mondo granata

A Beethoven e Sinatra preferisco l’insalata

Redazione Toro News
di Mauro Saglietti

Questa è una storia spostata nel tempo, che si svolse quando non avrebbe dovuto svolgersi.Se tutto fosse andato come doveva andare, questa vicenda sarebbe capitare molti mesi prima dell’estate di cui parleremo e magari non avrebbe avuto risalto.Forse le nostre vite sarebbero state diverse,  e probabilmente questa Istantanea non sarebbe mai stata scritta.Invece questa storia decise di prendere lo scivolo del tempo

 

Mister tamburino, non ho voglia di scherzareFine settembre 1981.Il televisore è ancora quello piccolo e in bianco e nero, passeranno anni prima che ci si decida a passare a quella scatola magica colorata.Nel video transitano distrattamente dei cantanti.La mente però va al finire dell’estate.Non c’è scampo, la regola è spietata. In quegli anni l’ora solare torna in vigore l’ultima settimana di settembre, e si sa che quello che arriverà sarà un ottobre anteprima dell’inverno, col buio a cancellare le emozioni adolescenziali e non, di neanche due mesi prima.Un ascensore per l’estate, ecco cosa ci vorrebbe.Una catapulta che ci porti nell’unico periodo che in quella età ha un senso vivere, Natale a parte.Quasi senza saperlo, ne troveremo una in pochi minuti.Ma chi sarà in grado di accorgersene?La presentatrice dello spettacolo, Loretta Goggi, annuncia il terzetto dei prossimi cantanti.Si fa seria presentando uno di essi, che salirà sul palco a breve.Parla dell’ironia di questo artista.Mi distraggo dai miei pensieri cupi. L’ho già sentito, lo conosco per un pezzo…Ma difficile che mi interessi…Molto difficile.

 

La Mostra internazionale di musica leggera, che assegna la Gondola d’Oro, si tiene per l’ultimo anno proprio a Venezia, in quel fine settembre.A presentarla, in diretta televisiva, ovviamente sulla RAI, è Loretta Goggi, che apre le danze cantando la sigla, Il mio prossimo amore.

 

Sarà più grande il mio prossimo amore, saran notti chiare, di quelle che restanoChe importa se finirà, bello come sarà…

 

La manifestazione canora non è una gara vera e propria. Il vincitore sarà colui che dall’ultima edizione ha venduto più dischi.Gli artisti sono calibri da ‘90 dell‘epoca. Per intenderci, musica e parole sono fondamentali, il pezzo deve essere convincente.Grazie a Dio i tempi di Emma sono ancora lontani.Alberto Fortis esegue la sua Settembre, Miguel Bosé si esibisce conYou can’t stay the night. E Riccardo Fogli ci regala quella che è stata una pietra miliare dell’estate appena conclusa, uno dei suoi pezzi più belli prima della vittoria a Sanremo pochi mesi dopo: Malinconia

 

Metti che un giorno all’improvviso per stradaTi chiedi se è soltanto questa la vita,Parli una lingua che per gli altri è sbagliata,Anche restando a cento metri da casa.

 

E poi la Goggi presenta questo personaggio strano, sottolineandone l’ironia.Lui si presenta sul palco dietro ad un piccolo palchetto portato in scena per l’occasione.Attorno a sé ha una decina di uomini maturi in giacca e cravatta.Si scoprirà in seguito, sono i Madrigalisti di Milano.

 

Sintomatico mistero.- Mamma, guarda quanto assomiglia al nonno!Ed è vero, Franco Battiato, capelli a parte, ha una assomiglianza impressionante con mio nonno materno, che da qualche anno ci ha lasciato.Non c’è tempo però per i ricordi.Perché quel giovanotto di 36 anni, per nulla attraente, dalla strana chioma legata dietro in un codino, che guarda il video a metà tra il santone e l’annoiato, buca il video eccome.

 

Mister tamburino, non ho voglia di scherzare, Rimettiamoci la maglia i tempi stanno per cambiare,Siamo figli delle stelle, pronipoti di sua maestà il denaro…

 

Conosco Franco Battiato per avere ascoltato distrattamente da qualche parte la sua Up Patriots to arms, che risale all’anno precedente, ma la sua esibizione è qualcosa che rimane impressa.Quasi sfottendo i canoni della canzone italiana, porta con sé nell’esecuzione di Bandiera bianca, un coro di Madrigalisti che cantano soltanto la breve strofa centrale, mentre lui poco prima l’ha introdotta al megafono.Gli elementi di anticonvenzionali di rottura ci sono già tutti e il gusto per l’anticonformismo, anche musicale, con il riff di base quasi ossessivo, forse fa fare spallucce a chi lo archivia presto senza trovarne un aggettivo.Invece quella sera di settembre, Battiato lascia una matrice di curiosità impressa nel pubblico, che da lì in avanti se lo andrà a cercare, senza trovarlo al primo colpo.

 

Per fortuna il mio razzismo non mi fa guardareQuei programmi demenziali con tribune elettorali

 

Per quale motivo una canzone tanto impregnata di sociale e di staffilate aguzze contro la contemporaneità, nonché di citazioni dotte e non, e di giochi di parole, riesce ad impressionare positivamente anche un ragazzino di 13 anni? Non è facile comprenderlo. Ma non sarò il solo.Quello che capiterà a breve, sarà un qualcosa di irripetibile nella storia musicale italiana.Un ciclone che stravolgerà i canoni della canzonetta e che metterà d’accordo, forse per l’unica volta, generazioni diverse, critici e scettici, semplici e sofisticati.

 

C’è chi si mette degli occhiali da sole, per avere più carisma e sintomatico misteroDopo la Mostra Internazionale di Venezia potrete magari immaginare che Bandiera Bianca, e l’album che Battiato pubblica in quell’ottobre, abbia fatto breccia nella cultura popolare come una saetta.Invece no.Quasi inspiegabilmente, per chi ne era stato attratto da un magnetismo che sapeva di sintomatico mistero, 45 e33 giri non vengono ignorati ma quasi.Bandiera bianca fa il suo ingresso trionfale al Diciassettesimo posto dei dischi che vanno dalla posizione 11 alla 20 e che si suppone siano “caldi” e quindi pronti per entrare nei primi 10.Invece Battiato non è nei primi dieci della classifica della settimana successiva.Penso allora che possa essere rimasto nei dischi caldi, ma quando la trasmissione va in onda, di domenica, di Battiato non c’è traccia.Una sola settimana al numero 17 dei 45 più venduti, questa la storia di Bandiera Bianca e di quello che stava per non essere.Sì, perché ve l’ho detto.Questa storia prese lo scivolo del tempo.

 

Una spiaggia solitaria.L’inverno vola, a Natale mi viene regalato proprio il 45 giri incriminato, che guardo con una certa tristezza. Perché in fondo è triste non poter condividere qualcosa che senti grande, anche se non ne comprendi il motivo ed è triste il suo insuccesso.Il 45 giri ha la stessa copertina dell’LP, che si intitola La voce del padrone.All’epoca si ignora totalmente cosa significhi, ma tant’è.Il retro presenta una strana e suggestiva canzone, Summer on a solitary beach, con risvolti musicali talvolta inquietanti, soprattutto nella vocalità.

 

Passammo l’estate su una spiaggia solitariaE ci arrivava l’eco di un cinema all’apertoE sulla sabbia un caldo tropicaleDal mare…

 

Mare, mare, mare, voglio annegarePortami lontano a naufragareVia, via, via da queste sponde,Portami lontano sulle onde

 

Versi strani nel freddo invernale. Versi che nascondono qualcosa.Forse è meglio dimenticarsene?

 

Segnali di vita1982, l’anno della guerra tra Argentina e Inghilterra per l’occupazione delle isole Malvinas o Falkland.L’anno di Spadolini, il primo presidente del Consiglio non democristiano dopo quasi 40 anni.L’anno che, dietro a una curva a tutta velocità, ci porta via Gilles Villeneuve.L’anno nel quale perdiamo l’ennesima Coppa Italia, prima che Pulici lasci per sempre il Toro.L’anno delle canzoni una più bella dell’altra.Riccardo Fogli vince il Festival di Sanremo con Storie di tutti i giorni.Le polemiche infuriano, si dice che la casa discografica abbia comprato la vittoria, ma la canzone è talmente gradevole  che resta nei cuori ancora oggi, con la sua ritmica di chitarra inaspettata per il genere

 

Un giorno in più che se ne vaUn uomo stanco che nessuno ascolterà,Per tutti quelli così come noiSenza trionfi ne grossi guai,Un giorno in più che passa ormai,Con questo amore che non è bello come vorrei.

 

Oggi qualcuno la definirebbe qualunquista, ma all’epoca eravamo ingenui ma svegli, o viceversa, e anteponevamo la serenità alla rabbia. Sono gli anni in cui nelle radio private i deprimenti programmi di dediche vengono sostituiti con qualcosa di più improvvisato, un juke-box virtuale.Nella primavera, a Torino impazza Radio Manila ed il suo programma di richieste istantanee.E’ lì che mi accorgo che il 33 di Battiato, che aveva vivacchiato fino a quel momento lontano dalla top 20,  e del quale non so praticamente nulla, sta riprendendo quota.Si ascolta incessantemente un insieme di citazioni, di inglese misto a italiano, di concetti astrusi, una sorta di presa per i fondelli e di guazzabuglio cosciente, l’inaspettata Cuccuruccuccù.

 

Le penne stilografiche,Con l’inchiostro blu,La barba col rasoio elettricoNon la faccio più…

 

Sono passati quattro mesi da quella notte di settembre.Ancora poco e l’ora cambierà e ci porterà all’estate.Mi dirigo al negozio di dischi, coi miei pochi risparmi.Un LP no… arriverà l’estate davvero e lassù non avrò il giradischi.Una cassetta, ecco.Una cassetta che possa essere portata ovunque.- Vorrei La voce del Padrone di Battiato.Ancora non lo so, ma quel nastro rischierà di usurarsi per l’utilizzo estremo.Sarà quello il nostro ascensore per un tempo migliore.

 

Avevo già la Luna e Urano nel Leone.La storia di Battiato, come in tanti pensano all’epoca, non inizia certo l’anno precedente con Patriots, o poco prima. Anzi, il successo coglie l’artista siciliano non proprio in giovanissima età.In realtà, dopo alcune comparsate come cantante su dischi allegati a giornali di enigmistica, sul finire dei ‘60 e dopo una iniziale parentesi come cantautore di protesta, Battiato affronta gli anni ‘70 col gusto della sperimentazione.Si sposta da una parte all’altra dell’Italia col suo maggiolino, portandosi dietro l’attrezzatura elettronica a quei tempi indispensabile.I suoi primi dischi sono diventati oggetti di culto, dove la sperimentazione gioca con ampie atmosfere ovattate, nelle quali già si intravede il gusto per il mascherare le parole o per confondere i concetti tra schemi senza riferimento.Dal 1971 escono Fetus, Pollution, Sulle corde di Aries, Clic, che saranno poi ristampati a due a due, in una sorta di sintesi, nella collana Orizzonte.I primi 4 dischi vendono poco o nulla, oggi un artista del genere verrebbe preso a pedate da più parti, anzi, non gli permetterebbero neanche di avvicinarsi ad uno studio di registrazione.O ci si adatta al prodotto da reality, a meno che tu non sei un fenomeno, oppure ciao.Eppure senza quella sperimentazione, il Battiato che conosciamo non sarebbe mai esistito.Poi altri tre album, rispettivamente Zâ - Cafè-Table-Musik (o semplicemente Battiato), quindi juke Box, e L’Egitto prima delle sabbie.Si tratta prevalentemente di lunghi componimenti, spesso soltanto strumentali, primo momento in cui il desiderio di una ricerca filosofico-spirituale si affaccia concreta nella produzione battiatesca (quando l’Egitto prima delle sabbie mi verrà regalato, tenterò il suicidio, dopo avere ascoltato la prima facciata, composta da un unico accordo di pianoforte).Il ritorno alla canzone avviene con il mitico album L’era del cinghiale bianco ed è datato 1979. LP nel quale, oltre ad avvalersi della collaborazione di musicisti che come formazione sono agli antipodi (tra i quali l’ex violinista della Scala Giusto Pio), Battiato gioca con lingue e generi diversi, menzionando addirittura i “peli del Papa”, verso di Magic shop, poi eliminato dalle successive interpretazioni.Con Patriots, album vigoroso e di sostanza, del 1980, il grande salto è ormai pronto.L’imminente capolavoro si può già intravedere in Frammenti, che mischia irriverentemente versi di poesie famose, quasi canzonandoli, o nella title track, primo segnale di invettiva che sfocerà in Bandiera bianca. O ancora nella celeberrima Prospettiva Nevskij, più simile a ciò che l’autore farà dopo La voce del padrone.Album che si fanno notare, ma che restano comunque ai margini.Qualcosa però si muove nell’aria, nel senso che in molti notano le scintille della potenziale creatività di Battiato.Nello stesso 1980 ha inizio la collaborazione con Alice, sotto lo stesso produttore, che porta dapprima a Il vento caldo dell’estate (soltanto di Messina-Pio) e quindi alla famosa Per Elisa, che nel 1981 vince il Festival di Sanremo e consacra Battiato all’attenzione generale della musica italiana.Quando dunque Battiato arriva agli studi di incisione di Alberto Radius, ex Formula 3, per incidere La voce del Padrone, ha certo in mente un grande passo in avanti, ma assolutamente non immagina neanche di striscio che il suo lavoro diventerà in pochi mesi un successo di dimensioni stellari, primo 33 giri italiano a superare il milione di copie vendute.

 

Battiato è accompagnato da un team di musicisti affiatato, che imprimerà un marchio inconfondibile alla sonorità asciutta del 33 giri.Oltre che da i già citati Radius e Giusto Pio (che collabora attivamente con Battiato agli arrangiamenti e all’orchestrazione) vi sono Filippo Destrieri alle tastiere, Paolo Donnarumma al basso, oltre al coro dei Madrigalisti di Milano, che compaiono in tre composizioni: Bandiera Bianca, Cuccuruccuccù e Centro di gravità permanente.

 

Il tempo cambia molte cose nella vitaE’ la primavera del 1982, dunque, ci eravamo lasciati a febbraio, ora sono passati tre mesi circa.E’ una stagione indimenticabile per la musica, forse l’ultimo grande grido.Tanto per dare un’idea della produzione di quell’anno, nella top 10 figurano Paradisedi Phoebe Cates (mio mai corrisposto sogno adolescenziale), Just an illusion degli Immagination, Five O’ clock in the morning dei Village people, il già citato Riccardo Fogli e Survival degli America.

 

I'll let the moon announce my arrival To every eye that cares to see Just working on the art of survival Where do we go from here, where do we go from here

 

Più tardi arriveranno Ebony and Ivory di McCartney - Stewie Wonder, She’s a lady di Richard Sanderson, Harden my Heart dei Quarter Flash, Messaggio di Alice, e Don’t you want me degli Human League.Battiato?Battiato è lontano dai 45 giri.E’ primo nei 33.

 

Il fenomeno è esploso lentamente e La voce del Padrone ha scalato con gradualità inesorabile la classifica dei dischi, fino a diventare il disco più venduto non solo della primavera, ma anche di quella che sta diventando estate.Il fenomeno diventa di massa, le canzoni, finanche ripetute alla nausea, sono talmente caleidoscopiche che non possono venire a noia.Quello che giaceva invenduto fino a poco tempo prima, sta girando sull’Hi-Fi di qualcuno.Quello che non era stato preventivato, viene stampato invece d’urgenza.

 

Voli imprevedibili.7 canzoni, non una di più, non una di meno.Un numero importante per Battiato, così come 7 erano in L’era del cinghiale bianco, Patriots e come saranno in L’arca di Noè.L’ascolto dura mezz’ora, tre pezzi nella prima facciata, quattro nella seconda.Il tempo sembra molto più lungo perché l’album alterna ritmi e concetti in modo sapiente.Ed in quegli ascolti estivi del nastro, che chissà come mai ascoltavo sempre facendolo iniziare dalla parte B, che fuoriesce tutta l’azzurrità del disco, non solo estiva, che probabilmente risente del periodo di incisione.Le tematiche sono tutt’altro che invernali e si adatteranno alla perfezione alla balnearità popolare di una Nazione che può ancora permetterselo.Quanto suona diversa e pacata ora la Summer on a solitary beach che così strana ci era sembrata qualche mese prima, che quasi sembra di visualizzarne la striscia di sabbia solitaria di fronte ad un mare tropicale!L’irriverenza di Bandiera bianca si è ora esplicata in Cuccuruccuccù e Centro di gravità permanente, che sembrano per molti inni nonsense, una sorta di teatro di Ionesco cantato in modo sbeffeggiante.

 

Non sopporto i cori russi,La musica finto rock,La New Wave italiana,Il free jazz punk inglese,Neanche la nera a africana.

 

Battiato riduce la narrazione della canzone, disintegrandola in un’esplosione di coriandoli che fanno capo a piccole immagini, talvolta stridenti per l’improponibilità dell’accostamento.

 

I desideri mitici di prostitute libicheIl senso del possesso che fu pre-alessandrino

 

Il pubblico non comprende, o finge di non farlo.Ma gradisce molto.La sensazione, che coinvolge milioni di ascoltatori, è di avere a che fare con un qualcosa la cui unitarietà rasenta la perfezione, e che mozza il fiato anche se non se ne capisce lontanamente il significato.Anni dopo mi capitò la stessa sensazione di fronte a Mulholland Drive, un suggestivo film di david Lynch che non fui in grado di comprendere neppure dopo la terza visione, eppure di un tale impatto emotivo ed artistico da farmelo considerare un capolavoro, un colpo di genio.I critici plaudono, il pubblico esulta e sembra non accorgersi di qualche richiamo, qua e là, un po’ più circostanziato a proposito di temi specifici.I brani come Segnali di vita vengono più considerati come un esercizio di finto stile, più che per le sue “meccaniche celesti”

 

Si sente il bisogno di una propria evoluzione, Sganciata dalle regole comuni,Sa questa falsa personalità

 

Mentre la solennità de Gli Uccelli, viene ulteriormente scomposta da un ascoltatore che si rifiuta comunque di uscire da questo bel caleidoscopio che Battiato gli ha fornito, facendo apprezzare ad ognuno una sua componente diversa e privandola forse di quel messaggio che l’artista in fondo voleva dare.

 

Voli imprevedibili ed ascese velocissime,Traiettorie impercettibili, codici di geometrie esistenziali

 

Sì, perché Battiato anni dopo rivelerà di aver voluto inserire dei messaggi nell’intelaiatura del disco e nella sua musicalità.Una sorta di travestimento per quello che già da anni l’artista inseguiva, molto presente in L’era del cinghiale bianco, meno visibile in Patriots.In larga parte la gente ignora tutto questo, salvo accorgersene in seguitò, preferendo invece l’aspetto dissacrante del tutto, la macchina ghignante che travolge lo stato della canzonetta, un potere disprezzato più che nominato, la cultura dotta semanticamente contaminata da accostamenti che la pugnalavano.L’unicità de La voce del padrone sta nel suo essere un tutt’uno inseparabile da canzoni singole (infatti non furono pubblicati altri 45), e l’aver colto, nel momento esatto rabbie ed esasperazioni di una società con uno sberleffo intelligente.Non c’era traccia di caciaroneria in Battiato, o di ruffianaggine.In un modo o negli altri egli finì col catturare anche le persone che erano la vittima della sua invettiva in Bandiera Bianca.

 

Ho sentito degli spari in una via del centro,Quante stupide galline che si azzuffano per nienteMinima immoraliaE sommersi soprattutto da immondizie musicali.

 

Tra noi si scherzava a raccogliere orticheL’estate del 1982, chi può dimenticarla.Chi può dimenticare i gol di Paolo Rossi contro il Brasile, in quel giorno di luglio nella casa in montagna.- Ascoltiamo Battiato?Tra il primo ed il secondo tempo, con l’Italia in vantaggio 2-1.Quanto si può ascoltare? Due pezzi, forse tre.Cuccuruccuccù, Segnali di vita e Centro di gravità permanente.E poi di nuovo Italia Brasile, nel nostro ingenuo tifo.

 

La voce del padrone resta in testa per tutta l’estate, con l’eccezione di un paio di settimane nel quale viene scalzato da Bella ‘Mbriana di Pino Daniele.I due Lp duellano ma alla fine La voce lo scalza definitivamente e torna in testa, dove rimarrà fino ad ottobre.Estate indimenticabile, la lotta non è soltanto con Pino Daniele, ma con Titanic di De Gregori, Eye in the sky degli Alan Parsons project e Cocciante.I singoli di quei giorni sono Bravi Ragazzi di Miguel Bosé, primissima a lungo, Avrai di Baglioni, Lamette di Rettore, Tanz bambolina di Alberto Camerini, Non sono un signora della Berté (con voce), Vivi di Gianni Togni, Da da da dei Trio.E poi, nella seconda metà di agosto, un’altra artista siciliana, Giuni Russo, si affaccia alla ribalta delle hit.La sua Un’estate al mare, scritta proprio da Battiato, arriverà al secondo posto, consacrando definitivamente Battiato al mito.

 

Oggi un disco del genere verrebbe sospinto da campagne promozionali per farlo vendere il più possibile (con la premessa che oggi si vende pochissimo).Dopo ottobre invece, ci si dimentica un po’ troppo in fretta di La voce del Padrone, che viene lasciato accomodarsi sul fondo delle hit (a fine dicembre è ancora sedicesimo), per il fatto che Battiato, che decisamente non aveva confidato in una simile apoteosi, ha da tempo pronto il nuovo disco.Uscirà poco prima di Natale, si intitolerà L’arca di Noè, e sarà un disco diversissimo.Ma questa è un’altra storia.

 

C’mon baby, let’s twist againCosa è rimasto dopo trent’anni di quel disco, dopo quel successo clamoroso?L’artista ha seguito altre strade, quelle che voleva, liberandosi un po’, nel corso degli anni ‘80 di quella a-struttura che avrebbe rischiato di imprigionarlo.Oggi Battiato viene giustamente considerato un Maestro e la sua insaziabile voglia di ricerca non si è certo placata con gli anni.Ha scritto pagine meravigliose (Nomadi, La cura), cose completamente diverse da quello che si generò tra il 1981 e il 1982.Cosa è rimasto dunque?In pratica tutto.Questo disco non è invecchiato di un solo giorno e la sua magia risiede in una spaventosa e agghiacciante attualità.Nell‘ascoltarlo, dopo tanti anni, si ha la stessa terribile sensazione che si avrebbe nel comprendere il significato di un film nelle ultime battute.E se tutto questo non fosse stato fatto per la giocosità del 1982, ma, ammonimento inascoltato, avesse parlato del tempo a venire?

 

Quante squallide figure che attraversano il paese,Come misera la vita negli abusi di potere

 

Sradicato dall’epoca che lo ha prodotto, La voce del padrone diventa di una terrificante attualità, persino sonora, quasi non avesse fatto che parlare di noi all’epoca.Quasi la caleidoscopica confusione fosse stata finalizzata ad un messaggio che ci metteva in guardia.Quale mondo metteva alla berlina Battiato? Quello del 1982, nel quale comunque qualcuno era in grado di comprenderlo senza capirlo, oppure il nostro, dove un disco del genere non avrebbe certo la forza per essere neanche ascoltato.Da quale mondo stava scappando Battiato?

 

Ti accorgi di come vola bassa la mia mente,E’ colpa dei pensieri associativi, se non riesco a stare adesso qui

 

Mare, mare, mare, voglio annegarePortami lontano a naufragareVia, via, via da queste sponde,Portami lontano sulle onde

 

Migrano, gli uccelli, migrano,Con il cambio di stagione

 

Questo disco non è mai invecchiato, è sempre stato con noi. Fateci caso, sono trascorsi più trent’anni eppure in molti ricordano alla perfezione le parole di quest’album magico e pirotecnico.Se ancora oggi riesce a dare emozioni, mi chiedo se non sia veramente un caleidoscopio in grado di interagire con la realtà che la circonda, dandocene una chiave di lettura.Un disco che parla lingue diverse e che mi sento sinceramente di consigliare a tutti coloro i quali non l’hanno mai ascoltato.Ma anche a chi non ha mai dimenticato quello stridore di concetti e quelle reazioni  che seppellivano il mondo sotto una risata.

Mauro Saglietti