mondo granata

29/05

29/05 - immagine 1
di Mauro Saglietti
Redazione Toro News

C'è un posto nel mondo dove un signore sulla quarantina, che quando parla strascica la lingua, bacia il suo piccolo, prima di mettersi a letto.Poi chiude gli occhi e la sua mente vaga ad un tempo lontano.Forse ogni tanto ricorda gli anni della sua gioventù. E chi è stato veramente.

 

La foto che vedete fece il giro del mondo.E’ uno scatto terrificante, perché privato dei suoni e delle grida di quegli istanti, reso un frammento di morte piatto e devastante.Volti di persone che gridano, che implorano aiuto con gli occhi.I più fortunati stanno lottando per sopravvivere.Gli altri, probabilmente, sono già rimasti sotto.Poche cose sono state così angoscianti e assurde.Le immagini disponibili su Youtube sono frammentarie ma terribili.Un tifoso inveisce contro un poliziotto, in italiano.- Gli inglesi sono dei bastardi, dovevate fare qualcosa… è pieno di morti lassù…L’altro fa qualche gesto di circostanza.L’ignoranza uccide.

 

Perché noi?Non eravamo allo stadio, ovviamente. Non eravamo per le strade.Ma ne fummo testimoni silenziosi, nell’incredulità, di fronte alla tv.Forse più di tanti altri, vivemmo quelle ore di dramma.Questo è il nostro ricordo, il più possibile scevro di retorica, non solo di quella sera maledetta, ma anche dei giorni che seguirono.

 

Cominciamo dalle cose sgradevoli, quelle fanno inorridire molti e che escono dal politically correct.Quella sera avevo al collo la sciarpa del Liverpool.Potrei sorvolare o tacere, ma non sarebbe corretto.Certo, col senno di poi nessuno l’avrebbe mai acquistata e di sicuro non la indossai mai più dopo quelle ore.Ma si sa, a cose fatte, siamo tutti fenomeni ed il web è pieno di profeti dell’ovvio e della saggezza a posteriori.Tuttavia questo non è il posto della retorica a buon mercato che soddisfa tutti come una nenia, ma suona falsa come una patacca da un euro e mezzo.Queste sono i fatti, così come si svolsero.

 

Sì, noi compagni di classe, o comunque componenti del nostro gruppo di tifosi granata ci eravamo recati in tanti alla bottega di Perona per acquistarne in blocco.Lo avevamo fatto l’anno prima col Porto e due anni prima con l’Amburgo e faceva parte della rivalità che ci vedeva opposti in quegli anni.I gobbi della nostra classe si erano avvicinati alla finale di Coppa Campioni del 1985 con il Liverpool con la sicurezza di vincerla.E sotto sotto anche noi sentivamo che probabilmente e purtroppo, ce l’avrebbero fatta.Anche per la legge dei grandi numeri, non potevano perdere in eterno e regalarci altre nottate indimenticabili come quella di Atene.Il Liverpool inoltre era il detentore, dopo la rocambolesca vittoria a Roma contro i giallorossi, del 1984. Ben difficile che si ripetessero.Insomma, rivalità, odio sportivo o quello che volete.Nessuno mi venga a tirare fuori la solita storia della “squadra italiana” per la quale bisogna tifare e compagnia cantante. Poche balle. Fosse stato anche la Dinamo Mentone, avremmo sempre tifato contro i gobbi.

 

Sembra una storia come tante altre, come mille altri sfottò di quegli anni.Ma questa è una storia che cambia.Improvvisamente, come la lama di una ghigliottina, arriva il gelo improvviso che mozza i sorrisi.La vita stessa cambia e se sei fortunato, ti limiti a proseguirla ignaro accendendo il tasto ON del tuo televisore, una volta ultimata la cena, per gufare.Se invece non sei tra i fortunati, tutto è già compiuto.

 

29/05La tragedia si è messa in moto la sera prima, in modo inesorabile e la morte sta cominciando a tessere una tela beffarda.La sera prima.In quel momento, forse un papà di 44 anni e la sua figliola di 17 probabilmente sono ancora in Italia e stanno fantasticando sul viaggio del giorno seguente.Un signore belga sta osservando il biglietto per il suo settore ed è contento di poter assistere a una finale di coppa dei Campioni. Probabilmente ne parla anche alla moglie con noncuranza.Un tifoso inglese, che strascica la lingua quando parla, sta ridendo e facendo battute con gli amici, sicuro e spavaldo.In quelle ore alcuni tifosi del Liverpool cominciano a dare in escandescenze la sera prima, nel centro di Bruxelles.Tutti hanno un appuntamento.Anche noi corriamo col pensiero a quella che sarà la sera dopo.Diamo un’occhiata distratta al tasto rosso ON del telecomando.Anche lui fa parte di quello che sarà l’appuntamento.Sembrano le solite storie, quantomeno stupide ma potenzialmente esplosive.In quegli anni tutti sanno che con gli inglesi c’è poco da scherzare.Quasi tutti, come vedremo.

 

Questo pezzo non vuole essere la colpevolizzazione di una nazione, ma una raccolta di fatti.Mia madre un giorno mi disse che, durante un viaggio dall’Inghilterra alla Francia, era rimasta stravolta dal cambiamento di alcuni ragazzi inglesi, che, una volta saliti sul Ferry, avevano abbandonato il loro aplomb per lasciarsi andare al teppismo.Per molti di loro era cosìErano assai self-controlled in patria e appena ne varcavano i confini lasciavano andare i freni inibitori.Ubriachi o meno è un dettaglio.L’ignoranza uccide ben prima dell’alcool.

 

29/05Nel pomeriggio un tifoso del Liverpool viene ucciso nel centro di Bruxelles da una coltellata di alcuni tifosi italiani.Si è spegnerà ben presto il ricordo di questo tifoso, dopo quanto accadrà in serata.La madre dopo qualche giorno dira che “non c’è nessuno che pianga per lui”.E’ la quarantesima vittima di quella follia, ma in realtà è la prima. C’è un morto, ma nessuno ha il tempo di venirlo a sapere.Non lo sappiamo noiNon lo sanno il papà e la ragazzina di 17 anni, probabilmente non lo sa neanche l’uomo belga. E forse neppure lo spavaldo ragazzetto dai capelli corti e dalla pronuncia strascicata.E’ una giornata di sole e tutti stanno convergendo, ignari, verso un luogo di morte beffardo.

 

Non so se fu questo a scatenare la furia bestiale dei tifosi del Liverpool, né questo servirebbe a spiegare, tanto meno a giustificare l’idiozia omicida.Non c’erano telefonini, dubito che ci sia stato un passaparola che abbia fatto il giro della tifoseria, e nessuno dei (pochi) inglesi che sono stati indagati, ne ha mai fatto menzione come vigliacca giustificazione.Proprio non lo so.Come detto, la storia parla di ignoranza generalizzata e sarebbe stupido razionalizzarla.Un'ignoranza che uccide e che sta confluendo verso le 19:15.

 

29/05Il tasto ON del televisore ha atteso pazientemente di far parte di quell’appuntamento.Quanto accendiamo la televisione, sono le 20:15.Ma non ci sono né il papà con la ragazzina, né l’uomo belga.Non ci sono più.I loro corpi sono disposti su delle transenne che fungono da barelle improvvisate, mentre, all’insegna dell’improvvisazione, si stanno montando delle tende da campo per accogliere i cadaveri.Il ragazzo inglese che parla in modo strascicato, osserva, qualche decina di metri più in là, dopo aver fatto parte di una carica.Lui si è presentato all’appuntamento con la ragazzina. L’ha anche guardata negli occhi, prima che lei scomparisse tra i flutti di un mare che la inghiottiva.Anche il ragazzo inglese annegherà. Ma nell’anonimato, confuso tra altri come lui.Tra simili ci si nasconde a vicenda.Sono le 20:15.La lama della ghigliottina scende.Anzi, è già scesa. Un’ora prima.

 

29/05Il dramma è già compiuto, ma impieghiamo qualche minuto, sia a capire la meccanica della situazione, sia a renderci conto della gravità di quanto è successo.La voce di Pizzul non lascia spazio a dubbi.Sul video vanno in onda immagini di tafferugli.Una curva in primo piano.Gente che corre da destra a sinistra. Tifosi del Liverpool, anche se tutto è confuso.Una carica all’interno della curva stessa.Qualcosa non quadra. L’orologio sul tabellone indica le 19:15.E’ la registrazione della tragedia.Il povero Pizzul parla di scontri gravi. Dice che “purtroppo sembra ci siano dei morti”.

 

29/05Il gelo prende la forma della voce del telecronista friulano.Verrà ampiamente e ingiustamente criticato quella sera, forse perché costretto a snocciolare le cifre sempre più impressionanti dei morti che aumentavano.Mi chiedo veramente che cosa avrebbe dovuto fare, da solo, nella cabina di trasmissione.Proprio in quei momenti, mentre milioni di persone cercavano di capire incredule, tante altre stavano cercando soccorso. Chi negli spogliatoi.Chi nei dintorni dello stadio alla vana ricerca di un telefono o di una porta che si aprisse.Chi negli ospedali, alla ricerca di un parente.Chi chino su di un amico o un parente che non respirava più.

 

Le origini della tragedia dello stadio Heysel hanno origini varie, tutte però fanno capo all’imbecillità e all’ignoranza.Ignoranza nel far disputare una finale europea in uno stadio che tutti i testimoni hanno definito concordi “fatiscente”. Lo dico per i più giovani, scordiamoci i seggiolini, i tornelli, le telecamere, le vie di fuga.Immaginate uno stadio vecchio, decisamente vecchio.Con un livello di manutenzione pressoché nulla.Due tribune coperte, l’una di fronte all’altra.Gradini bassi e, specialmente nelle curve, sporcizia, calcinacci, ciottoli e pezzi di legno, muri marci e trasudanti umidità.Cantieri a cielo aperto nelle vicinanze dello stadio stesso, dove gli assassini poterono riempirsi le tasche di pietre da utilizzare come proiettili.Poterono entrare ed uscire liberamente arrampicandosi su di un gabbiotto.

 

Immaginate uno stadio che non è un anello circolare completo. Ci sono spazi tra le tribune e le curve.Ogni curva dello stadio è divisa in tre sottosettori. In quella a destra della tribuna, vengono venduti i biglietti per 2/3 biglietti alla tifoseria organizzata bianconera.Il terzo settore, quello più vicino alla tribuna, è a disposizione dei tifosi belgi.Ma la fame di biglietti in Italia è tanta.Questi tagliandi pendono presto la strada dei bagarini e delle agenzie di viaggio.Come risultato, la curva alla destra della tribuna è completamente ad appannaggio dei sostenitori juventini.Nella curva opposta, viene fatto lo stesso ragionamento becero.Quello del settore con i biglietti per i tifosi belgi.Questa superficialità sarà causa fondamentale della tragedia.

 

Per due terzi i settori vengono assegnati ai “sostenitori” del Liverpool.I biglietti del settore di sinistra più vicini alla tribuna, quello Z, fanno la stessa fine del corrispondente settore a destra della tribuna.Stessa strada, bagarini e agenzie di viaggio italiane.Famiglie insomma, tifoseria non organizzata.Il risultato è quello di avere una curva occupata per 2/3 da tifosi del Liverpool e per 1/3 da bianconeri e qualche tifoso neutrale.In mezzo, una rete metallica.Con sei (!) poliziotti in mezzo. Qualcuno disse tre.Dopo tanti anni ancora non riesco a comprendere quale mente idiota possa aver concepito un’imbecillità tale.E’ la storia del settore Z.

 

La sequenza del dramma si consuma in pochissimi minuti.La genesi? Qualcuno parlò qualche coro di sfottò reciproco tra le due tifoserie..Qualche imbecille che provoca e scalda gli animi si trova sempre, in questi casi.Ma in tanti parlarono di lancio di oggetti, legni e mattoni da parte dei Reds.

 

I tifosi del Liverpool impiegano diversi minuti ad abbattere le due reti.Nessuno fa niente, nessuno interviene.I poliziotti si dileguano.I Reds attaccano, non solo fisicamente.Lo fanno anche con cinghie, con bottiglie spezzate. Forse con altro.Volano pietre e ciottoli. Fuori dalla curva c’è un cantiere aperto, come detto.Negli attimi della tragedia, è un continuo andare a rifornirsi di proiettili da parte dei tifosi del Liverpool.Partono diverse ondate.

 

Tutto è in un attimo.La gente è presa dal panico, scappaLa curva Z si comprime lungo l’estremità, lungo la faglia delimitata da un muro.A poco servono le barriere anticompressione (simili a quelle presenti al vecchio Comunale).La striscia umana della curva Z si riduce in maniera impressionante.

 

Devono essere istanti terrificanti.Forse descrivibili soltanto dalla parola “inferno”.I corpi si comprimono, si sollevano, qualcuno perde le scarpe.Ci si chiama tra amici o familiari, si crea un’onda.Qualcuno affonda tra i suoi flutti maledetti.E nessuno fa niente per aiutare quella gente.

 

Per assurdo molti di coloro che cercano scampo nella zona superiore della curva, quella che all’apparenza sembra chiusa ad ogni via di fuga, avranno la vita salva.Molti si arrampicano su quel muretto, rischiando di precipitare in basso.Chi scavalca e si affaccia sul campo viene preso a manganellate dai solerti poliziotti belgi, che probabilmente non hanno capito ancora niente oggi di quella tragedia.Il muro non riesce più a contenere la spinta.Crolla.Ma crolla nella zona inferiore, quella vicina al campo, dove la stragrande maggioranza della gente sta spingendo disperata.Il muro crolla e la gente cade, si inclina in uno spaventoso effetto domino.In molti rimangono sotto.Senza più appiglio e sostegno, la gente viene calpestata dalla folla che preme da dietro e che cerca quasi di nuotare verso lo spiraglio che si è aperto.Sono i momenti della tragedia.

 

29/05Siamo davanti al televisore.Le parole di Pizzul combattono una battaglia terribile.Fuori dallo stadio i morti vengono accatastati sulle transenne.Ambulanze vanno e vengono.Qualcuno respira ancora, si tenta ancora un massaggio cardiaco.C’è anche chi chiede un prete con un filo di voce.

 

Negli altri settori dello stadio non si è avuta la percezione chiara della tragedia. Sì è capito che stavano scoppiando tafferugli, si è vista la curva Z rimpicciolirsi e ora si vede il terreno pieno di gente che è riuscita a scappare dalla trappola mortale.Ma nessuno capisce veramente.Poi la notizia dei morti comincia a circolare in tribunaCi sono feriti che vanno e vengono. Cercano un aiuto che non trovano.Entrano negli spogliatoi, questo è stato ricostruito con chiarezza.I minuti passano nel caos.Nell’altra curva, quella a destra, scoppiano altri tafferugli. Forse qualcuno che è scappato dalla parte opposta, ha raggiunto gli altri sostenitori ed ha parlato.Tutto confuso, tutto difficile.I bianconeri invadono il campo, tentano una carica verso l’altra curva.I minuti passano ancora, il numero dei morti aumenta.Dalla curva alla destra, quella dei bianconeri, entra in campo un numero di ragazzi, che srotola uno striscione: REDS ANIMALS.Bella roba, ci voleva proprio.

 

Qualcuno ha tentato negli anni di camuffare quell’ennesimo gesto d’ignoranza, dicendo che lo striscione era una risposta per quanto capitato.Balle. Uno striscione enorme non si prepara in venti minuti.Girovagando per Youtube, mentre preparavo questo articolo, ho trovato l’agghiacciante risposta.Durante una trasmissione di commemorazione, nella quale parlavano testimoni oculari della vicenda, un signore sulla quarantina, si vantava del fatto che “eravamo stati lungimiranti a fare quello striscione”, alla luce di quello che è successo.Non solo. Esponeva pure la sciarpa che indossava quel 29/05, e che doveva essere stata prodotta in quantità industriale: c’era scritto REDS ANIMALS.Bravo, 7+. Vantatene ancora.Hai proprio capito tutto, anche a distanza di anni.

 

Cala la sera sul 29/05Il pubblico fischia, ulula, non si sa bene cosa stia capitando.I giocatori juventini entrano in campo per placare la propria curva.Nell’esaltazione generale vengono quasi travolti.Frattanto molte persone disperate si rivolgono ai giornalisti della tribuna.Porgono bigliettini, li supplicano di telefonare a casa per dire che stanno bene.Enrico Ameri, alla radio, lascerà parlare molti di loro.Pizzul non se la sentirà, per non creare ulteriore panico.Poi la notizia assurda, allucinante.La partita si giocherà.Le notizie ufficiali dicono che l’UEFA e le forze dell’ordine, in una riunione grottesca e surreale, abbiano spinto per quella soluzione per evitare ulteriori scontri.La televisione tedesca stacca il collegamento. Quella austriaca manderà in onda le immagini senza cronaca.

 

Sono le 21:30 del 29/05Sappiamo quasi tutto della partita.Ricordiamo tutti il rigore fischiato a Boniek ben oltre il limitare dell’area.Platini salta ed esulta come un pazzo.Fuori ci sono 39 morti.Al 90’ c’è l’intervento di Bonini in area su Williams senza che nessun giocatore del Liverpool protesti.Tutto sommato sono cose sulle quali si sarebbe potuto volentieri sorvolare.Già.

 

Se non fossero state valorizzate.E allora lì, nello spettatore, che sarà anche un tifoso di parte avversa, ma è anche e soprattutto un uomo, scatta la molla, che fa mutare la rabbia in vergogna.A valorizzare quella che doveva essere una coppa da non assegnare, arriva la folle esultanza di Platini, i giocatori che fanno il giro di campo con la Coppa in mano, come se non fosse successo niente.Un tentativo balordo e viscido di legittimare una vittoria a tutti i costi.Anche in questo caso le testimonianze sono contraddittorie.Qualche giocatore continua ancora oggi ad asserire che nessuno sapesse niente. Altri invece affermano che la coppa fu consegnata negli spogliatoi e che un funzionario UEFA ordinò loro di rientrare in campo a festeggiare, per evitare ulteriori disordini.Davvero nessuno sapeva?Ci sono voluti 20 anni per rompere il muro di omertà, come vedremo.

 

29/05La lama della ghigliottina continua a recidere tutto col gelo.Non mi sono mosso di un millimetro dalle 20:15, credo di avere ancora il pollice sul tasto ON.La sciarpa non c’è più. Mi illudo di non averla mai comprata.Mi chiedo come stiano abbiano fatto i ragazzi della scuola che sapevo essere partiti per Bruxelles.Mi alzo con gli occhi ancora al video e comincio a fare telefonate.In tv stanno festeggiando. Forse non sanno… Ci sono dei rumori. Vengono dalla strada…

 

A Torino invece, la “gente” sa eccome. Eppure scende in piazza a festeggiare.Incredibilmente.Noi facevamo il giro di telefonate, e gli altri, gli imbecilli, suonavano il clacson.Dovevano festeggiare!Il sindaco Cardetti, scomparso recentemente, si trova in quei minuti a transitare per le vie del centro con la sua vettura. Rimane bloccato.Non sono dieci o cento. Sono migliaia.Avrà parole durissime per la città e per quello che ha visto.Probabilmente sono i padri di chi oggi va a festeggiare e fare “po po po po po po po” per qualsiasi vittoria.Basta festeggiare, basta fare casino, qualsiasi sia il mezzo.Si vanteranno a lungo di quella coppa.Solo noi… solo noi… tutte le coppe le abbiamo noi…Ricordate?Orrore, ignoranza e vergogna.

 

Il 29/05 è passato.Il culmine viene raggiunto il giorno seguente.La squadra bianconera arriva a Caselle.Ora tutti sanno, non c’è più spazio per le scuse.La porta dell’aereo si apre.I giocatori si affacciano e innalzano la coppa al cielo.Franco Costa intervista Platini sulla pista.Gli chiede un commento su quello che hanno provato per la disgrazia.L’altro sbuffa.Costa gli risponde secco – Insomma…ci sono stati dei morti…!

 

Per quanto molti giornali avessero tentato di tenere nascosto l’accaduto, l’esposizione della Coppa, scatenò sia la reazione di Candido Cannavò, con un editoriale di fuoco, e soprattutto di Forattini, che pubblicò il giorno seguente, non ricordo se su La Stampa o su Repubblica quella che ritengo la vignetta più bella e tremendamente amara della sua carriera:Quella di uno scheletro che solleva la Coppa dei Campioni.

 

Qualcosa non quadra e non è mai quadrato.Le testimonianze contraddittorie dei giocatori sono crollate dopo oltre vent’anni.Parte della verità è venuta fuori dal muro, anche quello pieno di crepe, della verità ufficiale.I giocatori hanno sempre affermato di non aver saputo niente di quello che era successo sugli spalti.Paolo Rossi, Trapattoni e Tardelli e altri hanno sempre negato, in maniera molto goffa.Tardelli ha affermato che “i dirigenti avevano loro detto di rimanere concentrati”Soltanto un giocatore ha avuto il coraggio di dire la verità.Di dire che, sì, loro sapevano tutto.Stefano Tacconi.Tardelli invece, durante la registrazione della puntata de “La storia siamo noi” dedicata alla tragedia, ha ripetutamente chiesto scusa per i festeggiamenti a fine partita.Perché mentire dunque?Per giustificare l’impegno agonistico?Per quale motivo?Il sospetto strisciante, portato da queste contraddizioni è che “qualcuno” quella sera non solo volesse giocare a tutti i costi.Ma anche vincere a tutti i costi.Ripeto, nessuno avrebbe avuto nulla da obiettare su quello che era successo in campo.Ma la glorificazione di quel trofeo è un qualcosa che ancora oggi mi ripugna e mi fa ribollire il sangue.

 

Da più parti quasi si supplicò la juventus di riconsegnare quella coppa.Lo stesso Gianni Agnelli, tuttavia, in un’intervista per il “Processo del lunedì” disse a chiare lettere che il trofeo che non sarebbe stato riconsegnato.Ma le polemiche non investirono solo i bianconeri.Le autorità belghe furono violentemente accusate di essere state approssimative e superficiali nell’organizzazione dell’evento.Ricordo un violento battibecco avente come protagonista Mario Pastore, giornalista del TG2, che inveiva senza mezzi termini contro il ministro degli interni belga, il quale continuava a ripetere, come una macchinetta che “tutte le misure cautelative erano state prese”.Soltanto dopo anni si venne a sapere che l’autopsia venne eseguita sulle vittime senza ricucirle e che le vittime stesse vennero private dei loro effetti personali.Orrore, ignoranza, vergogna.Infamia.

 

Quasi nessuno pagò per quanto successe.Nel 1989 14 tifosi del Liverpool vennero condannati a 5 anni di reclusione, molti altri furono assolti. Le squadre inglesi restarono fuori dalle coppe fino al 1990, mentre la juventus fu costretta a giocare a porte chiuse le prime due partite della coppa dei campioni 1986.L’UEFA venne ritenuta corresponsabile, ci furono risarcimenti minimi e la strage dell’Heysel, nonostante il costituirsi di un comitato delle vittime, fu quasi bandita dai ricordi delle organizzazioni ufficiali.

 

Oggi lo stadio Heysel non è più neanche lontanamente riconoscibile.Le curve sono state abbattute e ricostruite, quella che era la curva Z, è un fiorire di seggiolini e vie di fuga e solo la faglia con la tribuna ricorda quello che fu il luogo di una serata di morte.Quella tragedia trasformò gli stadi. Da quel giorno, e soprattutto dopo la tragedia di Hillsborough del 1989, dove persero la vita proprio 96 fans del Liverpool, si presero misure per evitare il ripetersi di simili assembramenti.Gli stadi asettici che conosciamo oggi cominciarono a trasformarsi dopo quei giorni di morte.

 

Il sito del Liverpool, menziona la tragedia, e parla del “punto più basso” della storia della società inglese. Ma fa molta attenzione a descrivere la morte degli italiani come “dovuta alla loro fuga”.Ho già utilizzato il termine “ignoranza” troppe volte.

 

Da qualche parte, forse sparsi per il mondo, forse ancora a Liverpool ci sono degli assassini che non hanno mai pagato.C’è un signore che strascica la lingua quando parla.Prima di dormire bacia il suo bimbo, poi chiude gli occhi.La sua mente vaga ad un tempo della gioventù e forse ricorda chi è stato.Un assassino? Forse è troppo ignorante per essersi mai accorto di esserlo.

 

Perché noi? Perché qui?Non eravamo allo stadio, ovviamente. Non eravamo per le strade.Ma ne fummo testimoni silenziosi.Cosa scatenò in noi tifosi del Toro la tragedia dell’Heysel?Rabbia incredula, credo di poter dire.Un’ondata di orrore e rabbia.Rabbia che si tramutò in disgusto, per la città infecciata non dalle bandiere coi colori che non sopportavamo, ma dall'ignoranza di chi le stava sventolando, che non aveva rispetto di 39 persone raccolte in una tenda, fuori da uno stadio. Non ho mai sopportato le canzoni sullo stadio Heysel, allo stesso modo dei tanti cori vili su Superga, per i quali nessuno si era mai scandalizzato prima di quel 1985. Non potrò mai capire quali siano i motivi per cui una persona decida di tifare juve e anche questa non è una novità. Ma non potrà mai dimenticare la sensazione di quella lama gelata e la rabbia per quei morti. Morti che hanno avuto una giustizia alla Ridolini. Sia fatto silenzio, visto che la giustizia sembra non essere di questo mondo. Una preghiera sincera per loro. Mauro Saglietti