interviste

Pulici: ‘Il Toro deve fare quadrato’

Ermanno Eandi

PESARO – Palazzo Gradari ore 18,00. Dopo un breve preambolo di benvenuto, letto dall’eclettico Patrignani, è l’ora del discorso con Paolo Pulici. I tifosi sono tutti lì, attenti, il silenzio...

PESARO – Palazzo Gradari ore 18,00. Dopo un breve preambolo di benvenuto, letto dall’eclettico Patrignani, è l’ora del discorso con Paolo Pulici. I tifosi sono tutti lì, attenti, il silenzio è assoluto. La leggenda vivente si alza in piedi. Sorride ai cuori granata e inizia il suo discorso: “Sovente mi sono chiesto: che cosa ho fatto di così strano, per essere diverso da tutti gli altri calciatori granata. Per essere così amato da tutti voi”. La folla gli dice che lui sa il perché. “L’unica cosa di cui sono sicuro è quella, che sono prima tifoso del Toro che calciatore del Toro. Amo questa squadra, il colore della sua maglia e i suoi tifosi. Io ho fatto solo il mio dovere di calciatore. Sono grande, perché voi mi avete fatto diventare grande”.

"La folla applaude si identifica con lui, lo ama.

"“Bisogna dire agli attuali calciatori del Toro – prosegue Pupi – di andare in mezzo ai tifosi granata. Solo così possono capire l’importanza di giocare nel Torino”.

"Ricorda il vero segreto del suo Toro con un esempio di Nereo Rocco: “Il nostro segreto era il gruppo, la compattezza. Rocco sovente portava l’esempio dello schiaffo e il pugno. Tra i due chi fa più male è il pugno, perché la mano è compatta, unita, chiusa. Così la squadra per avere forza, determinazione e fare veramente male agli avversari deve essere un tutt’uno, un pugno di calciatori che colpiscono insieme l’avversario. Se non c’è unione, non ci sono vittorie”.

"“Io, in quella squadra, ero il leader. Al sabato sera i compagni venivano nella mia stanza a parlare. Non dormivamo mai. Alla domenica, però, quando eravamo in campo, sbranavamo gli avversari, le dita si chiudevano a pugno e li vincevamo. L’essenza del Toro è essere tutti uniti, per raggiungere un traguardo solo, undici uomini che entrano in campo con l’orgoglio di indossare la casacca granata, ecco il segreto”.

"Poi fa un paragone tra il Toro del 1976 e gli invincibili: “Alcuni ci accusarono di voler, con il nostro scudetto, cancellare gli eroi di Superga. Nulla di più falso. Noi volevamo emularli!”. Si ferma, gli applausi scrosciano intensi, prosegue determinato: “La maglia granata non è come tutte le altre, è diversa! Molti calciatori invidiano coloro che la indossano, perché essere un calciatore del Toro, vuol dire fare parte della leggenda e avere la fortuna di avere tifosi come voi. Caldi, passionali e stupendi”.

"La sua mente, ritorna al passato, quando con la maglia lilla del Legnano, arrivò al Fila: “Bisogna ricostruire lo spirito del Filadelfia. I giovani hanno bisogno di vivere in mezzo ai campioni, essere incoraggiati, poter giocare contro i loro idoli. Quel meraviglioso luogo era magico. Quando entravo nel sottopassaggio che portava al campo, mi sentivo la storia addosso, percepivo degli occhi invisibili che mi spiavano. Erano gli sguardi di tutti quelli che mi hanno preceduto, dagli Invincibili di Superga, a quelli di Meroni e Ferrini. Mi spiavano, mi erano vicini. Era bello sapere che qualcuno mi controllava e mi chiedeva sempre di più, per fare diventare grande il Toro e perpetuare la Leggenda granata”.

"La folla esplode, alcuni piangono, ripensano al Fila, al Comunale, ai suoi gol, allo scudetto e alle emozioni che Pulici gli ha donato.

"“Ecco, questo è quello che ho fatto di strano. Ho ascoltato le voci del passato e ho amato questa maglia esattamente come voi. Null’altro che essere un tifoso del Toro, che alla domenica entrava in campo con il numero undici” e dava l’anima per vincere.

"Pulici si siede, i tifosi si rilassano, lentamente gli si avvicinano. Lo toccano, lo rapiscono, gli chiedono autografi, scattano foto ricordo. Infine lasciano la sala, torneranno a casa felici, con Pulici nel cuore, certi che la leggenda non tradirà mai.