La famiglia Vlasic, da papà Bosko ai figli Blanka (campionessa di salto in alto) e Nikola, vengono tratteggiati in esclusiva su Toro News da Nicola Roggero, giornalista di Sky Sport, voce storica del calcio inglese e dell’atletica leggera. “Una volta venne a Sky Blanka e fu lei la prima a parlarmi di suo fratello Nikola: mi disse che aveva il mio stesso nome e me lo descrisse come molto bravo. Mi anticipò che molte squadre inglesi lo avevano contattato. Eravamo proprio alla vigilia del suo trasferimento all’Everton”. Inizia così il racconto di Roggero, reduce dai recenti Mondiali di atletica a Eugene negli Stati Uniti d’America e dalle prime telecronache stagionali in Premier League. Il binomio atletica-calcio inglese è quello che lega a doppia mandata anche i fratelli Vlasic: Blanka è stata campionessa di salto in alto, Nikola ha giocato in Premier all’Everton e al West Ham, prima di approdare al Torino dove è reduce da tre gol nelle ultime tre giornate. Chi meglio di Roggero, dunque, per parlare del tema.
Esclusiva
Roggero a TN racconta i Vlasic: “Fu Blanka per prima a parlarmi di Nikola”
In Inghilterra Nikola non è andato benissimo...
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“In Premier League ha avuto meno successo di quanto ci si potesse attendere, sia all’Everton sia al West Ham. È un giocatore di qualità e stranamente in Inghilterra non è riuscito a dare quello che si pensava. Dico stranamente perché è rapido e veloce, quindi ben si adatta al calcio inglese. In Russia invece è andato molto bene”.
Il Torino può essere il suo trampolino di lancio?
“Io spero che rimanga a lungo al Torino. In Inghilterra può far fatica, in Italia con uno standard più basso può fare la differenza e credo si sia già visto contro la Cremonese. Inoltre, Nikola ha un vantaggio: non solo è connazionale di Juric ma proviene dalla stessa città del suo allenatore, ovvero Spalato. Penso che possano parlarsi quasi in dialetto, se esiste il dialetto di Spalato”.
Non è casuale che molto spesso allenatori slavi vogliano giocatori slavi e sembrano tra l’altro coloro che riescono a farli rendere meglio. Anche Juric al Torino sta andando in questa direzione.
“I croati sono molto pochi, meno di 5 milioni. Hanno più o meno gli abitanti del Piemonte, sono un popolo molto compatto in tal senso. Penso che nessuno ci sa fare con il pallone tra mani e piedi come i popoli slavi. Se si sommano i risultati dell’ex Iugoslavia e dei paesi che ne sono derivati, si scopre che sono dei giocolieri formidabili con il pallone. Il basket capeggia, poi pallavolo e pallanuoto. Nel calcio hanno grandi talenti. Non conosco la ragione di questa predisposizione. Se uno considera l’ex Iugoslavia e poi i nuovi paesi, è arrivato almeno un oro olimpico nella pallanuoto, nel basket, nel volley, nel calcio e nella pallamano. E tra l’altro tutti gli abitanti dell’ex Iugoslavia raggiungono i 25 milioni, meno della metà dell’Italia. Dunque, quando giocano a palla sono favoriti e poi se trovano una guida tecnica dello stesso paese meglio ancora”.
Come le sembra il lavoro di Juric al Torino?
“Non seguo tanto il calcio italiano, ma basta comparare i risultati del primo anno di Juric con quelli delle due stagioni precedenti per comprendere che è stato fatto un salto alla Blanka Vlasic. Da campionati arrivati con una salvezza in extremis si è passati a un torneo dignitoso e a premesse molto positive come quelle dell’annata in corso. Juric sa il fatto suo, l’importante è che il club riesca ad assisterlo come merita perché mi sembra che abbia buone idee. Penso sia uno che possa dare la giusta impronta”.
Torniamo ai Vlasic. Cosa ha rappresentato Blanka, sorella maggiore di Nikola, nel salto in alto?
“Blanka, molto semplicemente, è stata la più grande saltatrice in alto di ogni tempo. Purtroppo non si è mai messa al collo una medaglia d’oro olimpica per una serie di circostanze: nel 2000 era giovanissima, nel 2004 si piazzò, nel 2008 era nettamente la più forte ma si fermò al secondo posto dietro la belga Tia Hellebaut che fece la gara della vita, e nel 2012 era infortunata. Nel 2016, infine, è ancora riuscita a gareggiare e si prese una medaglia di bronzo. In carriera comunque vanta due titoli mondiali, un titolo europeo ed è stata la ragazza che è andata più vicina a togliere il record del mondo di 2,09 metri alla Kostadinova, risalente al 1987. Blanka, comunque, a mio modesto parere, resta la più grande. È anche una bellissima ragazza e poi in pedana era travolgente, tanto che le avversarie ogni tanto la giudicavano altezzosa. Lei non lo era ma appariva tale perché era la più forte. Per movenze era la Tamberi femminile di oggi. E tra l’altro è un vero e proprio idolo in Croazia. Di lei mi parlò benissimo Boban”.
Un bell'esempio in famiglia insomma...
“Certo. Nikola ha un talento per conto suo. In casa comunque ha un grande esempio di come ci si afferma nello sport. Ma Blanka e Nikola non sono gli unici sportivi della famiglia Vlasic. Anche loro padre Bosko è stato atleta di alto livello. Vinse nel 1983 con l’allora Jugoslavia i Giochi del Mediterraneo nella disciplina del Decathlon. Tra l’altro, e questo è un aneddoto curioso, quella manifestazione si tenne a Casablanca e siccome sua moglie era incinta, Bosko decise di chiamare la nascitura con un nome che ricordasse la località marocchina. Da qui il nome Blanka. Insomma, la famiglia Vlasic è dedita allo sport come poche e credo che Nikola non può che avere esempi positivi”.
Il suo libro L’importante è perdere sembra che richiami in qualche modo la storia del Torino. Il club granata ha in bacheca tanti trofei ma è stato anche falcidiato da parecchi episodi singolari. Tutto questo ha reso il Toro unico nel suo genere. Concorda se dico che è anticonformista e deve lottare per difendere la sua unicità per non diventare uguali agli altri?
“Concordo in pieno. Lo sport è cultura, è aggancio con la realtà sociale che si vive. Il Grande Torino è stato espressione dell’Italia del secondo dopoguerra quando si sperava di avere l’ispirazione per farcela e per risollevarsi. L’Italia era in macerie e si attaccò al Grande Torino, a Coppi, Bartali, Consolini. Il Toro ha tante vicende tragiche, da Superga a Meroni e Ferrini. Ha animato una parte che poi ha interessato la letteratura. È la squadra a cui vengono dedicati più libri ed è celebre in tutto il mondo per i valori che ha saputo trasmettere. Uno su tutti? Il valore del proprio settore giovanile che ha sfornato grandi calciatori; quella non era solo una scuola di calcio ma di vita. Spero che il Toro sappia mantenere saldi i propri valori. E spero che anche chi è vicino a questa squadra si ricordi che non sempre il risultato dice tutto. Il risultato è bello quando arriva ma ci sono valori superiori. Io potrei chiudere dicendo che vincere non è l’unica cosa che conta, così mi faccio nemica una fetta di tifosi della città di Torino. Vincere è importante ed è l’obiettivo, ma non conta soltanto vincere perché bisogna farlo in modo onesto, con fair-play e nel rispetto delle regole e dell’avversario. Se poi non si vince perché l’avversario è più forte, gli si stringe la mano”.
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