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interviste
di Alessandro Salvatico
Quando lo raggiungiamo al telefono in Uruguay, mostra di essero lieto di sentirci: “Sono sempre contento, quando posso parlare con l’Italia e delle cose cui...
di Alessandro Salvatico
"Quando lo raggiungiamo al telefono in Uruguay, mostra di essero lieto di sentirci: “Sono sempre contento, quando posso parlare con l’Italia e delle cose cui più sono legato”, attacca con entusiasmo. Carlos Aguilera, meglio noto come Pato, sembra quello che gli italiani vedevano in campo a inizio anni ’90: guizzante e rapido, ma soprattutto entusiasta e generoso.Due le maglie vestite nel nostro paese, maglie che tornano ad incrociarsi tra 48 ore; mette subito le cose in chiaro, Pato: “Io, del Genoa, sono proprio tifoso”, ma le parole che poi spenderà per i granata non sono affatto meno dolci.
"Aguilera è felice per il ritorno in Europa del Genoa, traguardo che i grifoni avevano raggiunto per l’ultima volta proprio con lui, nel 1992, ma non sembra considerare possibile qualcosa in più della Uefa, anzi dell’Europa League: “Mi dispiace non sia arrivata la Champions, perché il gruppo di Gasperini lo meritava: è la squadra che gioca meglio in assoluto, io guardo sempre le trasmissioni sportive dall’Italia e non vedo altre che giochino così bene”. Tempo addietro, l’uruguayano disse che cedere Milito, da parte di Preziosi, sarebbe stato un errore, simile a quello fatto ai suoi tempi da Spinelli, che cedette i migliori pezzi; mi chiede quanto sia stato pagato il cartellino dell’argentino più quello di Thiago Motta, e quando gli rispondo “si parla di 16/18 milioni, più Acquafresca e probabilmente altri 3 o 4 giovani elementi”, si ricrede: “Con quei soldi, Preziosi farà una squadra fortissima: perché è un gran presidente, non come chi c’era quando stavo lì, che smantellò”.
"Ma veniamo al Toro. Una grande stagione, la prima granata di Pato, e una seconda finita preso; ma tanti ricordi, e tanto amore nel suo cuore. “Io conosco bene le due tifoserie dei miei anni in Italia; e Torino è davvero una grande del calcio, io andavo a Superga e il Toro l’ho capito, e dico: vediamo di fare qualcosa! -prorompe- perché bisogna riportarlo dove merita. Fu bello trasferirmi lì, dopo Genova, dove la gente mi voleva ma il presidente no; a Torino, invece, mi voleva anche la proprietà. Quando sono andato via, avevamo vinto la Coppa Italia; ma la società stava praticamente fallendo”, aggiunge, con disappunto ancora autentico.
"Parlando delle tifoserie, Pato si accende: “E’ gente che per la squadra ci vive, e merita tanto; io ho giocato per tutte e due, sono grato di questo. Toro e Genoa sono del popolo! Io posso solo ringraziare, per tutto quanto. Perché i tifosi danno tutto, e io vorrei tanto ripagarli: anzi”, rivolgendosi all’intervistatore, “porti il mio saluto a loro, a tutti i granata”. Ma Aguilera ripagava l’affetto sul campo, con l’impegno, i gol: “Non è sufficiente, io in Italia ho fatto un lavoro bellissimo, guadagnando tanti soldi, sposandomi, perfino: io, che sono così brutto!, sento tanta gratitudine per i tifosi…”, ribadisce. Un fiume in piena.
"Tentando faticosamente di riportare il discorso sulla partita di domenica, il doppio ex aggiunge che seguirà la partita in tv, e che si stupisce “di vedere il Torino così in basso, perché la squadra non è affatto male; il presidente ha anche speso parecchio, mi sembra, e allora non è certo colpa sua la situazione attuale”. E proprio al presidente, Pato rivolge quasi un appello: “A Genova sono stato l’ultima volta un anno e mezzo fa, alla presentazione di Ruben Olivera; a Torino no, perché nessuno mi invita… Mi piacerebbe molto, sperando che i tifosi si ricordino di me, vedere anche lo stadio in cui gioca ora, dove la curva mi sembra più vicina alla porta; eh, mi sarebbe piaciuto anche giocarci, se è davvero così…”. Curva e porta -non “campo”, ma “porta”: i due punti di riferimento costanti di Carlos Aguilera.
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