mondo granata

81 specchi neri

Redazione Toro News
di Mauro Saglietti

Riassunto puntate precedenti. Il narratore è un uomo di circa 33 anni, ossessionato da un’immagine della sua infanzia, il cui volto è stato devastato da un incidente d’auto nel 1988 in Germania, che gli ha causato la perdita della memoria e l’assenza totale di emozioni verso la sua famiglia, composta dal padre Ufficiale dell’aeronautica, da un’anonima sorella e da un fratello più vecchio, pilota alla base di Grosseto.In seguito agli avvenimenti che si scatenano con il ritrovamento casuale di una cassetta di sicurezza intestata alla famiglia, il protagonista viene a scoprire di non essere mai stato coinvolto in nessun incidente stradale e di non esser chi gli è stato detto di essere.La sua identità, alla quale risale grazie ad alcuni rullini ritrovati in precedenza dentro la cassetta di sicurezza, ha a che fare con l’incidente di Ramstein del 28 agosto 1988 delle Frecce Tricolori, in seguito al quale ha perso la sorella ed è rimasto sfigurato.Le persone che vengono coinvolte nella sua vicenda, muoiono misteriosamente, come il suo amico Bert, col quale aveva condiviso le preoccupazioni.Trovatosi travolto dagli eventi, il protagonista scappa e si rifugia nella Francia del Sud, dove conduce esistenza ritirata ed impaurita, fino al giorno in cui non vede il suo finto padre, aggirarsi per la cittadina dove vive, alla sua ricerca.Il protagonista, che sta lentamente recuperando la memoria decide di tornare in Italia per far luce sul proprio passato, ma non trova la tomba del vero padre.Ma sul treno che lo sta riportando in patria, Nadine, una ragazza che dichiarerà di far parte dei Servizi Francesi, lo fa scendere dal treno e lo tiene nascosto per qualche mese, sapendo che egli, inconsciamente, custodisce qualcosa di molto prezioso.Quando i due decidono di tornare in Italia, cominciano ad indagare sulla sorella del protagonista.E scoprono che era ossessionata dal caso Ustica.Una sera, in un bar di Roma, il protagonista leggendo la lista dei passeggeri del volo IH-870, improvvisamente ammutolisce.E capisce il significato dell’immagine che lo sta tormentando da tanto tempo.

 

Terza ed ultima puntata.

Piove su di me.Acqua che lava via l’involucro della menzogna e rende chiare le cose.Anche Nadine è uscita dal locale. Mi guarda, ma non capisce dove finisca la pioggia ed abbiano inizio le lacrime.L’immagine che mi ha perseguitato per tutta la vita è chiara di fronte a me, nitida.Ora capisco tutto, ricordo tutto.Mio Dio.

 

Avevo quattro anni, da pochi giorni era scoppiata l’estate del 1980.Ci trovavamo da poco in vacanza sull’Adriatico. Tutti e 4.Io, mia sorella, mia mamma. E mio papà.Una telefonata ci aveva raggiunti all’Hotel.Mio padre era un ingegnere ed era richiesta la sua presenza a Catania per il giorno seguente per effettuare una riparazione urgente su di un impianto.Avevamo accolto con delusione la notizia, erano così pochi i momenti nei quali potevamo stare con lui.L’aeroporto più vicino era quello di Bologna, la mamma ci aveva accompagnato e lui aveva trovato un biglietto sul primo volo disponibile, il giorno seguente.Avevo insistito per partire con lui, non volevo che andasse via.- Un’altra volta, piccolo – mi aveva sollevato con le sue braccia forti.Lo avevamo accompagnato all’aeroporto il giorno seguente e io avevo insistito per salire con lui.- Domani sera sarò già qui e dopodomani faremo tanti bagni insieme.Mi aveva salutato con un bacio.Ricordo l’aereo sulla pista, pochi minuti prima che rullasse.Io volevo salire a bordo, superare quella balconata e stare ancora cinque minuti con lui.Poi alle 20:08, l’aereo era decollato e se l’era portato via.

 

Ecco l’immagine che mi ha angosciato la vita.Mio padre morì nella strage di Ustica.Il mare non restituì mai il suo corpo.Non abbiamo mai avuto un corpo da piangere.

 

Forse ha smesso di piovere, forse sono soltanto più lacrime.Per la prima volta intravedo un barlume di umanità in fondo agli occhi di Nadine.Vorrebbe mettermi una mano sulla spalla, ma i suoi doveri sono più forti.- Tu lo sapevi, vero? – le chiedo.Scuote la testa. – lo immaginavo… Cammino all’indietro, qualche passo.Mi metto a correre, via, lontano da quel posto nella notte.Sento che mi chiama ad alta voce.- Dove vai...? Torna qui… Dove vuoi andare?Ma io corro, lontano, nella pioggia.

 

Vago tutta la notte, le immagini della mia vita si accavallano. Vago per chilometri e chilometri, verso il centro di Roma. E’ venerdì sera e la gente fa festa, nonostante la pioggia a dirotto. Cammino tra questa folla ignara, senza neanche sapere dove sono finito.Sono le quattro di mattina, quando riapro la porta della stanza del residence dove alloggiamo.Nadine mi ha aspettato sveglia. Getta uno sguardo e mi indica l’accappatoio.- Asciugati… c‘è qualcosa di caldo in cucina… - dice.

 

- Mia sorella divenne giornalista soltanto per avere la possibilità di capire chi era stato a portare via nostro padre. Era soltanto una ragazzina quando capitò la tragedia, ma visse la sua breve vita per quello scopo. Solamente per quello.- Siamo al bar del nostro Hotel. La mattinata di inizio giugno è fresca e ci concediamo una colazione nel dehor.  Nadine si sente molto sicura in questo luogo. Io però ho qualcosa che mi tormenta.- C’è una cosa che devo dirti…Il suo sguardo interrogativo non è abituato a dover chiedere per ottenere risposte.- Ieri notte, mentre camminavo… c’era una macchina. Per poco non mi ha investito. Ho avuto come l’impressione che mi seguisse… ma pioveva e c’era molta gente… sono sicuro che a bordo ci fosse quell’uomo che sul treno era vestito da religioso… ricordi? E di fianco a lui… poteva essere mio padre…. Il mio finto padre… Nadine non dice una parola. Ha già terminato le uova con pancetta, si alza e fa una telefonata.Uova con pancetta al mattino, mi sono sempre chiesto come facciano gli stranieri. Forse non hanno tutti i torti.

 

Quando torna è lapidaria – Sono sulle nostre tracce. Partiamo ora, subito.- Per dove? Le chiedo mentre si allontana.- Per i tuoi ricordi… ti aspetto qui tra venti minuti – e sparisce.Potrei andarmene, dovrei andarmene, ma non ci riesco.Riuscirò mai a fidarmi di quella donna? O continuerò ad esserne prigioniero senza esserlo?Sono stanco di fuggire, stanco di inseguire una vita che non è.Ogni istante di più mi convinco che per trovare la mia strada, dovrò ripercorrere quella del DC9, passo dopo passo. Plot dopo plot.

 

- Ecco qui, procediamo – i discorsi di Nadine assomigliano sempre di più a riunioni di lavoro. Le è stato assegnato un compito e sarà uno schiacciasassi fino a quando non l’avrà portato a termine.Siamo in un appartamento a Nord di Roma, ci siamo trasferiti in mattinata. Ha steso una carta d’Italia sul tavolo banalmente hi-tech.Cerchia con un pennarello nero la città di Bologna. – Dunque, il DC9 dell’Itavia decolla da Bologna alle 18:08 del 27 giugno 1980, con due ore di ritardo – spiega – poi si dirige in direzione di Firenze, dove incontrerà l’unico radiofaro funzionante della serata… Nadine traccia una linea nera che unisce le due città… - In questa zona la copertura radar è assicurata dal radar di Ciampino… ricordi qualcosa? Tua sorella ti parlò di queste cose?Devo venire a patti con me stesso… ero soltanto un ragazzino ma ricordavo le telefonate e i discorsi. La rabbia e la voglia di verità di mia sorella… Sospiro con le mani sul volto.- Era cominciato tutto dalle conversazioni via radio tra l’aereo e il centro radar di Ciampino. Come molti altri giornalisti, Cristina non era convinta da un paio di passaggi… - rivolgo uno sguardo ai documenti che Nadine ha steso sul tavolo - Ecco… alle 20:26, quando il DC 9 era ancora sulla Toscana.Leggo i passaggi della conversazione

 

Roma - "870 identifichi." DC9 IH870 - "Arriva." Roma - "Ok, è sotto radar, vediamo che sta andando verso Grosseto, che prua ha?" DC9 IH870 - "La 870 è perfettamente allineata sulla radiale di Firenze, abbiamo 153 in prua. Ci dobbiamo ricredere sulla funzionalità del VOR di Firenze."Roma - "Sì, in effetti non è che vada molto bene." DC9 IH870 - "Allora ha ragione il collega." Roma - "Sì, sì pienamente." DC9 IH870 - "Ci dica cosa dobbiamo fare." Roma - "Adesso vedo che sta rientrando, quindi, praticamente, diciamo che è allineato, mantenga questa prua.”. DC9 IH870 - "Noi non ci siamo mossi, eh?"

 

Il passato si apre al ricordo.- All’inizio della conversazione, il centro Radar chiede all’aereo di identificarsi… cioè di segnalare col transponder la propria posizione. Perché questo? Perché mai risultava confusa? Allo stesso modo mia sorella voleva approfondire l’ultima affermazione del controllore di volo - Vedo che sta rientrando, replicato dal - Noi non ci siamo mossi - del capitano Gatti. Capisci dove voglio arrivare?- Sì, conosco la teoria - dice Nadine.  - La traccia del Dc9 risultava confusa perché a quelle coordinate, un aereo lo stava seguendo a brevissima distanza… o si stava nascondendo sotto di lui.- Il MIG libico - aggiungo io.- Non è detto. - ribatte - Potrebbe anche essere stato un aereo riconosciuto come “friendly”, che stava dirigendosi più a sud e non voleva essere individuato… - abbassa lo sguardo sulle sue carte.- Ho alcuni documenti qui… che riguardano la situazione alle 20:28 - prosegue freddamente - Sul Mediterraneo settentrionale stava stazionando un aereo radar americano, hai presente quelli grandi con una sorta di fungo in testa? Sono aerei che si accompagnano solitamente a esercitazioni, ma in quella zona non ne erano previste, o ad azioni speciali… Alla stessa ora inoltre, troviamo due caccia italiani di ritorno da un addestramento sopra Verona, che stanno per atterrare a Grosseto. Insomma, il traffico aereo era molto affollato in quel tratto di cielo…- E quindi…?- Quindi da uno dei due caccia italiani, in quei minuti, viene lanciato il segnale di allarme “7300”, ripetuto per tre volte… La base di Grosseto mi fa venire in mente mio fratello, il gelido Simon Ward. Da lì decolla con i suoi caccia da Top Gun.- E’ passato tanto tempo - rifletto - Ma mi sembra di ricordare che mia sorella fosse giunta alle stesse conclusioni. I caccia italiani videro qualcosa, probabilmente il caccia che si nascondeva nella scia del DC9, e segnalarono l‘allarme…- Ricordi cosa decise tua sorella? Questo avvenne ancora prima della pubblicazione del dossier… Dove siete andati? Cosa avete fatto?Il suo tono mi infastidisce. Nadine conosce molto di più di quanto voglia farmi credere.- I radar... Voleva ritrovare i tracciati radar oltre a quello di Ciampino, che era l’unico a disposizione.- Dove siete andati?Sbuffo allargando le braccia. - Cristina… mia sorella, cercò di entrare in contratto con il personale del Centro Radar di Ciampino… Voleva conoscere le opinioni degli operatori in servizio quella sera… qualche nome, qualcosa a cui appigliarsi… Lei sapeva come fare, non mollava l’osso e sapeva insistere fino ad ottenere quello che voleva, ad ogni costo. Ma gli ambienti militari riescono ad essere estremamente convincenti quando si tratta di mantenere un segreto. Penso che le dissero chiaro e tondo di desistere. Provò anche ad intrufolarsi al bar degli Ufficiali e sembrava quasi fosse riuscita ad ottenere le confidenze da un controllore di volo alle prime armi otto anni prima, ma…- Ma?- Ma il militare venne trasferito in località sconosciuta, dall’oggi al domani. Fu il primo segnale di quello che avremmo incontrato di lì ai mesi successivi…Nadine traccia un’altra retta nera sulla carta geografica, in direzione Sud. Poi si arresta a metà tra le isole di Ponza e Ustica.- Dunque, poco dopo le 20:30 l’aereo imbocca l’aerovia Ambra 14 – spiega – e punta verso Sud…Io sto esaminando le carte della documentazione e la interrompo. - Ci sono altri messaggi radio col Centro di Ciampino lungo questo tratto. Uno è particolarmente equivoco, me lo ricordo…Leggo ad alta voce le trascrizioni

 

Roma - "Buonasera 870. Mantenga 290 e richiamerà 13 Alfa." DC9 IH870 - "Sì, senta: neanche Ponza funziona?" Roma - "Prego?" DC9 IH870 - "Abbiamo trovato un cimitero stasera venendo... da Firenze in poi praticamente non ne abbiamo trovata una funzionante." Roma - "Eh sì, in effetti è un po' tutto fuori, compreso Ponza. Lei quanto ha in prua ora?" DC9 IH870 - "Manteniamo 195."

 

- Cosa significa questo? – chiede- Significa che tutti i radiofari a sud di Firenze quella sera non funzionavano… - spiego - Un fatto molto strano. I radiofari hanno il compito di guidare un aereo lungo un tracciato virtuale… Mia sorella era convinta che quella sera fossero in corso esercitazioni sul Mediterraneo meridionale, cosa che è sempre stata negata dall’Aeronautica…- Quindi?Mi alzo in piedi, sbuffando.- Nadine, ne ho abbastanza di questi interrogatori. Sono passati 22 anni dal 1988. Ero soltanto un ragazzino… come posso ricordare tutto? E poi… dove vuoi arrivare? Cosa vogliono i tuoi fantomatici capi? Puoi ottenere lo stesso riassunto navigando su internet. Pensate che io nasconda qualcosa? Dopo tutto questo tempo?Lascio che la mia mano si abbatta sul tavolo. I fogli e le carte sobbalzano.- Che cosa accadde poi? – insiste. Non molla.

 

Il resto era storia.Alle 20:56 c’è stato l’ultimo contatto radio. Alle 20:59 il transponder del DC9 lancia l’ultimo segnale. Poi più nulla, l’aereo era scomparso.Nadine fa un altro cerchio col pennarello nero, all’altezza del punto in cui la linea retta si è fermata.Mia sorella era molto interessata ai tracciati radar. Quello di Ciampino era, ed è, l’unico disponibile. Sollevo un foglio, pieno di plot. Nadine non è una sprovveduta ed ha pensato proprio a tutto. - Questo è il tracciato… cerco di ricordare – Questi sono i plot del DC9 che scende verso Sud e qui ad Ovest ci sono altri tre plot differenti. L’ipotesi era che un aereo fosse arrivato da Ovest. Questo aereo aveva a lungo seguito il DC9 e poi aveva compiuto una virata verso Ovest, per poi convergere a tutta velocità sull’obbiettivo a Est… è la classica manovra di attacco di un caccia… Questi invece sono i deboli segnali dei rottami del DC9 che precipitano…- indico i segni sul tracciato - L’aereo attaccante poi prosegue verso Est, e di lì in poi non si sa più nulla…Nadine mi ascolta. Non le basterà un riassunto.- Potrebbe essere stato un aereo che inseguiva il MIG libico nascosto sotto il DC9.  Manovra di attacco nella quale viene sganciato un missile. Attirato dal DC9 grazie all’enorme calore sprigionato dai suoi motori… - rimango un attimo in silenzio, cercando di immaginare quelle ottantuno persone, squarciate nei loro pensieri di serenità da un gesto di guerra - Sempre che l’ipotesi di mia sorella sul MIG libico fosse vera.A dire la verità non ne ho mai dubitato. Chissà se credevano veramente che quella notte su quell’aereo viaggiasse Gheddafi.

 

- Cristina era convinta che altre postazioni radar avessero visto quello che era accaduto, ma aveva bisogno di fatti, fino a quel momento non aveva scoperto nulla che non fosse stato già conosciuto dagli inquirenti - proseguo - Il radar di Ciampino era al limite della sua portata, ma era l’unico tracciato disponibile. In quegli anni gli inquirenti avevano invano tentato di ottenere informazioni dai Centri radar militari, scontrandosi contro quello che è stato definito il “muro di gomma”. Dopo Ciampino, il DC9 sarebbe entrato nell’area di controllo del radar militare di Marsala, ma quella sera, per una coincidenza alquanto fortuita, il radar era stato spento per una simulazione, proprio un minuto prima delle 20:59. Per mettere e togliere il nastro della simulazione erano stati necessari oltre trenta minuti. Così quando il radar aveva ripreso a registrare, erano ormai passate le 21:40.- Comoda coincidenza.- Appunto, ma non è tutto. La pagina del 27 giugno è mancante dal registro di Marsala, è stata asportata con una lametta! Inoltre esiste un dialogo registrato tra due operatori radio di Marsala, che evidentemente alle 20:58 stanno osservando dei movimenti radar sullo schermo.Sta' a vedere che quello mette la freccia e sorpassa !- Un giorno ci recammo poco a Sud di Roma, dove viveva un militare ormai in pensione, che quella sera era in servizio. Forse Cristina aveva avuto qualche informazione, ma lui non volle riceverla. Allora batté altre piste. Tentò con il radar di Licola, fingendosi una studentessa di ingegneria aeronautica, col fratello minore a rimorchio. Sulle prime i militari furono disponibili, in particolare il giovane soldato che ci stava illustrando il funzionamento del radar, ma quando fu chiaro che le domande avevano come oggetto il 27 giugno 1980, allora un Ufficiale fece irruzione nella sala. Io rimasi per un’ora da sola in una stanzetta, con un militare che saltuariamente faceva capolino per controllarmi. Quando ci lasciarono andare, mia sorella era scura in volto e continuava a guardare indietro nello specchietto della vettura.- Che cosa le dissero? – domanda Nadine.Tamburello le dita nervosamente sul tavolo. Vorrei essere a centinaia di chilometri di distanza. Anche in fondo al mare, piuttosto.- Non me lo disse mai. Suppongo che debbano averla minacciata… fu dopo quella sera che cominciarono ad arrivare le prime telefonate…- Quali telefonate?- Arrivavano al nostro monolocale di Roma. Erano insulti, minacce, spesso sconclusionate. Scritte con lo spray sotto casa. Forse involontariamente Cristina doveva aver sfiorato qualcosa di molto importante. E le voci di una giovane ragazza che faceva domande a destra e sinistra dovevano essersi diffuse… Cristina aveva un amico al giornale. Forse era più di un amico… cominciò a confidarsi con lui… ma mai, mai per un solo attimo rinunciò alla sua voglia di verità…- Un amico? Ricordi il nome?- No… è passato troppo tempo…- Tua sorella riuscì a scoprire qualcosa a Licola?Mi sento scoppiare – Sì, solo qualcosa di tecnico. Nel 1980 il radar non era elettronico. Un addetto trascriveva a mano le indicazioni video che un secondo incaricato gli dettava. Il fatto era che i tracciati risalenti al giugno del 1980 erano spariti…- E poi?- E poi niente – mi rialzo – vado a farmi un giro.

 

La periferia romana sa essere mestamente angosciante.- Quanto staremo nascosti qui? – chiedo a Nadine.- Fino a quando non sarai tu a dirmi dove dovremo andare… - risponde la ragazza svuotando un vasetto di marmellata.- Io non so nulla!- Questo è quello che tu credi. Ma la costanza con cui ti cercano gli uomini di tuo padre fa pensare al contrario.

 

Sono trascorse un paio d’oreSfrego con la mano la bandiera granata che mi porto sempre in tasca dall‘inizio dell‘avventura, per cercare qualcosa di familiare.Nadine è seduta al tavolo. Con un compasso ha segnato sulla carta la portata dei radar coinvolti.Mi siedo stanco, mentre lei fa il riassunto dei radar.- Dunque... Ciampino ha visto una traccia parallela al DC9, ma tutto è molto confuso…, Marsala dice di aver staccato il radar un minuto prima dello schianto, Licola ha perso i registri, Poggio Ballone diceva di non aver visto nulla di strano…, stesso discorso per Martina Franca…Spezzo il suo discorso.- Fu una persona a metterla sulla strada giusta - dico con tono grave. L’informatore di cui parlava nel suo dossier…Per la prima volta la vedo colta di sorpresa. In fondo agli occhi le brilla uno strano bagliore.- Chi era?- Una persona che diceva di essere stata in volo la sera della tragedia. Non ho mai saputo il suo nome - dico allargando le braccia.

 

- Devi ricordare… cerca di ricordare…Ho la testa tra le mani e sono al limite dell’esasperazione.- Non lo so! Non mi ricordo, non riesco a concatenare i tempi…- Sforzati!Improvvisamente mi viene voglia di strozzarla. Mi fermo, probabilmente lei sarebbe in grado di farlo a me.- Ricordo che lei aveva questo contatto “importantissimo”… che le fornì indiscrezioni per la pubblicazione del suo dossier, che fece scalpore. E poi…- E poi?- E poi facemmo un viaggio… nella notte.- Dove?- Non lo ricordo, maledizione! Era un nome composto…- Cosa andaste a fare? Fu il suo contatto a dirle di andare lì…?La testa sta andando a fuoco, vorrei trascinare all’inferno anche Nadine.- Le aveva detto di andare lì per darle… oddio, ricordo soltanto che… era un luogo in Umbria…Nadine sta smanettando sul suo notebook, mentre parlo.- Poggio del Vallo! - esclama.- Proprio quello - dico sorpreso.Nadine si alza e mi dice di fare in fretta, si parte.- Aspetta, cosa c’è laggiù?- C’era… Un centro radar. Ha chiuso i battenti nel 1984.

 

Impieghiamo due ore a percorrere la strada, fino ad arrivare alle colline umbre. Nadine ha a disposizione una Punto bianca, che ci permette di spostarci senza dare nell’occhio, ma la velocità è moderata.- Ricordo tutto come fosse ieri - le racconto. Il nome Poggio del Vallo ha spalancato un altro portone sul passato - Non so come entrarono in contatto, se ci fu una telefonata o un incontro. L’uomo… l’informatore di mia sorella… sosteneva di essere stato in volo la sera della tragedia. E di sapere tutto. In pratica si era pentito e voleva dire la verità. Ma non era ancora sicuro se farlo o meno. L’uomo voleva che mia sorella prima pubblicasse certe notizie, e fu lui a suggerirle importanti dettagli sullo scenario internazionale…Nadine ascolta, Nadine guida, Nadine non parla.

 

La struttura del Centro sperimentale Radar di Poggio del Vallo è in stato di devastato abbandono.Finestre cieche che danno sull’oscurità. E’ abbandonato dal 1984, quando venne dismesso. Da allora, è stato un susseguirsi di degrado.Siamo i soli nello spiazzo tra gli alberi di fronte all’edificio.- Arrivammo di notte, sotto l’acqua battente - proseguo il mio racconto. Una macchina poco prima aveva tentato di farci finire fuori strada e aveva avuto la peggio. Mia sorella tremava, io tremavo.Lui era già qui, nella struttura già abbandonata. Consegnò qualcosa a Nadine, poi sparì. Non fui in grado di vederlo in faccia.Anche noi schizzammo via nella notte, tremanti verso un alberghetto della città.Mia sorella era inquieta. Il mattino seguente telefonò al giornale, che non aveva nessun interesse a pubblicarle altri pezzi. Lei era furente. Disse che non avevamo tempo e che in un paio di giorni saremmo dovuti partire per la Germania. Era ormai la fine di agosto.- Cosa c’era in questo posto? - chiede inesorabile Nadine.Sorrido - Questo era un centro radar civile, soltanto all’apparenza piccolo. Tutti si erano dimenticati della sua esistenza al momento delle indagini. E mia sorella era venuta in possesso dei tracciati radar completi della sera del 27 giugno 1980.- E… che fine hanno fatto quei tracciati?Allargo le braccia.

Pernottiamo in un piccolo bungalow, affiancato ad altri. Nadine dice che il luogo è sicuro.Al mattino dice di voler andare ad acquistare del cibo nello spaccio distante poche centinaia di metri.Esce, sento il rumore della sua vettura.Dopo due minuti la porta principale si apre lentamente.- Sei già qui? – dico affacciandomi sull’uscio.- Stai zitto e non parlare.E’ un oggetto metallico quello che è puntato verso la mia fronte. Ma non è quello a spaventarmi. Sono le facce che ho di fronte.Il mio finto padre ed il Cassiere.

- Non fare un verso. Devi venire con noi. Ti prego, non voglio farti del male, ma non costringermi ad usarla…Non faccio in tempo a voltarmi. Sento un dolore improvviso alla coscia sinistra.Il cassiere mi ha iniettato qualcosa di sorpresa. Lo allontano con una manata e cerco di scappare verso l’interno del bungalow. Forse faccio uno o due passi. Qualsiasi cosa mi abbiano iniettato ha un effetto istantaneo e sento i piedi intorpiditi.Incespico, sbatto contro una sedia, la rovescio.Sento venire meno le forze e mi abbatto verso il suolo.Non ho ancora perso conoscenza, la mia vista è nitida e l’udito non mi abbandona.- Forza, portiamolo via… - è la voce di mio padre che si fa sentire.Un istante più tardi, dopo un suono secco e indefinibile, il suo volto è steso accanto al mio.Mi guarda sbarrato, una macchia rossa al centro della fronte.Sento un altro colpo secco e dal tonfo che ne segue, immagino che anche il Cassiere ora abbia lo sguardo fisso nel vuoto.

Il rumore di un motore mi risveglia lentamente.Vedo il paesaggio che scorre fuori dai finestrini.Spalanco gli occhi. Sono adagiato sul sedile posteriore di una macchina in movimento…Mi sollevo con una fitta alla testa.C’è Nadine alla guida.- Bentornato nel regno dei vivi – mi dice. Ha una tuta addosso. Anche io ne ho una. Efficienza dei Servizi francesi – penso.- Che… che è successo? – faccio fatica a parlare.- Hanno tentato di rapirti. Questo è quanto.Mi tornano in mente i momenti seguenti all’apertura della porta. Mio padre, la siringa, l’aggressione. Il circolo rosso sulla fronte di mio padre.- Non mi sono mai allontanata – dice senza enfasi – Sapevo che stavano arrivando. Ero preparata.- Tu li hai… - balbetto. Penso nuovamente a quello che ho sempre creduto mio padre, e al suo ultimo sguardo sbarrato su di me.- Preferivi fossero loro a farlo? Dopo averti torchiato ben bene?- Ma… - sono incredulo, Nadine è più fredda e astuta di quanto pensassi – avrebbero potuto uccidermi … mi hanno iniettato del… che ne so…?- Volevano rapirti. Punto e basta. Ora dobbiamo scappare via alla svelta. Questi due cadaveri non facevano parte del piano e qualcuno li farà sparire.Ho la testa confusa… Non riesco a capire più nulla in questa storia di cattivi.- Dove… dove stiamo andando?- C’è un’ultima carta da tentare per capire quello che sai veramente e farti tornare la memoria.  A 50 Km da qui c’è la villa del giornalista amico di tua sorella. Ho impiegato un po’ di tempo a trovarlo. Ha scritto molti libri su Ustica. Forse lui potrà farci capire perché siete andati a Ramstein, nella bocca del nemico. E… forse quando lo avremo scoperto, riusciremo a capire anche che cosa sai di così importante…Guardo fuori dal finestrino.Cosa so… io…?Non lo so, non riesco a ricordare.

La villa del giornalista è immersa in un’oasi di verde e ne lascia intravedere un’altra, fatta di pace.Ci accoglie con ospitalità. La nostra visita deve essere stata annunciata con largo anticipo.- No, non so nulla di quei tracciati radar… è la prima volta che ne sento parlare. Sono passati più di venti anni, ma il dispiacere per Cristina è ancora grande dentro di me… L‘avevo sentita pochi giorni prima della tragedia di Ramstein, sapevo della sua indagine. Ma avevo avuto l‘impressione che volesse tenermi all‘oscuro di qualcosa, forse per proteggermi.Abbassa il tono di voce per non farsi sentire dalla moglie in cucina.Provo immediata simpatia per lui, me lo ricordo vagamente. E’ una persona che ha impiegato molto del suo tempo per inseguire una causa giusta. Ed è stato un bravo giornalista, a quanto pare.Gli riassumiamo la vicenda, gli parliamo dei tracciati radar di Poggio del Vallo, gli diciamo di Ramstein, dove io e Cristina ci recammo, probabilmente per incontrare qualcuno.Lui non ha esitazioni.- Davvero non capite quale legame ci sia tra la tragedia di Ustica e quella di Ramstein? Davvero?Ci guarda stupito, ed io non riesco a comprendere. Sembra davvero sorpreso.- La sera della tragedia di Ustica, due piloti italiani sono in volo su un caccia. Tornano da Verona e devono atterrare a Grosseto, ma vedono qualcosa. Qualcosa che fa loro lanciare, circa alle 20:30, il segnale di allarme generale. Nessuno chiede loro nulla per molti anni, fino a quando il Giudice Istruttore che segue le indagini, li convoca per l’inizio di settembre 1988... Capite dove voglio arrivare?Io lo temo. Lo temo fortemente.- Il giudice non li ascolterà mai. Moriranno pochi giorni prima di essere interrogati… - il Giornalista si sporge un po’ di più verso di noi, come per sospendere la suspance. - Sono i loro due aerei, che si scontrano a Ramstein.

Sono sconvolto.Mi torna alla mente l’aereo in fiamme che precipita su mia sorella.Ci vuole un minuto perché io possa partorire una domanda. La vista sulle sue colline è spettacolare. Non si vedono fantasmi in questo posto così bello, non si vedono i cattivi.- Crede possibile che quello di Ramstein possa essere stato... un omicidio premeditato?Il Giornalista scuote la testa e allarga le braccia.- Ho trascorso tanto tempo a ripensare a quanto avvenne a Ramstein e ho rivisto i filmati amatoriali decine di volte. La mia conclusione è che... no, non fu una strage voluta. Mi sembra troppo… - cerca le parole adatte – tragicamente spettacolare. Quel giorno morirono più di 70 persone… tutto sembra grottescamente sproporzionato. Solo una mente senza scrupoli avrebbe potuto concepire qualcosa del genere…Rimaniamo in silenzio imbarazzati. Quale scrupolo poteva avere chi aveva depistato le indagini su 81 persone uccise, tra cui molti bambini? Quale scrupolo poteva avere chi si era trascinato un’inquietante scia di morti sospette?  E’ facile in quei momenti ripensare alla strage della stazione di Bologna, il 2 agosto dello stesso anno, con oltre 80 morti. Qualcuno aveva formulato l’ipotesi che potesse essere stata organizzata per sviare l’attenzione dell’opinione pubblica dalla strage di Ustica.Quali scrupoli potevano ancora esistere dietro questi scenari?- Se qualcuno avesse deciso di sabotare l’AerMacchi del pilota solista – prosegue il giornalista, guardando oltre le colline, avrebbe dovuto agire sulla velocità dell’aereo in picchiata nella figura del cardioide. L’aereo sarebbe dovuto transitare un istante più tardi degli altri nove, che andavano ad incrociarsi. Ma arrivò troppo presto e troppo basso… Come avrebbe potuto un eventuale sabotatore essere sicuro che l’aereo non anticipasse troppo o troppo poco? Come poteva essere sicuro che sarebbe stato sulla traiettoria di impatto? Come poteva sapere che si sarebbe schiantato proprio contro l’aereo dell’altro pilota coinvolto nel caso Ustica? Non sarebbe stato più comodo simulare un incidente in modo diverso? Senza che l’aereo in fiamme piombasse sulla folla? No, ragazzi, faccio fatica a credere che l’incidente di Ramstein sia stato frutto di un sabotaggio…Si ferma per qualche istante. Dove si trova la verità? Forse neppure lui è troppo convinto delle sue parole.- Vero è – aggiunge che la morte dei due piloti fu… provvidenziale per qualcuno. Una coincidenza inquietante…Il Giornalista ha ragione. Quella fu una tragedia molto comoda, in quanto non si portò solo via i due piloti. Ma anche mia sorella e quello che aveva con sé…- Cristina doveva incontrare qualcuno a Ramstein, probabilmente il suo contatto… - dico – Qualcuno che aveva deciso di testimoniare e far crollare il muro di bugie sulla strage… Ho pensato che potesse trattarsi di uno dei due piloti. Così molte cose di questa storia finalmente quadrerebbero…- Potrebbe essere – dice il Giornalista – Quel raduno era il posto ideale dove avvicinare una persona legata al mondo militare senza farsi notare troppo. Così come poteva essere una persona… che è rimasta nell’ombra…– Qualcuno doveva averci spiati da tempo, probabilmente eravamo sotto controllo - guardo bene negli occhi i miei interlocutori – credo fossero ormai pronti a farci fuori, in un modo o nell’altro. Ramstein era la base dove era di servizio mio… il mio finto padre. Probabilmente sapeva chi fosse l’informatore di Cristina e aveva organizzato…  - Se il nostro uomo misterioso voleva parlare allora, con tua sorella, perché non ha più parlato, in tutti questi anni? – domanda Nadine.L’osservazione è ovvia.- Forse perché nel frattempo… è stato tolto di mezzo… oppure perché anche lui è rimasto vittima dell’incidente… - osserva l’uomo - Ho visto le coincidenze più strane legate a questa vicenda lungo tutti questi anni… Difficilmente sapremo mai di chi si trattava.Restiamo senza parlare, in fondo non rimane molto altro da dire.- Se per caso doveste scoprire qualcosa - ci dice l’uomo prima di congedarci - questo è il numero telefonico del nuovo Magistrato. L’inchiesta è stata riaperta da poco…Ci congediamo da lui, ma ho la sensazione che presto o tardi ci rivedremo.

Ci fermiamo a mangiare un panino e bere una birra in un piccolo bar tra gli alberi, ai bordi della strada. Sfioro la bandiera granata che ho in tasca, come se fosse un portafortuna, cercandone un effetto rilassante.- Non parli? – mi chiede Nadine?No, non parlo, e anche se avessi delle cose da dire non le direi più a lei. - Siamo alla fine della corsa – osservo con uno scatto. La nostra ricerca ci ha portato ad un punto morto. Abbiamo scoperto il motivo per cui eravamo a Ramstein, ma lì la nostra indagine, come in un circolo vizioso è ritornata al punto di partenza. I tracciati radar non ci sono, probabilmente andarono persi in quel rogo, o furono sottratti dopo di esso. Mi torna alla mente la cassetta di sicurezza di mio padre. Lì era stato posto il materiale inutile, raccolto dai nostri corpi… conservato con cura, e solo la sbadataggine di un povero e sfortunato impiegato di banca li aveva riportati in superficie. C’è dell’altro però. Un pensiero che mi tormenta e che mi dice che abbiamo guardato sin dall’inizio le cose nel verso sbagliato…Nadine si è messa a telefonare. Mi indaga con lo sguardo da lontano. Forse intuisce. Ma io non riesco a fidarmi di lei.Proprio non ce la faccio.

 

La strada dopo il bar scende serena attraverso le pinete.Un mal di testa improvviso mi è crollato addosso e sono lieto che a guidare sia Nadine.Il sole attraversa i boschi e mi punta addosso lame di calore che si alternano con il sollievo. I miei pensieri sono confusi, mentre la macchina si avvita lentamente lungo la discesa, senza che nessuna vettura in senso opposto ci incroci.I miei pensieri si confondono ulteriormente, la testa sembra scoppiare.C’è un lampo.Ma è solo un istante.Un lampo di luce e poi, forse il rumore dei freni.Poi più nulla.

 

La testa mi fa male ed il calore del sole mi sta arroventando il cervello.Non riesco ad aprire gli occhi, ma avverto qualcosa di caldo e ruvido sotto la mia pelle.Mi sollevo, ma la testa mi duole. Qualcosa cola giù dalla mai tempia.E’ sangue. Le mie mani ne sono piene ed il mio braccio pure.Cerco di alzarmi in piedi, ma barcollo.Nadine è raggomitolata poco più in là, in posizione innaturale. Un braccio dietro la schiena, buona parte del volto è una maschera di sangue, una pozza di sangue abbondante che, dalla sua testa ha avuto il tempo di incamminarsi in rivolo giù per la discesa. Non respira più.Ci sono pezzi di auto ovunque. La Uno è diventata una carcassa deforme e ha avuto il tempo di sbalzarci fuori.Non ricordo nulla, ma la sensazione del non ricordo mi è troppo familiare.Cosa è successo? Un bagliore bianco e… poi?Non c’è traccia di altri veicoli. Soltanto rottami e la macchina devastata dopo essersi rovesciata.Un agguato… un qualcosa alla macchina…E le sirene.Quelle arrivano sempre. Anche stavolta.C’è un oggetto che lampeggia piano nel centro della strada. E’ il satellitare di Nadine, sembra funzionare ancora.Arrivano le sirene… o sono loro che stanno venendo a completare il lavoro?Raccolgo a fatica il satellitare, dovrei gettarlo ma rimane il mio unico contatto con la realtà.Il numero del Magistrato.Lo chiamerò, lo so.Lancio un’ultima occhiata alla mia enigmatica compagna di strada, mentre il sangue sembra correre incontro alle sirene.Hanno preso anche te, Nadine.Prima o poi arrivano a tutti.Mi getto nella boscaglia.

 

E’ notte fonda, quando il Giornalista mi trova alla sua porta.Tremo, e la parte destra del mio volto deve essere piena di sangue rappreso.- Quando ho sentito le notizie e ho saputo che c’era un solo cadavere… ho immaginato che ti fossi salvato… Ti stavo aspettando.Mi aiuta a medicarmi e mi passa dei vestiti puliti.Nonostante la villa sia ben protetta, non mi sento al sicuro, lui lo sa.- Devo andarmene subito…- Non avere fretta… puoi partire domani mattina…- Mi stanno cercando. Ho il satellitare di Nadine con me… prima o poi arriveranno.Storce la bocca, sa che ho ragione. Ha preparato del cibo, ma non ho fame.La testa mi duole ancora.- Puoi prendere la macchina di mia moglie. Prendi la strada che valica il colle e scende nell’altra valle. Poi scendi la vallata, verso una delle stazioni. Non ti cercheranno laggiù. Lascia la macchina lì, mi occuperò io di cercarla. Ma quel satellitare… - Lo getterò dopo aver fatto una telefonata… Non prima.- Devi fare attenzione…- Non è me che vogliono. Se avessero voluto uccidermi avrebbero già potuto farlo in mille altre occasioni. Hanno ucciso tutte le persone che per qualche motivo sono venute a sapere qualcosa di questa storia… - ripenso al giovane impiegato di banca, al povero Bert. A Nadine- Tranne… me - aggiungo.Improvvisamente la verità mi appare finalmente nitida e ovvia.Tutto mi è chiaro, finalmente.- Non vogliono me. Vogliono qualcosa che è da qualche parte… e che solo io posso ritrovare. E’ l’unico motivo per cui mi hanno tenuto in vita tutti questi anni…- Che cosa stanno cercando? - chiede il Giornalista.- Non lo so… e anche se lo sapessi non te lo direi. Non voglio che tu corra più rischi di quanti tu non ne stia già correndo… Se sarò fortunato, lo verrai a sapere… forse.In realtà, ormai lo so. Lo ricordo bene.Mia sorella aveva fatto una copia dei tracciati radar e “loro” lo sapevano.Sul corpo di mia sorella a Ramstein avevano trovato quelli originali.Le avevano lasciato addosso solo quei due rullini e la foto bruciacchiata.Ma non avevano trovato la copia.Ora ho capito dove sono nascosti quei tracciati.

 

Stiamo per congedarci, nel suo garage, quando lui, perplesso mi dice.- Eppure, se quello che dici è vero, è stata solo la casualità a far morir Nadine, oggi. Avresti potuto morire tu al posto suo.Non so cosa rispondere. E’ vero. Oggi la sorte aveva deciso in maniera chirurgica.- Dove andrai? - mi chiede.- La mia strada è quasi al capolinea - gli dico con disincanto. Sono stanco e ho desiderio che tutto finisca. Forse… forse bisogna che… che le estremità del cerchio… si ricongiungano.Ci stringiamo la mano senza parlare.Poi scompaio nella notte.

 

- Mi deve ascoltare… - Io non so neanche chi sia lei e come abbia fatto ad avere il mio numero…- Non ha importanza come ho fatto ad averlo, le ripeto, mio padre era su quell’aereo. E io so dove sono nascosti i tracciati originali del radar di Poggio del Vallo.Il giovane magistrato sbuffa ripetutamente.- Quanto mi sta dicendo è assurdo. Ma mettiamo che, anche per un solo istante, le sue parole siano vere. Quale straccio di prova pensa possa valere una cosa simile? Nessuna! Tutto il collegio degli avvocati mi riderebbe dietro…- Avrebbe un valore immenso! – lo interrompo – Vi farebbe quanto meno sapere da dove arrivava quell’aereo! Chi ha lanciato il missile che ha abbattuto il DC9… la rincorsa al MIG libico… Vi farebbe sapere dove andare a indagare…! A quale nazione chiedere le rogatorie! Basterebbe poco per far ripartire le cose. Potreste trovare qualcuno disposto a parlare, ora che sono trascorsi trent’anni…I TIR passano sfrecciando e facendo tremare questo viadotto.E’ imbarazzante come la sporcizia possa unirsi in modo così frequente con il verde dei boschi.Rifiuti e sottobosco.Bivacchi e scritte incomprensibili, là dove il cemento si camuffa con le erbacce.E’ passato un giorno da quando ho lasciato la casa del Giornalista.Sono stanco e ho la barba incolta.Lo so, questa vita sta terminando con un viaggio agli inferi.- C’è ancora? – chiedo ansioso.- Sì, ci sono, soltanto che… - lo sento esitare all’altra parte.- Mi ascolti… questa è la mia ultima occasione… è la mia ultima occasione…Un elicottero volteggia sopra il viadotto e quasi vorrei che mi scorgesse, una volta per tutte.- Non vuole almeno dare un’occhiata a questi maledetti tracciati? Non vuole provare ad interpretarli? Vengo io da lei, se è necessario…Lo sento dibattersi.– La richiamerò – mi dice – A questo numero…Riattacca. Non mi chiamerà.Mi siedo di fianco ad uno dei piloni del viadotto.Giocherello col satellitare, sfoglio la rubrica di Nadine.Guardo meglio.Avrei dovuto immaginarlo.

 

Un bip.Un bip.Un altro debole bip.Come la traccia di un aereo che scompare.L’ultimo bip.Il satellitare di Nadine cessa di funzionare.Qui, vicino al mare, dopo un altro giorno di viaggio.Non ho ricevuto nessuna telefonata.Non sono riuscito a convincere il magistrato.Il capitano della nave mi guarda e attende impaziente.E sia. Lascio cadere il satellitare nell’acqua del mare, poco oltre il porticciolo, poi mi dirigo da lui.Vada come deve andare, l’ultimo viaggio, quello di sola andata.Gli faccio segno di sì… che possiamo partire.Ho speso tutto quello che mi resta per poter noleggiare questo barca immensa.Sei uomini di equipaggio. Loro si preoccupano dell’ora del ritorno, l’indomani.Ma io so che per me non ci sarà nessun indomani.Salgo e vedo la costa allontanarsi per l’ultima volta.E’ l’alba del 27 giugno.

 

Ci vorrà tutto il giorno per arrivare a destinazione.Mi stendo in una delle brande sottocoperta e dormo.Dormo tutto il giorno, cullato dal motore della barca che avanza nel mediterraneo.Poi mi sveglio. Il motore non funziona più. Tutto è spento.Ho dormito per dieci ore, forse.Fuori è sera, il sole sta per annegare a Ovest.La barca è deserta. Non c’è più nessuno.Me l’aspettavo. Devono averli portati via.Sono arrivato al capolinea, questa è la fine della storia.Mi siedo sul ponte a poppa, rivolto verso Est.Guardo il mare.Questo è il punto Condor.Questo è il punto in cui si inabissò il DC9.Solo il mare parla.E il vento gli tiene compagnia.Improvvisamente dico:- Uscite fuori… - lo dico ad alta voce, senza spostarmi dal ponte - La messa è finita… - aggiungo a bassa voce.Ci vuole un minuto perché senta dei fruscii dietro di me. Una porta della barca cigola e poi sbatte.Lenti, avverto dei passi sul legno.Troppo confusi per essere quelli di una sola persona.Si fermano poco distanti.Giurerei che entrambi hanno un’arma puntata contro di me.Non mi va di voltarmi.So chi sono.Nadine e mio fratello, Simon Ward.

 

Li vedo lentamente spuntare dai lati del mio Campo visuale, mentre non riesco a staccare il mare dai miei pensieri.Sempre più familiare.Non avevo mai valutato con sufficiente profondità il fatto che mio fratello avesse una fidanzata in Francia, che incontrava durante i suoi frequenti spostamenti.E’ un pessimo modo per presentarmela ufficialmente, ho già avuto modo di conoscerla.- Quando hai capito? – mi chiede Nadine. Sa essere più fredda di quanto abbia mai dimostrato. Mi chiedo quanto le sia costato tentare di mettermi una mano sulla spalla, quella sera vicino alla birreria.Sorrido sarcastico, senza mai spostare lo sguardo. Indossanno tutte dell’Aereonautica, il mio finto fratello ha fatto gli onori di casa.- Da quella strada che scendeva tra i boschi, troppo sgombra perché non vi fosse stato organizzato qualcosa… - Sapevi che non mi stavo più fidando di te e che probabilmente non ti avrei mai condotto ai tracciati. E così avete pensato di fare uscire di scena Nadine, la misteriosa agente dei Servizi francesi…, sapendo che da solo mi sarei diretto ai tracciati nascosti. E poi hai commesso l’errore di lasciare il tuo satellitare tra i rottami. Ieri ho guardato i nomi della rubrica e ho trovato lui… - Indico Simon Ward - Mossa troppo maldestra per una persona che sosteneva di fare parte dei Servizi Segreti di un paese per giunta estero… - Quanto avete impiegato a preparare la scena del finto incidente, mentre io ero narcotizzato? Chi è la ragazza dal volto sfigurato che avete steso su quella strada? L’ennesima vittima della catena cominciata trenta anni fa? Dovrei schiumare rabbia, ma sono stanco, troppo stanco per continuare, ora che siamo giunti al capolinea. Il cielo dietro di me si sta tingendo di vermiglio, il sole sta letteralmente affondando nel mare, ma per farlo è come se attendesse qualcosa.Simon Ward è inquieto. Ha fretta di spararmi alla svelta. Da molto tempo aspetta questo momento.- Dove sono i tracciati? Distolgo lo sguardo e lo guardo, dal basso in alto.- Quei tracciati sono diventati l’ossessione della tua vita. Chi è stato a parlartene per la prima volta? Qualche tuo superiore? Quelli che hanno recuperato i tracciati originali dal corpo di mia sorella, e ti hanno detto che in casa tua avresti avuto qualcuno che sapeva dove era nascosto un pericolosissimo duplicato? Quanto ti ha angosciato tenermi d’occhio tutti questi anni con l’angoscia che io potessi improvvisamente… ricordare? Un ghigno beffardo e cattivo mi si dipinge sul volto. Non credevo di esserne capace.- Tu non sai niente - dice Simon impassibile - Fu mio padre a dirmelo…- Oh no… - lo interrompo - Nostro padre… tuo padre non l’avrebbe mai rivelato a nessuno e tantomeno a una serpe come te. Ti ha sempre odiato vero? Ti ha odiato perché i tuoi vertici cercavano qualcuno che mi tenesse d’occhio e avevano scelto proprio te… - trattengo per un istante il fiato - Nostro padre era l’informatore di mia sorella. Era lui l’uomo dell’Aeronautica in volo quella sera, nella zona di Naldini e Nutarelli, vero? Era stato lui, l’unico Ufficiale dell’Aeronautica a pentirsi di quel silenzio e a voler dire la verità. L’unica persona che ha guidato mia sorella verso il radar di Poggio del Vallo… che le ha fatto ritrovare i tracciati… che stava per consegnarsi al Magistrato!Simon alza la pistola verso la mia fronte. Inutile cercare emozioni da chi emozioni non ha.- Correggimi se sbaglio - proseguo sapendo che queste possono essere le ultime rassegnate parole della mia vita - Tu dovevi avere poco più di venti anni, eravate in Germania, nostro padre era stanziato alla base da qualche tempo. Lui e mia sorella dovevano incontrarsi il giorno dell’Air Show alla Base. Avrebbero discusso degli ultimi ritocchi dell’articolo di mia sorella e di quando lui avrebbe rilasciato una dichiarazione al Giudice Istruttore, pochi giorni dopo… - faccio una pausa, ma non riesco a prendere fiato - Ma qualcuno aveva ormai capito. Gli articoli di mia sorella avevano fatto esplodere troppe bombe… O forse sei stato tu? Sei sempre stato bravo a fare la spia e la tua ambizione non ha limiti… Doveva esserci tuo padre su quella macchina, vero? E invece a morire fu il tuo fratellino…Sento il freddo dell’acciaio che affonda sulla mia fronte. Attendo che i miei pensieri si annullino improvvisamente di nero. Ma lo sparo tarda ad arrivare.- Il giorno seguente l’incidente aereo fu… provvidenziale. In un colpo solo eliminò due scomodi testimoni. E una cronista che aveva con sé i tracciati. In mezzo a sangue e carne bruciata…Tuo padre capì. Aveva perso un figlio e, straziato da dolore, comprese. Era un personaggio troppo importante per cadere vittima di un suicidio o di un’impiccagione sospetta. E capì che non avrebbe più proferito parola, per salvare i suoi figli che rimanevano.Nessuno dei due parla. Non mi aspetto altro.Dopo un anno, io ripresi conoscenza. La beffa fu affidarmi a lui, un gesto crudele da parte dei Servizi… ma tutti e due dovevano essere controllati, lui e me.Da un cane di guardia affidabile.Tu, che hai sempre avuto una sola madre. La Ragion di Stato.- Mio padre era un traditore – dice freddamente – Aveva prestato giuramento. Ci sono interessi che vanno al di là delle persone comuni…- Al di la di cosa? Anche dell’uccidere dei bambini forse? Se non siete assassini, siete stati complici degli assassini. E servi prima di essere assassini.- Ora basta! Dove sono i tracciati. Dimmelo subito e ti risparmio un’agonia infernale… - punta la rivoltella contro il mio ginocchio.La sera si intravede da lontano, mentre una brezza leggera sala alle mie spalle.C’era molto vento lassù, trenta anni fa, quando il DC9 stava volando per la sua rotta, col giorno che si spegneva lento. Con qualcuno che si era nascosto nella sua ombra e qualcun altro che stava puntando verso di lui da Ovest.Prima che la fusoliera si frantumasse, prima che i polmoni di quelle 81 persone si spaccassero per la decompressione.Erano 30 anni fa, in questi minuti.Un rumore strano dal mare, poco più in là. Un pezzo bianco che galleggia sull’acqua.Mio fratello si allontana di qualche centimetro, sempre tenendo l’arma puntata, per vedere di cosa si tratta.So quello che devo fare.Prendo lentamente la bandiera granata dalla tasca, passando un ultima volta le dita su quel telo ormai consunto, dal quale non mi sono più separato. Il vento che aumenta ne fa ondeggiare le estremità consunte. Percorro con le dita gli strappi e le cuciture che mia sorella operò la mattina di Ramstein. Un punto di filo qui, uno un po’ più giù, uno più giù ancora, come tanti plot di un aereo che vola per la sua destinazione, ignaro della morte che gli arriva addosso da Ovest.Un altro punto di cucitura qui, un altro ancora più a sinistra, un altro dalla sua provenienza, un altro verso il MIG libico ancora da abbattere, dopo che il primo missile ha colpito per errore il DC9, un altro qui…Ecco la tua bandiera. Tienila sempre con te. Me lo devi promettere.Sono in piedi ora, con la bandiera in mano.Mio fratello mi chiede che cosa sto facendo, ma non sento più le sue parole, tutto sta diventando ovattato e dal cielo mi sembra che tanti piccoli meteoriti luminosi stiano cadendo lentamente verso l’acqua, come piccoli lumini.Ripenso ai bambini che erano sul DC9 e capisco che sto pensando a me stesso.Forse quei lumini sono lacrime del cielo. Adagio la bandiera, che è stata compagna della mia vita, nel mare.Lentamente, l’acqua la percorre, la scurisce, il granata diventa rosso sangue, il tracciato galleggia nitido, sollevato dalle onde che aumentano e che stanno facendo ondeggiare l’imbarcazione.PLOFF, con uno spruzzo un oggetto emerge dal mare, in un fiotto di schiuma. Simon si volta a guardare, mentre Nadine mi tiene sotto tiro. Lo vedo galleggiare tristemente, da lontano. Sembra l’imbottitura di un sedile.PLOFF… PLOFF…, dall’altro lato della barca. Sono altri due sedili, con le fodere dell’ITAVIA, che riemergono dal mare.Il vento aumenta ancora. Vedo un granello di polvere che vola via dai miei vestiti.Poi un altro e un altro ancora, un rivolo di sabbia che percorre la mia pelle.- Oh mio Dio… Simon… guardalo…!E’ la voce di Nadine, lontana, atterrita. Ha fatto un passo indietro.Guardo il mio braccio, che ha gettato in mare la bandiera. Rivoli di polvere si stanno distaccando ed erodendolo… sto diventando polvere. Lontana polvere.Mi volto verso mio fratello. E’ la prima volta che lo vedo così. Vorrebbe sparare ma trema. So che il mio aspetto sta cambiando... Il vento mi sta portando via come polvere.Un altro fiotto di schiuma, un contenitore chiaro… sembra una valigia.Nadine e Simon indietreggiano, mentre dal mare continuano lenti e inesorabili a riaffiorare altri oggetti. Tutto intorno a noi è tutto un affiorare di oggetti e pezzi metallici.Mi inginocchio, queste sembianze non mi sostengono più. Allungo le braccia verso il mare e verso quegli oggetti, mentre il vento deposita questa polvere tra di loro.Forse rimarranno solo le mie ossa.Riesco ancora a sentire la voce terrorizzata di Nadine, sta gridando a Simon che vuole scappare da questo luogo.La polvere vola.Vola verso la bandiera, che ora galleggia con gli altri oggetti del DC 9.Verso una bambola che fluttua poco distante.Vola verso l’acqua del mare.Con me.

 

27 giugno 1980, ore 20:54- Ti sei svegliato, dormiglione?Un calore dolce tra le mani. Una voce che conosco, rassicurante.Apro gli occhi lentamente, il ronzio dell’aereo mi solletica.Poco più avanti la hostess ha lasciato socchiusa la porta della cabina di pilotaggio.Arrivano le voci dei piloti che parlano via radio.- Ci tenevi tanto a volare e poi hai dormito quasi tutto il tempo… - mio padre sorride.- Non importa papà – gli dico nel mio linguaggio di quattro anni. Volevo… volevo stare ancora cinque minuti con te...Mi guarda senza capire. Poi sorride, pensando che io stia ancora parlando del mio sogno.Mi volto verso sinistra. Di fianco a me, oltre il corridoio, c’è una bambina addormentata che stringe al petto una bambola forse più grossa di lei.I raggi del sole che tramonta, trafiggono dolcemente i finestrini da Ovest.- Papà...? – gli chiedo. Si volta verso di me sorridendo.- Ho paura… mi tieni la mano?Sento la sua stretta sulle mie manine. Appoggio la testa contro la sua spalla.Poi chiudo gli occhi.E’ una serata bellissima sul Mare Mediterraneo.Il tramonto a Ovest si dipinge dolcemente in colori pastello, mentre l’aereo si allontana tra soffici nuvole.

 

EPILOGO

Bologna, museo della memoria di Ustica, giugno 2010.I fotografi non mancano mai in queste occasioni. Sicuramente l’indomani ci sarà qualcuno pronto a sottolineare la vista del nuovo magistrato incaricato di far luce sul caso Ustica, nella sua visita al Museo della Memoria di Bologna.Le notizie delle ultime ore lo turbano. Un quotidiano in mattinata ha riportato la notizia che una copia dei tracciati radar della sera della tragedia, sarebbe ancora in circolazione e che lui sarebbe a conoscenza della loro esistenza.Le stesse parole di quell’uomo che gli aveva telefonato.Non l’aveva richiamato. Non poteva appellarsi a favole non basate su prove concrete.Negli ultimi giorni però, non aveva fatto altro che ripensare a quella telefonata.Aveva provato a richiamare, ma aveva trovato il cellulare spento.

 

Il magistrato non ha mai visto il relitto del DC 9 prima di allora.Il DC 9 è lì, in mezzo alla sala, ricomposto sulla rete metallica. Doveva essere enorme, i piani di coda, rimasti quasi integri, ne testimoniano la grandezza.La grande sala del museo che contiene i resti dell’aereo, è sovrastata da una rete metallica dove 81 lampadine si accendono e spengono al ritmo del respiro.La sala, ha appreso il Magistrato, è stata allestita dall’artista francese Boltanski.Il magistrato resta in silenzio, investito da una cappa emotiva della quale si credeva superiore.Lungo il percorso della visita, tutto intorno all’aereo, sono allineati 81 specchi neri, uno per ogni vittima della strage.Passando di fronte ad ognuno, si possono ascoltare registrazioni che simboleggiano i loro pensieri un attimo prima dello scoppio. Pensieri comuni, pensieri di serenità, che testimoniano l’imprevedibilità di quello che stava per capitare.E’ difficile rimanere impassibili uomini della legge di fronte a questo, il Magistrato chiede di rimanere da solo.Ho fatto bene ad andare a vivere a PalermoDomani incontrerò le mie amichette per giocareI nastri raccontano ognuno la propria storia, a mano a mano che il Magistrato transita di fronte agli specchi neri.Questa è la mia ultima occasione…Il magistrato si ferma di botto.Ha appena superato uno specchio.Si ferma e lo guarda. Fa qualche passo indietro ed il nastro dello specchio ripeteQuesta è la mia ultima occasione… mi deve credere… mi deve credere… mi deve credere…Il Magistrato rabbrividisce. Sono le stesse parole che gli ha rivolto quell’uomo al telefono.Mi deve credere… mi deve credere… mi deve credere… Il Magistrato si volta verso l’aereo.Di fronte alla pedana e allo specchio, c’è una grande scatola nera. Ce n’è una per ogni specchio.Contengono gli oggetti delle persone morte quel giorno, poi recuperate dal fondo del mare.L’uomo gesticola verso uno degli addetti al museo, chiedendogli di accorrere.L’addetto gesticola, si guarda attorno, poi rassegnato, apre la scatola.Il Magistrato si trova di fronte ad una bambola consumata, sopra altri oggetti.La guarda, la sposta.Sotto di essa c’è un panno colorato ripiegato e ormai sfilacciato.E’ quello che resta di una bandiera color granata, consunta dagli anni trascorsi in mare.Il Magistrato la tocca, ne percorre le cuciture.E’ incredulo.Qui un plot, qui un altroQuasi sorride, poi dice- Gua…

 

FINE

 

 

Questo racconto è dedicato alle 81 persone scomparse in quella strage, e alle loro famiglie, assassinate dalla ragione di stato internazionale e dall’omertà, che in questo Paese non ha certo bisogno di campagne pubblicitarie per attecchire.La verità è spesso cieca, i missili no.

Desidero ringraziare l’Associazione dei Familiari delle Vittime di Ustica, per avermi gentilmente concesso l’utilizzo del materiale del materiale a loro disposizione, e per la squisita cortesia dimostrata. Sebbene io non abbia utilizzato la foto della bambola, il testo è pregno della sua presenza.

Il museo della memoria di Bologna, esiste veramente.Nel 2007 il DC9 è stato portato simbolicamente dall’hangar di Pratica di Mare,  là dove il viaggio aveva avuto inizio, a Bologna. Lì sono stati allestiti alcuni locali dimessi ed i resti del DC 9 sono stati ricomposti su di una struttura in ferro.Ecco il link del museo, che consiglio di visitare:

Durante la narrazione, mi sono preso piccole libertà.I personaggi principali e le loro vicende sono frutto di fantasia, così come il radar di Poggio del Vallo. Tutto il resto è, per quanto possibile, reale. Dove gli eventi non sono supportati fa fatti, ho cercato di sopperire col buon senso, come nel caso della ricostruzione dello scenario internazionale. Spero di esserci riuscito.In quanto alla tragedia, ho preferito sorvolare sul dibattito riguardante la bomba a bordo, che ha infettato questa vicenda così a lungo.

Sulla tragedia di Ustica la rete offre ampi spunti di riflessione, anche se non sempre organico e attendibile.Se interessati, consiglio a tutti la visione della puntata di BLU NOTTE, di Carlo Lucarelli, dedicata alla vicenda. Consiglio, a chi non l’avesse visto, il monologo teatrale di Marco Paolini “I-TIGI, Canto per Ustica“.Molto interessante è anche la puntata de “La storia siamo noi”, di Giovanni Minoli.

La foto del racconto, che è andata lentamente comparendo in queste tre puntate, fu scattata nel maggio 1972 a Caselle.In quegli anni esisteva ancora la terrazza panoramica che permetteva ai visitatori di godersi lo spettacolo degli aerei in arrivo e in partenza.Per anni questa foto è stata conservata come cosa comune nel mio album dei ricordi.Prima che la guardassi veramente bene e che mi chiedessi se l’aereo dell’Itavia non fosse per caso… La compagnia all’epoca possedeva 5 Dc 9 e c’era una grossa probabilità che l’aereo ritratto fosse proprio l’I-TIGI di Ustica.Ho fatto ricerche, ho ingrandito la foto.La sigla dell’aereo è invisibile nello scatto, in quanto era posizionata poco sotto i piani di coda.Ingrandendo però la parte riguardante il motore, si nota una scritta:F 28.No, l’aereo non è il DC 9 della nostra vicenda.E’ un Fokker 2800, leggermente più piccolo rispetto ad un DC 9, e riconoscibile per altri particolari, gemello di quello, sempre Itavia, che cadde a Caselle il primo gennaio 1974.

Grazie a chi ha avuto la forza di leggere questo racconto e a chi riesce ancora a provare rabbia.Nonostante tutto. Mauro Saglietti