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SANREMO, ITALY - MARCH 03: Willie Peyote is seen on stage at the 71th Sanremo Music Festival 2021 at Teatro Ariston on March 03, 2021 in Sanremo, Italy. (Photo by Jacopo M. Raule/Getty Images)
Da un po' di tempo il Torino non regalava ai suoi tifosi una soddisfazione vibrante come la vittoria in rimonta col Sassuolo, che ha risvegliato in molti l'orgoglio granata. In esclusiva a Toro News ne parla Willie Peyote, fresco vincitore del premio della critica “Mia Martini” al Festival di Sanremo con il brano Mai dire mai (La locura). L’illustre tifoso granata ha vissuto, come tutto il popolo del Torino, con grande trasporto emotivo la rimonta della squadra di Davide Nicola mercoledì contro il Sassuolo.
Willie, come ha accolto la rimonta di mercoledì contro il Sassuolo?
“Fino a metà secondo tempo nella chat con i miei amici aleggiava il pessimismo più totale. Alcuni si davano appuntamento al sabato in vista della prossima stagione in Serie B… Io personalmente non credevo nella rimonta e credo nessuno fosse ottimista ad un certo punto. Ma ero fermamente convinto, e lo sono a maggior ragione dopo l’altro ieri, nella salvezza del Toro. Non posso immaginare la retrocessione francamente. Per mercoledì un plauso particolare va fatto a Nicola e poi a tutta la squadra”.
Cosa ha fatto quando Zaza ha segnato il 3 a 2?
“Io ho un problema: guardo le partite in streaming su Sky o Dazn e dunque sono in leggera differita. Mi arrivano, perciò, prima le notifiche in chat e poi vedo effettivamente ciò che è successo. Avevo scoperto il 3 a 2 prima che lo vedessi. Ho potuto fare così non uno ma due salti sul divano”.
Cosa ha portato Nicola al Torino?
“Ha trasmesso calma. Io non sono calmo e quindi apprezzo chi lo è. È riuscito a non scomporsi mai, nemmeno nei momenti peggiori. Inoltre, contro il Sassuolo ha trasmesso la voglia di provarci. Ha effettuato le sostituzioni giuste e nei momenti corretti, infondendo coraggio alla squadra. Tutti i cambi sono stati fondamentali. Anche vedere Verdi e Zaza entrare con quell'atteggiamento lascia ben sperare”.
Zaza uomo della partita contro il Sassuolo: è anche questo un paradosso considerando quanto è stato ed è criticato dall’ambiente granata.
“Sì, hai ragione. È stato un paradosso, ma non dimentichiamoci che Zaza è l’uomo che si accende sul 2 a 0 per gli altri, come aveva già dimostrato a Benevento. Scherzi a parte, anch’io da tifoso non ho sempre ricevuto le giuste sensazioni da Zaza. Fuori dal campo, però, mi sembra un ragazzo veramente simpatico. D’altronde le espressioni che fa quando segna mi piacciono tantissimo. Come persona si merita la doppietta contro il Sassuolo ma non mi aspettavo potesse essere lui il salvatore della patria. Voglio rimarcare, però, il contributo di Verdi, un altro molto bistrattato negli ultimi due anni. L’altro ieri poi ho avuto conferma di una cosa, ovvero del valore di Gojak. Mi chiedo perché giochi così poco. E ancora un’altra considerazione”.
Prego.
“Contro il Sassuolo il Torino ha dimostrato di avere tanti cambi di qualità in grado di far svoltare la partita. Avere sostituzioni importanti nell’ultimo quarto d’ora di gara con cinque sostituzioni a disposizione potrà fare la differenza nella lotta per non retrocedere. Abbiamo finalmente una rosa un po’ più lunga e Nicola può permettersi il lusso di inserire Verdi, Zaza, Gojak, cambiare gli esterni, invertirli e magari modificare per ben tre volte il modulo”.
Rosa più lunga grazie agli arrivi di Sanabria e Mandragora. Con due acquisti di questa portata in estate poteva essere differente il matrimonio tra Giampaolo e il Torino?
“Sicuramente sì. Con altri addendi sarebbe cambiato il risultato. Credo che Giampaolo abbia avuto molta sfiga. La rosa aveva ancora delle scorie mentali derivanti dalla stagione precedente da smaltire. Lui probabilmente non è stato abile a lavorare sulla mente dei giocatori, a differenza di quanto sta facendo Nicola. Il gruppo non sembrava così coeso come è oggi: forse, più che gli arrivi di Sanabria e Mandragora, è questa la principale diversità tra la gestione Giampaolo e quella Nicola. Su Giampaolo, però, aggiungo che la scelta è stata sbagliata a monte. Non si può prendere un allenatore con idee così peculiari e dargli in mano una rosa che non ha quel tipo di impianto di gioco. Giampaolo non avrebbe mai voluto giocare con Zaza e Belotti in attacco. Certo, un Mandragora davanti alla difesa con Rincon mezz’ala penso che non l’avrebbe disprezzato. Ecco, sono fermamente convinto che continuare a far passare la notizia che sia stato Giampaolo a voler Rincon play non è giusto nei confronti dell’allenatore abruzzese. Non ci credo ancora oggi che Giampaolo abbia detto in società che andava bene Rincon play se non fosse arrivato Torreira”.
Scelte sbagliate a monte dalla società. È sensata la contestazione nei confronti del presidente Urbano Cairo?
“Per me è giustificata. Se sei presidente di una squadra e hai gran parte della tifoseria contro devi farti due domande, non devi pensare in modo presuntuoso che ce l’abbiano con te a prescindere. Cairo ha un problema comunicativo e dirlo ad uno che lavora nell’ambito comunicativo è paradossale. L’atteggiamento di Cairo non si conforma il più delle volte con quello che vorrebbero i tifosi. Ci mette la faccia raramente e quando la mette si fa più i complimenti, prendendosi poche responsabilità. Insomma deve cambiare il suo modo di comunicare, solo così si potrebbe ricucire lo strappo. Quello che fa male ai tifosi è probabilmente notare che il presidente non sembra disposto a cambiare il suo modo di fare, va dritto per la sua strada a prescindere e non si preoccupa veramente dei tifosi, non volendo realmente ricucire con loro. Non dico che Cairo ha sbagliato tutto nella sua gestione, ma sicuramente ha peccato clamorosamente nella comunicazione. È uno che si presenta come un accentratore, poi in una stagione nata male come questa non si assume a dovere le sue responsabilità”.
Per salvarsi bisogna riprendere Spezia e Benevento e allargare il cerchio?
“Sì, ed è strano parlare di Spezia e Benevento impegnate per non retrocedere, perché apparivano fino a poco fa come le due sorprese del torneo insieme a Verona e Sassuolo. Questo dimostra che è un campionato strano nel quale tutto può accadere. D’altronde le rose di Torino, Parma e Cagliari sulla carta non sono da ultimissimi posti della classifica. Non credo che nemmeno Genoa o Bologna siano tranquillissime, perché ci vuole veramente poco a tornare giù”.
Questo campionato è un po’ come il televoto al Festival di Sanremo…
“Sì, ma lì è più "scritto" il copione. Prima della finale ero secondo ma ero certo del fatto che con il televoto la classifica sarebbe cambiata perché a quel punto scendono in campo i tifosi e chi ne ha di più vince”.
Quella di Sanremo è stata un’esperienza comunque che va in archivio positivamente, presumo.
“Assolutamente sì, è stata formativa e probante. L’ho vissuta con leggerezza, ma è evidente che quel palco ti mette grande responsabilità. Il pubblico è gigantesco di fronte a te anche se non c'è. Mi porto a casa tanti insegnamenti e il premio a cui ambivo di più. Vedere il mio nome nella lista di chi l’ha vinto è una grande soddisfazione”.
Per concludere torniamo a mercoledì: quando ha iniziato a crederci?
"“Quando Sirigu ha fatto quella parata su Obiang. Lì ho capito che avremmo vinto perché quella stessa palla sarebbe entrata in qualsiasi altro momento del campionato. Sarebbe stato un tiro che ci avrebbe tagliato le gambe. Ma la cosa più divertente è un’altra. In tanti sullo 0 a 2 hanno smesso di seguire la partita e dopo qualche ora hanno letto 3 a 2, chiedendosi come fosse successo. Mi ha ricordato un episodio simile capitato in quel famoso Torino-Genoa con gol di Cerci al 93’. Anche in quel caso in tanti avevano lasciato lo stadio. Ma chi è del Toro, per una questione identitaria, non deve mai abbandonare la barca prima del tempo”.
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