho dubbi. Senza passare per i play off? Sì, sicuramente".
Come si esce da questi momenti di crisi ?
"E’ sempre difficile, soprattutto se si parla stando fuori. La ricetta comunque è sempre la stessa: lavorare, parlare il meno possibile e pedalare. Poi ovviamente ci vuole sempre quel pizzico di fortuna che fa la differenza. Questo è categorico".
Che aiuto possono dare la stampa e i tifosi in questi casi?
"La stampa e i tifosi hanno sempre un ruolo importante, soprattutto questi ultimi. E’ importante che lascino lavorare i giocatori con tranquillità, incitandoli poi la domenica senza contestazioni. Questa cosa è fondamentale".
Cosa manca là davanti al Toro, in questo momento? Un Lentini?
"No, (ride). Non lo so, non ho avuto la possibilità di seguire le partite del Toro allo stadio per cui non so quali sono i reali problemi. Ho letto che ci sono stati giocatori infortunati, altri non al meglio della condizione. Però ha tutto per uscirne, anche perché là davanti ha giocatori come Stellone e Muzzi che non si discutono".
Che differenza c’è fra questo gruppo e la promozione che hai conquistato tu?
"Premesso che non conosco questo gruppo, se si intende a livello di qualità entrambi lo sono, lo era il mio lo è questo. La differenza è che noi siamo andati in serie A, loro ancora no…".
Oggi giochi con Danzè e Fuser, torneresti a Torino anche come allenatore delle giovanili?
"Non lo so. Per il momento ho ancora il piacere di giocare, poi a palle ferme si vedrà".
Cosa ti ha spinto ad andare a giocare nel Canelli?
"La voglia, l’attaccamento a questo sport e la possibilità di giocare con vecchi amici".
Chi è oggi Lentini ?
"E’ una persona tranquillissima e normalissima. Sono quello che sono sempre stato, ma non sta a me dirlo".
E’ più difficile giocare a questi livelli, in serie B o in serie A?
"Le difficoltà vanno di pari passo alla tua di difficoltà. Io adesso sono preparato e attrezzato per giocare in questa categoria, come prima lo ero per quelle categorie, le difficoltà ci sono sempre state dappertutto".
Si dice sempre che, scendendo di categoria, si prendono più colpi. E’ vero?
"No. Questo non è mai stato un problema. Calci ne ho sempre presi dappertutto, fa parte del gioco, quindi non è un problema per me prendere colpi, vuol dire che sto bene e che fanno fatica a prendermi".
E se ne va via veloce. Inutile chiedergli un pronostico, la sua vita è stata sempre all’insegna del Toro: con 222 presenze e 17 reti è stata una delle ultime bandiere granata.
Alberto Leproni
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