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interviste
di Roberto Maccario - Per il big match in programma lunedì sera all’Olimpico tra Torino e Verona, una sfida affascinante che profuma di serie A, abbiamo scelto un doppio ex con una storia molto particolare da...
di Roberto Maccario - Per il big match in programma lunedì sera all’Olimpico tra Torino e Verona, una sfida affascinante che profuma di serie A, abbiamo scelto un doppio ex con una storia molto particolare da raccontare: Domenico Volpati. Centrocampista difensivo, ha vestito la maglia granata per due stagioni a cavallo tra gli anni ’70 e ’80, prima di approdare per sei lunghi anni nel magico Verona scudettato targato Osvaldo Bagnoli.
In ogni caso lei può dire di aver realizzato entrambi i sogni che aveva da bambino.Si, anche se ho dovuto fare molti sacrifici: durante il campionato cercavo di dare gli esami meno corposi, tenendomi quelli più impegnativi per l’estate, che passavo regolarmente sui libri e mai al mare.
Nonostante la sua lontananza dai campi, segue ancora il calcio. Come vede il Toro di Ventura? Pensa che ce la possa fare?Credo di si, Ventura è un grande allenatore e il Toro è una squadra molto forte per la categoria; il mio unico interrogativo riguarda il prossimo anno: per restare in A bisogna avere una rosa competitiva, come il Siena e l’Atalanta e non come il Novara.
Anche il Verona di Mandorlini sta stupendo tutti…Ne sono molto contento, Mandorlo era un mio compagno di squadra nel Toro e ricordo ancora quando esordì in Coppa Uefa contro lo Stoccarda. Ha creato un grande gruppo ed ha la fortuna di essere sostenuto da un pubblico molto caloroso.
Parliamo ora della sua esperienza al Toro da calciatore.Quando indossi la maglia granata ti rimane il marchio per sempre, inoltre per me Torino è stata una tappa importantissima, quella dell’esordio nella massima serie. Sono stati due anni molto belli e, se devo dire la verità, all’inizio non mi sentivo pronto a giocare al fianco di tanti campioni: l’ossatura, seppure un po’ invecchiata, era quella dello scudetto di Gigi Radice e per me è stato un onore farne parte. Ho cercato di inserirmi e di fare del mio meglio per essere utile al gruppo e penso di esserci riuscito: insieme abbiamo conquistato un terzo posto e due finali di Coppa Italia.
Che ci dice invece dei sei anni nella città di Romeo e Giulietta?A Verona arrivai quasi per caso: reputavo il Toro l’apice della mia carriera e quindi chiesi di scendere in B, a Brescia, per essere più vicino a casa e finire meglio gli studi. Dopo una partita contro gli scaligeri Bagnoli, che mi aveva già allenato in precedenza, mi chiese di seguirlo perché aveva bisogno di uno con le mie caratteristiche. Inizialmente dissi di no, poi i miei amici mi convinsero e accettai: ci rimasi sei anni, sei splendidi anni dove raggiungemmo traguardi impensabili per una realtà di provincia: uno scudetto, una finale di Coppa Italia e la possibilità di giocare la Coppa dei Campioni. Per tutto questo Verona è diventata la mia città.
A proposito dello scudetto: alla vigilia eravate considerati forti ma non favoriti…E’ vero, ma dopo essere riusciti a conquistare la vetta nelle prime giornate non la lasciammo più. Alle nostre spalle c’era un ottimo Toro e devo ammettere che, nella nostra vittoria al Comunale, fummo anche un po’ fortunati.
Grazie Dottor Volpati e arrivederci.Grazie a voi.
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