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Per una partita speciale come il derby in un momento di profonda difficoltà per il Torino c’è bisogno della voce di un eroe, di quelli che hanno scritto pagine memorabili di una storia meravigliosa ed unica come quella granata. Eraldo Pecci rientra senza problemi nella categoria: classe 1955, ha vinto con Gigi Radice in panchina l’ultimo storico scudetto del Torino nella magica stagione 1975/1976. Di battaglie con la casacca granata indosso ne ha combattute 203, tra queste 10 proprio contro la Juventus. I bianconeri sono stati l’avversario che Pecci ha sfidato di più in carriera: ben 28 match, di cui 24 in Serie A.
Buongiorno Eraldo, il momento del Torino è veramente delicato, a maggior ragione dopo il turno infrasettimanale. Tutti in ritiro in vista del derby. Come si spiega l’involuzione granata?
“È un periodo non bello, sicuramente poco felice per il popolo granata. La spiegazione non è semplice da trovare, ma io la legherei in primo luogo alla preparazione anticipata per i preliminari di Europa League. Prima o poi ti imbatti in una crisi. Non è, però, questo l’unico motivo”.
Secondo lei, ci sono problemi anche insiti nella rosa a disposizione di Walter Mazzarri?
“No, anzi. Quando mi chiedono un parere sul Torino, parto sempre dal presupposto che la rosa è competitiva. È ovvio che non si può competere con le primissime della classe, come Juventus, Inter e Napoli, ma con le altre si potrebbe”.
E allora quali sono le altre ragioni in grado di dare un perché agli enormi affanni del Toro? C’è un problema nel progetto tecnico proposto da Mazzarri?
“Faccio fatica francamente a parlare di progetto tecnico. Negli ultimi due anni non ho mai visto dei lampi di grande gioco da parte della squadra. La difesa, soprattutto nella passata stagione, è stata molto affidabile e di riflesso il Toro riusciva a segnare qualche gol, portando a casa risultati positivi”.
Dunque, come definirebbe il Toro di Mazzarri?
“Una formazione sparagnina. Poche reti incassate, ma anche poco calcio propositivo. Non ho mai visto un Toro in grado di esibire un gioco spumeggiante e arioso, come quello di Atalanta, Fiorentina o Napoli. Adesso, la difesa granitica non c’è più e sono venuti meno i risultati, perché si fatica anche a creare azioni pericolose e di conseguenza gol”.
Crede che la situazione dei granata possa migliorare nelle prossime settimane?
“La classifica sicuramente si sistemerà, ma non bisogna illudersi. Se ti aspettavi di lottare per qualcosa di importante che non sia un contentino, allora sarà dura anche quest’anno”.
Parla di contentino. Alcuni tifosi del Toro accusano il presidente Urbano Cairo di essersi sempre accontentato in questi anni senza mai far fare alla società un vero e proprio salto di qualità. È d’accordo con tale disamina?
“Non del tutto. Non si può chiedere ad un presidente di spendere miliardi di euro. Il tifoso non può pensare in quest’epoca di poter competere per un intero campionato con Juventus, Inter e Napoli. Anche in questa stagione è stata allestita una squadra di qualità, poi sta allo staff tecnico e ai ragazzi in rosa rispettare la storia del Toro”.
A proposito di storia, rivede in qualche giocatore del Toro attuale lo spirito che vi animava a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta?
“Le storie francamente sono diverse e sono immerse in questo tempo. È indubbio che c’era un’altra sensibilità”.
Cioè?
“Noi sentivamo addosso la maglia granata, eravamo un tutt’uno. Conoscevamo la Storia con la S maiuscola del club e cercavamo di onorarla in ogni allenamento e in ogni partita. Oggi le situazioni nel mondo del calcio sono molto diverse rispetto ai nostri anni e quindi è anche giusto che un giocatore moderno non conosca nel dettaglio quello che è stato il Toro nel suo glorioso passato. Ma, per me che ho il Toro dentro, questo club resta unico nel suo genere. Non deve lottare per vincere, ma per difendere in eterno le sue meravigliose e uniche peculiarità”.
Psicologicamente, come detto, i granata sono a terra, ma tra poche ore al “Grande Torino” arriva la Juventus per il Derby della Mole. Che cosa dobbiamo aspettarci?
“Nel campionato italiano nessun match è impossibile. Te la puoi giocare con tutte le squadre. Credo che soltanto Atalanta e Napoli a sprazzi possano ucciderti con il loro gioco avvolgente e collettivo. Mentalmente il Toro avrà un vantaggio: partirà da sfavorito e quindi potrà contare su quest’aspetto. Attenzione, però, a non perdere male, soprattutto in un periodo come quello che sta attraversando il Toro. Il Genoa, ad esempio, l’altra sera è capitolato contro la Juventus, ma soltanto all’ultimo e dopo una prestazione coriacea. Ecco il Toro dovrà giocare con quel carattere e con quella tenacia, altrimenti saranno guai”.
Eraldo, per lei che ha il Toro dentro, cos’è il Derby della Mole?
“È banale quello che affermo ma lo penso e non lo nego: ogni match con la Juventus è stato speciale. Al tempo Torino e Juventus erano due squadre forti, quasi alla pari, e tutti i derby valevano veramente più di 2 semplici punti. Erano battaglie tra formazioni competitive, ma vigeva sempre il rispetto tra noi contendenti. Eravamo avversari sul campo, ma amici nella vita. Nello sport il rivale è da battere sotto il profilo dell’agone, mai da uccidere”.
Si ricorda un derby in particolare?
“Non uno, tutti. I primi, però, quelli nell’anno dello scudetto (entrambi vinti 2 a 0 ndr) e nell’anno dei 50 punti (1976/1977, vittoria per 2 a 0 all’andata e pareggio 1 a 1 al ritorno ndr), sono stati indimenticabili. Sono stati i primi di una lunga serie e li sentivo un pochino di più”.
E com’era la settimana d’avvicinamento alla sfida contro la Juventus?
“Particolare, senza ombra di dubbio. C’era un’attesa diversa, perché poteva valere un campionato. Le sensazioni che avevo dentro al tempo faccio veramente fatica a spiegarle. Erano profonde, sentite, sincere”.
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