interviste

Un granata con il sombrero

Ermanno Eandi

Vive nell’urbe più caotica del mondo, Città del Messico, antica patria atzeca, oggi metropoli terribile, anche lì tra sombreri e tequilas vive un cuore granata, il suo nome è Alessandro...

"Vive nell’urbe più caotica del mondo, Città del Messico, antica patria atzeca, oggi metropoli terribile, anche lì tra sombreri e tequilas vive un cuore granata, il suo nome è Alessandro Torchio.Signor Torchio, cosa fa di bello in Messico?Sono di Torino e ci ho abitato fino a 18 anni. Giocai nel Moncalieri e nel Pertusa Millefonti, con mitici derby contro il Bacigalupo. Poi, mi sono trasferito in Messico, per studiare e lavorare. Attualmente abito a Città del Messico dove sono il general manager di un tour operator.Come è diventato granata?Sebbene sia nato geneticamente mezzo granata e mezzo juventino (la famiglia paterna è del Toro da generazioni, quella materna e’ gobba) e malgrado la parte bianconera fece sempre all’inizio maggiore pressione, la fede granata vinse tutto e tutti e ho seguito i passi di mio padre.Quali differenze ha riscontrato tra l'Italia e il Messico? Tantissime e pochissime. È un paese sempre a metà classifica, che rischia a volte di retrocedere, ma che potrebbe girare benissimo se solo entrasse in UEFA.Le manca l'Italia?La famiglia sicuramente, ma l’Italia come paese non tanto. Ricorda che emozioni le dava la Maratona?Rispondo con una domanda: che emozioni potrebbe sentire un bambino di 7, 8 anni, che viene portato dal padre in Maratona e a cui viene dato l’onore di slacciare uno degli ultimi nodi che legava il bandierone che avevamo al vecchio Comunale ai cartelli pubblicitari sopra di noi per farlo così cadere su tutta la curva? E stare sotto quel mare di tela granata? Ricordi indimenticabili. Come quelli da adolescente, un po’ più agitati e con fumogeni in mano, ma sempre gridando come pazzi con Rocco e Marco, inseparabili amici del Liceo.È difficile essere granata lì? Si, lo è, anche perchè in questi 15 anni in Messico, il Toro e’ stato più un incubo che un’illusione. Stando qui si e’ accesa anche un’altra passione, il River Plate. Adesso seguo i due miei amori e finalmente posso vedere in diretta un Toro degno della sua storia. Poi, con mio padre, analizziamo la partita via internet. Ha trovato degli amici per condividere la fede granata, esiste un Toro Club? Li ho trovati grazie a questo sito e ad un’intervista ad un altro granata in Messico, Giorgio Capirone. Non ci siamo ancora trovati per via degli orari delle partite (8 del mattino in Messico), ma sicuramente lo faremo presto, magari per il prossimo derby.Riesce a seguire il Toro in Tv? Si, grazie a ESPN che in America Latina ha i diritti per il calcio italiano. Se non trasmettono il Toro, diventa tutto più difficile. I suoi ricordi più belli e i suoi campioni preferiti?Senza dubbio quel Toro dei primi anni 90, con grandi campioni come Scifo, Martin Vazquez, Aguilera, Venturin e grandi guerrieri come Policano, Bruno, Cravero. Purtroppo arrivò a quella famigerata finale con l’Ajax. Io ero già in Messico e non venne trasmessa. La vidi un anno dopo, in videocassetta, e piansi. Se la rivedessi, piangerei di nuovo.Cosa pensa del Toro attuale? Mi sembra che Cairo, Novellino e Antonelli hanno iniziato a costruire una base interessante per il futuro, soprattutto con il rinnovo di Rosina. La cosa più importante è riportare ad alti livellii il settore giovanile.Un saluto dal Messico a tutti i lettori di ToroNews?Certo! Un carissimo saluto dalla citta’ piu’ grande del mondo dove due o tre auto su due milioni che circolano al giorno hanno il bollino del Toro sulla targa.Se volete contattare Alessandro Torchio,scrivete a: ultrariver@mac.com