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Onofri a TN: “Juric-Toro, alchimia perfetta. Filadelfia? Sembrava il Louvre”
“Entrare al Filadelfia significava entrare in un museo, sembrava di stare al Louvre”: quando Claudio Onofri parla del Toro trasmette emozione. Non è sicuramente il campione più ricordato della storia granata (il suo nome è maggiormente legato al Genoa, ad esempio) ma Onofri - che sarà protagonista con il nostro Serino Rampanti di una serie di eventi live su Facebook- si è letteralmente fatto le ossa al Filadelfia, formandosi come uomo e come giocatore, e ancora oggi ha un ricordo indelebile del vecchio cuore granata. In esclusiva su Toro News l'ex difensore, allenatore e commentatore televisivo riavvolge il nastro dei ricordi e non solo. Accompagna infatti per mano i lettori alla sfida di venerdì tra il Torino di Juric e il Genoa di Ballardini.
Buongiorno Claudio, come giudica il Torino di questo primo scorcio di stagione?
“Nel Torino ci sono situazioni che non convergono positivamente a livello di risultati, ma tutto lascia presuppore che nel più breve tempo possibile arriveranno anche i punti. Il Torino gioca a calcio, non è ancora l’Hellas che abbiamo imparato a conoscere nei due anni di Juric ma la mano del mister si vede sicuramente. Ci sono ancora alcuni aspetti da migliorare. Credo però che bisogna avere fiducia”.
È Juric il principale elemento sul quale riporre fiducia?
“Sì. Conosco molto bene Ivan, oltre che come calciatore e allenatore, anche come persona. È un uomo veramente intelligente. Alcune volte ha delle strategie comunicative non fuori dalle righe, ma comunque un po’ sopra le righe. Con Ivan puoi parlare di tutto, non solo di calcio. Di pallone sa il fatto suo e la sua mano si vede sempre, come dimostrano anche le sue prime esperienze a Genoa e a Crotone. Si vede che il suo mentore Gasperini gli ha trasmesso tante, tante cose”.
Una personalità che si sposa bene con il “Cuore Toro”.
“Sì, certo. Fatemi passare l’espressione: è un incazzoso che dimostra l’attaccamento non alla maglia, oggi non esiste più questo concetto, ma alla professione. È molto legato al suo mestiere. Proprio per questo ci tiene tanto e alcune volte, complice anche il carattere, parla in modo un po’ deciso. Secondo me, esiste una perfetta alchimia tra Juric e il Toro”.
E il Genoa come sta?
“Il Genoa ha chiuso il mercato molto tardi. Molti giocatori non sono ancora potuti scendere in campo con regolarità, come Caicedo che ha giocato appena 15 minuti con il Sassuolo o come Vasquez che ha racimolato pochissimi minuti sin qui. Altri calciatori hanno avuto problematiche fisiche. Pertanto, Ballardini ha più scusanti e attenuanti. Il Genoa non ha ancora messo in mostra una strategia tattica delineata. Il tecnico non ha ancora dato una linea di gioco identitaria e conduttrice. Credo che questa sia la principale differenza al 20 ottobre tra Torino e Genoa”.
Che gara si aspetta venerdì al “Grande Torino”?
“Sarà una bella partita. I tre punti peseranno già. Il Genoa deve trovare la sua traccia, mentre il Torino giocando in casa dovrà puntare dritto alla vittoria. Mi aspetto una gara di grande agonismo. Forse, ci sarà anche spettacolo perché il nostro calcio si sta avvicinando a movimenti che fanno dello spettacolo il loro ingrediente principale. C’è una voglia di giocare diversa rispetto al passato, come ha dimostrato anche il Venezia con la Fiorentina. Sempre meno allenatori aspettano l’avversario e si accontentano di vincere la gara 1 a 0 grazie a un episodio. La nuova filosofia è aggredire in avanti e verticalizzare. In tanti ragionano così e questo grazie a Gian Piero Gasperini. Penso sinceramente, e lo ripeto spesso, che l’allenatore dell’Atalanta sta trascinando l’intero movimento, proprio come ha fatto Guardiola in Spagna qualche anno fa. Gasperini è stato l’elemento trainante. C’è più voglia di divertirsi e di giocare le partite”.
A Napoli è tornato dopo 55 giorni Andrea Belotti. Il “Gallo” si potrà adattare al meglio al gioco di Juric?
“Senz’ombra di dubbio. Come tipologia di fondamentali che ha, si adatta benissimo alle richieste di Juric. Penso possa tornare pian piano ai livelli del recente passato. La prima punta è molto coinvolta nel gioco di Juric, anche tramite le sovrapposizioni dei laterali difensivi che propongono molti cross nell’arco di una partita. E Belotti in mezzo all’area non è affatto scarso”.
Si vedrà un Belotti più finalizzatore?
“Lui è una punta di movimento ma la sua specialità della casa è la finalizzazione. È maestro nel trovare il tempo giusto sul cross da fondo campo e sa dettare bene la profondità. Il Brekalo visto a Napoli lo potrà aiutare molto”.
Anche con Osimhen Gleison Bremer non ha sfigurato, anzi. Concorda?
“Sì, sono assolutamente d’accordo. È chiaro che il Toro ha perso valore nelle proprie individualità negli ultimi due anni a causa di risultati non all’altezza della situazione. In molti hanno deluso, ma il loro rendimento deficitario non dipendeva soltanto da loro stessi. Non appena hanno ritrovato un modo di fare calcio che si adatta alle loro peculiarità, in tanti ne hanno beneficiato. Tra questi anche Bremer che sta accrescendo ulteriormente il suo valore”.
Sforzo di memoria. I suoi anni granata da ragazzino e poi nel 1978/1979?
“Sono nato calcisticamente a Torino, dopo una prima esperienza al Vanchiglia. Dai Giovanissimi fino al ritiro con la Prima Squadra di Giagnoni: ho fatto tutta la trafila e poi sono tornato dopo i miei primi due anni in Serie A giocati altrove. Purtroppo, le cose non andarono per il verso giusto ma per me il Toro è un qualcosa che mi commuove sempre, e più vado avanti con l’età e peggio è sotto questo punto di vista. Ai grandi livelli non mi è appartenuto, magari sono più ricordato come giocatore di altre squadre, su tutte il Genoa, ma ancora oggi mantengo amicizie con ex compagni e tifosi granata. Si figuri che ho ancora una chat con i miei compagni ai tempi del Toro con i quali vincemmo il campionato Primavera 1969. Con i vari Zaccarelli, Dezio, Capra e Rossi ci scriviamo in continuazione su questo gruppo Whatsapp. Ricordiamo un passato che in qualche modo è stato anche nostro. D’altronde entrare al Filadelfia significava entrare in un museo, sembrava di stare al Louvre. Brividi”.
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