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Longo a TN Radio: “La salvezza col Toro? A posteriori si è capito il suo valore”

Longo a TN Radio: “La salvezza col Toro? A posteriori si è capito il suo valore”

L'intervento del tecnico dell'Alessandria all'appuntamento con Toro News: "Bava all'Alessandria? No, non ha bisogno delle mie raccomandazioni"

Redazione Toro News

Moreno Longo si è concesso per una lunga intervista a TN Radio: l'allenatore scuola Toro, che ha appena trascinato in Serie B l'Alessandria, si è sottoposto al "fuoco amico" di domande di Diego Fornero, Nikhil Jha, Federico Bosio e Gualtiero Lasala toccando moltissimi temi tra passato, presente e futuro di Torino e Alessandria. Ecco la trascrizione integrale del dialogo avvenuto in diretta Facebook, YouTube e Twitch. Un dialogo partito con un ritardo di oltre mezz'ora rispetto alla tabella di marcia: "Chiedo scusa, ma abbiamo avuto una riunione con il presidente dell'Alessandria e si sa che quando i presidenti sono liberi bisogna approfittarne -  ha detto Longo, già giocatore e allenatore sia delle giovanili che della prima squadra del Torino -. E' stato un incontro in cui abbiamo iniziato a gettare le basi della prossima annata".

Dalla Serie A alla Serie C in pochi mesi: come hai affrontato un passaggio che in pochi tuoi colleghi avrebbero scelto?

“Anzitutto sono contento di aver centrato questa impresa, che ad Alessandria era attesa da un tempo infinito come 46 anni. La cosa più bella è stata veder gioire ultraottantenni, persone così avanti con gli anni che chiedevano di dare una gioia simile prima della loro scomparsa. La sfida l’ho accettata proprio perché era difficile; se vinta avrebbe potuto regalare una gioia incredibile. So benissimo che ho fatto una scelta molto rischiosa per la mia carriera ma in quel momento non ho pensato al rischio, ma alla gioia che avrei provato se avessi potuto contribuire al raggiungimento di un grande obiettivo. Il mio percorso fa sì che non mi spaventa nulla, calcisticamente parlando, perché io sono parlato dai dilettanti e nella mia carriera mi sono dovuto sudare sempre tutto. La situazione in cui rendo meglio sono le difficoltà. Là dove c’è tranquillità non do il massimo, mi sono reso conto di aver bisogno della pressione. Oggi sembra tutto bello perché si è raggiunto un obiettivo, ma io ero sicuro di aver lavorato bene anche se non avessi raggiunto l’obiettivo. Si è trattato di una scelta di umiltà. Sotto quest’aspetto, chi invece l’ha ritenuta come una scelta scriteriata, come un atto di presunzione, si è sbagliato. Io ho scelto questo a fin di bene, con onestà intellettuale, sapendo di correre un rischio”.

È stato più facile salvare il Torino o riportare in B l’Alessandria?

“Sono state due situazioni estremamente complicate allo stesso modo. Ogni tanto sento dire che il problema della piazza di Torino sono le pressioni. Sarà che io ci sono nato, ma la piazza l’ho sempre reputata un valore aggiunto. Dipende sempre da come vivi le situazioni che si creano. Il pubblico esigente secondo me è un bene averlo. Poi bisogna avere le caratteristiche giuste per tramutare in energia positiva quello che c’è intorno. Anche ad Alessandria c’è una tifoseria calda e passionale. Sono state veramente due sfide che mi hanno messo alla prova, che ho affrontato con passione, entusiasmo e determinazione, ingredienti fondamentali per poter raggiungere entrambi gli obiettivi”.

Il balzo in A è un obiettivo dell'Alessandria?

“Ho due anni di contratto. Come obiettivo della prossima stagione ci siamo dati il mantenimento della categoria. A tutti piace pensare in grande ed è vero che tante squadre hanno fatto il doppio salto, ma dipende sempre dal percorso che si è fatto e da cui si è reduci. Per quanto mi riguarda, sono qui da nemmeno cinque mesi, e di conseguenza quando sono arrivato c’erano diverse problematiche. Il fatto di averle risolte in fretta è stata una cosa straordinaria ma per mettere radici e basi solide ci vuole più tempo. Assolutamente ora dobbiamo pensare a strutturarci come società e come squadra per il mantenimento della categoria. Se riusciremo a farlo, allora poi si potrà pensare a fare qualcosa in più”.

Si aspetta un campionato come quello che visse alla Pro Vercelli?

“Bisogna avere l’umiltà di capire cosa ci sarà da fare, meglio evitare paragoni. Poi la sfera di cristallo non ce l’ha nessuno. Dobbiamo ringraziare il presidente Di Masi perché ha fatto cose straordinarie per l’Alessandria. Lui è ambizioso ma allo stesso tempo sa rimanere con i piedi per terra e sa che il mantenimento della categoria al momento deve essere l’obiettivo”.

Guardando indietro, l’avventura al Torino poteva finire in modo diverso?

“Per quanto riguarda l’esperienza al Torino, è chiaro che una volta arrivato c’erano problemi o il cambio di allenatore non ci sarebbe stato. Nella mia testa il sogno sarebbe stato quello di raggiungere altri obiettivi, ma poi quando ti cali nella realtà e vedi le problematiche che ci sono, occorre essere realista. E proprio per questo dico che non è stato facile né scontato raggiungere l’obiettivo salvezza, vincendo le partite che erano da vincere. L’anno dopo, probabilmente, si è capito il valore del nostro lavoro. Nonostante la possibilità di fare mercato, di resettare, di ripartire da zero, le problematiche del Toro sono state pressochè simili se non peggiori. Nei mesi in cui sono stato al Torino, solo noi internamente capivamo quanto era grande il pericolo. Poi capisco che il tifoso granata vede una squadra con nomi importanti, con il settimo monte ingaggi, e ritiene incredibile lottare per la salvezza. Però avete visto anche quest’anno, le difficoltà che hanno avuto pure Parma, Cagliari e Fiorentina: quando si hanno giocatori non abituati a lottare per quell’obiettivo, le cose diventano non facili. Credo di aver fatto un buon lavoro un anno fa, così come lo ha fatto Nicola quest’anno. Ricorderei poi, non per tirare l’acqua al mio mulino, che sono subentrato senza la possibilità di fare mercato, con pochi giocatori a disposizione. Mi tengo stretto il risultato raggiunto, sapendo che il suo valore forse può non essere percepito da tutti”.

Il Torino, a livello tecnico, vale due annate di questo tipo?

“Assolutamente no, perché ci sono giocatori di livello più alto. Ma il calcio non è solo qualità, ci sono tanti altri aspetti. Abbiamo visto in passato altre società spendere l’impossibile senza vincere per anni. Il calcio è fatto di alchimia, organizzazione, rapporti, senso di appartenenza e motivazioni. Su questa base poi si costruisce un progetto tecnico-tattico. Ma una squadra è un grande meccanismo che per poter esprimersi sul campo ha bisogno dei presupposti giusti. In questo al Torino ci sono state difficoltà che, me lo auguro, ma ne sono sicuro, verranno superare definitivamente”.

Si può fare un parallelismo tra la tua avventura al Torino e quella di Nicola?

“Sono stati due percorsi simili per l’esito e per le difficoltà incontrate ma ci sono state delle differenze. La principale è che nella mia esperienza siamo stati noi per primi a dover far entrare nella testa di tutti il messaggio che bisognava lottare per salvarsi. Qualcosa che poi ai giocatori è tornato utile quest'anno. E poi quando siamo arrivati noi il mercato era chiuso: Mandragora e Sanabria in questo caso, come acquisti di gennaio, noi non li abbiamo avuti. Detto questo il percorso di Davide sotto l’aspetto della durata e dei punti è stato ancora più difficile, visto che è partito da un punto più basso di quello in cui sono partito io. In un certo momento la pressione aumentava sempre di più, Davide è stato bravo a creare le motivazioni, a far ritrovare la coesione alla squadra per far raggiungere questi punti e la possibilità di ripartire dalla massima serie. Una retrocessione a questi livelli è una botta incredibile dalla quale difficilmente ci si sarebbe rialzati”.

Nel mercato di gennaio al Torino chi avresti chiesto?

“Le uniche notizie di mercato ve le posso dare per l’Alessandria! Ormai è passato molto tempo, col senno di poi non ha più senso parlare quello che sarebbe stato o che avremmo potuto fare. I giudizi a posteriori riguardo al mio operato non mi piacciono, quindi non li faccio nemmeno io nei confronti di quello degli altri”.

Ora il Torino ha voltato pagina con Juric. Quale è la sua idea su di lui?

“Una scelta che mi piace molto. Mi piace perché sa dare un’identità tattica, sa gestire le cose a 360°, e lo vedo anche adatto a questo tipo di rosa. Secondo me è stata una scelta ponderata che condivido. Mi auguro possa fare grandi cose perché quello tra Juric e il Torino è un binomio che vedo molto bene”.

Asta ha detto: Moreno è stato più che bravo, la promozione con l’Alessandria vale più della promozione del Frosinone e della salvezza col Torino. Tornando indietro nel tempo, perché lo portò al Torino?

“In questi giorni mi sta capitando di essere citato per queste due promozioni, Frosinone e Alessandria. Mi dispiace perché si lascia troppo spesso da parte una grande impresa che è quella di riportare lo scudetto Primavera a Torino dopo 23 anni. Fu una impresa, non avevamo i favori del pronostico, facemmo un lavoro incredibile e vincemmo una finale ai rigori dopo averne persa una ai rigori l'anno prima. Ricordo sempre questa annata perché non mi piace venga ritenuta di minore importanza solo perché fu fatta con la Primavera, che ritengo di fatto una squadra B, un’annata molto importante e formativa. Tornando ad Asta, lo abbiamo voluto per quello che lui ha dato al Toro. Incarna come meglio non si può i valori di questo club e c’era bisogno di una figura come la sua, che iniziasse a seminare senso di appartenenza. Questo è un valore su cui il Torino deve puntare, è importante come l’acquisto di un grande calciatore. Con Tonino contraccambio la stima perché è stato di grande importanza per noi”.

Che effetto ti fa vedere affermarsi tanti calciatori che hai allenato?

“Il compito di un allenatore di settore giovanile è quello di dare qualcosa a questi ragazzi, aiutarli per farli diventare dei professionisti. Con Massimo Bava abbiamo trattato i ragazzi sempre come professionisti perché sapevamo che una volta usciti dalla Primavera dovevano essere pronti a quello che si aspettava. Comunque vedere tanti giocatori riuscire ad affermarsi mi rende orgoglioso, sono rimasto molto affezionato a tutti loro, so quanto mi hanno dato. Sono stato pesante nei loro confronti ma credo che sul lungo periodo loro capiscano che quello che è stato fatto, è stato fatto per aiutarli a capire quello che li aspettava. Per questo quando li sento ancora oggi e capisco che si portano dietro qualcosa di quelle annate, provo un grande piacere. Sono un loro grande tifoso e li esorto spesso e volentieri a non mollare perché la crescita non è mai abbastanza e deve sempre continuare”.

Tra i ragazzi che ha avuto al Torino in Primavera, c’è qualcuno che le sarebbe utile in Serie B ad Alessandria?

“Di questo non abbiamo ancora parlato precisamente. Ma i ragazzi che ho avuto sanno che io li seguo sempre e sanno che, se ci sono i presupposti giusti, li posso sempre prendere in considerazione. E loro sanno che partita dopo partita devono sempre costruirsi le opportunità per la loro carriera, che sia per convincere Longo o altri. Nel calcio non è detto che si arrivi in alto solo a 19-20 anni, ma si può arrivare anche dopo, e ci sono tantissimi esempi in merito”.

Quale è il giocatore più forte che Moreno Longo ha allenato?

“Una risposta ce l’ho, però non riguarda quelli che ce l’hanno fatta, cioè quelli che hanno continuato a giocare nelle diverse categorie. Vi posso fare un nome di uno dei giocatori più forti che ho allenato, ma che non è diventato un giocatore di calcio: Alessandro Cibrario. Secondo me era un talento incredibile per qualità, visione di gioco, aveva tante caratteristiche che facevano pensare che potesse diventare un calciatore. Poi purtroppo lo sport ha svariate vicissitudini, lui è uno di quelli che non ce l’ha fatta. Quindi faccio il suo nome piuttosto di quelli che ce l’hanno fatta per non fare torti a nessuno”.

Credi che a volte noi giornalisti creiamo troppe aspettative sui calciatori della Primavera del Torino? Anche arrivare in Serie C non è scontato, eppure a volte viene ritenuta una cosa banale.

“L’elemento importante che ti fornisce il settore giovanile è il lavoro di apprendimento: serve partire dalle basi per arrivare a concetti più evoluti facendo poi, per step graduali, un percorso che ti porti a diventare professionista. Voi vedete il “prodotto finito”, in sala stampa o in campo, ma comunque si parla di uomini, più o meno giovani, che devono superare delle pressioni. Un allenatore deve essere anche un motivatore, una guida, perché fondamentalmente abbiamo tutti un po’ bisogno di una spalla su cui appoggiarsi nei momenti di difficoltà. E quando un allenatore riesce ad avere quella leadership, allora è un valore aggiunto”.

Nella rosa del Torino c’è Segre, un giocatore che lei ha allenato; ha avuto qualche chances con Giampaolo, poi dopo l’arrivo di Nicola è stato mandato in prestito. Ma ora tornerà alla base. Ci può stare secondo lei nella rosa del Torino della prossima stagione?

Jacopo fa parte di quel novero di giocatori che per emergere hanno dovuto lottare e cambiare registro. Noi lo abbiamo preso che era uno scarto del Milan, non rientrava più nei loro piani. Lui venne da noi in punta di piedi, come un giocatore non importantissimo in quel momento, ma con applicazione, voglia di arrivare a tutti i costi, è cresciuto e si è ritrovato tra i professionisti. Per me è cresciuto, merita l’attenzione di Juric. Poi è normale che ogni allenatore vede o meno delle caratteristiche che possono essere utili per il suo modo di vedere il calcio. Però sicuramente Jacopo merita l’attenzione”.

Ultima cosa: nella riunione con i vertici dell’Alessandria, avete parlato anche di Massimo Bava? (Da qualche giorno ci sono voci su un eventuale trasferimento dell’attuale dirigente granata nei Grigi, ndr)

"Non si è parlato di Massimo; il direttore dell’Alessandria è e sarà Fabio Artico. A Massimo io sono affezionato, ci siamo scambiati qualcosa di unico nel nostro percorso, è una persona talmente ambita per quello che ha fatto che in questo momento non ha bisogno di mie raccomandazioni. Auguro a lui il meglio, ha fatto cose straordinarie partendo dal nulla e quello che si è costruito se lo è guadagnato sul campo".