Il Torino è terzo in Serie A per numero di legni colpiti (16, peggio solo Napoli e Bologna). Nella storia granata c’è stata una partita che più di ogni altra è stata segnata da pali e traverse, ovvero la finale di ritorno della Coppa Uefa 1991/1992: tre legni e successo finale dell’Ajax. Una traversa in quella memorabile finale fu colpita da Gianluca Sordo, prodotto del settore giovanile del Torino, società con la quale ha esordito ai massimi livelli, prima di trasferirsi al Milan. In qualità di doppio ex di Torino-Milan, Toro News in esclusiva vi propone le memorie e le considerazioni dell’ex centrocampista.
Esclusiva
Sordo a TN: “La traversa di Amsterdam mi fa ancora rosicare, quanta sfortuna”
In esclusiva su Toro News le parole dell’ex centrocampista che ha vestito le maglie di Torino e Milan, prossime avversarie in campionato
Buongiorno Gianluca, ci pensa ancora a quella trasversa?
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“Rimane l’emozione positiva del grande cammino fatto. Il gruppo era veramente meraviglioso. Ripensando a quella finale, invece, emergono soltanto pensieri negativi. Come spesso accade a questa società, siamo stati molto sfortunati negli episodi. Prendemmo addirittura tre pali nel match di ritorno. C’è solo da incazzarsi, scusate il francesismo, ripensando a quella serata”.
La guida era Emiliano Mondonico. Pochi giorni fa è stato ricordato per i quattro anni dalla sua scomparsa. Che allenatore è stato?
“Costruì un grande gruppo grazie alla società che acquistò giocatori importanti e fece crescere talenti cristallini, come Lentini. Eravamo un gruppo di giocatori grintosi e forti. Il mister ci mise del suo. Costruì un gruppo solido, di amici. Mondonico preparava benissimo le partite durante la settimana. Come allenatore non gli si può dire proprio nulla”.
Al Milan, invece, poche partite...
“Sì, diciamo che fu un’esperienza positiva e negativa allo stesso tempo. Positiva perché ebbi la fortuna di entrare in una squadra infarcita di campioni. Ho avuto, ad esempio, la fortuna di allenarmi e giocare con Roberto Baggio. Negativa perché trovai poco spazio. Probabilmente, con il senno del poi, a trent’anni di distanza, non ripeterei la scelta. Probabilmente la scelta migliore era rimanere in una piazza medio-alta come il Torino, senza andare in una big come il Milan. Forse sono stato mal consigliato, ma francamente a 24 anni la chiamata del Milan era difficile da declinare”.
Dal Torino-Milan di domenica sera cosa si attende?
“Mi attendo che il Torino metta in difficoltà anche il Milan. Ha già dato grattacapi all’Inter, alla Juventus e alle altre grandi. Il Milan non può più perdere punti per strada. Ormai siamo dentro la volata finale. Il Toro deve provare a ottenere il miglior piazzamento possibile in classifica perché il Toro è il Toro e non può navigare, quando va bene, tra il decimo e l’undicesimo posto in classifica. Il club granata merita di lottare sempre per l’Europa League, in primo luogo per il seguito che ha e per l’amore dei suoi tifosi. L’obiettivo dev’essere trovare più continuità e più costanza di rendimento”.
Il progetto Juric può dare questa continuità?
“Non conosco personalmente Juric, penso però che sia un allenatore che ben si adatta alla piazza del Torino. Si tratta di un tecnico grintoso che fa giocare meglio la squadra rispetto ad altri colleghi che si sono visti a Torino negli scorsi anni. Non basta Juric: serve una società che segua un progetto definito e provi a tenere i giocatori migliori. Solo così si può salire in classifica e solo così il Torino può consolidarsi dove merita”.
Si aspetta perciò qualcosa in più dalla presidenza Urbano Cairo?
“Secondo me, si devono accontentare altre piazze che non hanno fatto la storia del calcio italiano; non si può accontentare il Torino che ha un seguito straordinario. Non può adagiarsi. Qualcosa in più andava fatto. Non so se Cairo possa fare di più o poteva fare di più. Non è da scartare questa presidenza, ma è da migliorare perché si parla sempre di Torino Calcio e il Torino Calcio deve navigare più in alto”.
A chi non si può rinunciare nel Torino di domani?
“Io ripartirei da Belotti, senza mezzi termini, perché bisogna tenere i più forti. È l’esempio perfetto per chi deve vestire la maglia granata. Intorno a lui vanno messi centrocampisti validi, come sono quelli di questa stagione. E poi non si può rinunciare, se si vuole crescere, a Bremer. Credo sia già sul punto di partenza, ma tenerlo significherebbe elevare le aspettative del progetto”.
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