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Guida al granata in trasferta / Alcune informazioni sulla trasferta nella città veneta a cura del nostro Roberto Voigt
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"Visto da vicino, il Chievo è ancora oggi una strana creatura. Nonostante siano ormai archiviate le stagioni della favola Chievo e la squadra veronese sia diventata presenza stabile nel campionato di Serie A, i mussi continuano a muoversi in un'esistenza anfibia, difficile da afferrare in pieno. Il Chievo, data anche la breve storia sul palcoscenico che conta, non ha mai rappresentato nella storia particolari classi sociali o gruppi di persone e anche oggi, cercando di rispondere alla domanda «chi tifa il Chievo Verona?» le risposte identificano solitamente veronesi tranquilli, non interessati a vivere il calcio con l'intensità del mondo Hellas, veronesi di cintura e veneti sparsi nella regione, che riconoscono nel Chievo un modello di calcio e di tifo sostenibile, diverso da quanto siamo abituati a vedere.
"Proprio per questo, la guida alla trasferta contro il Chievo non può che iniziare alle porte di Verona e dopo aver dato le spalle alla città muoversi intorno alle sue mura per scoprire innanzitutto la terra da cui il Chievo arriva, da dove la squadra clivense ha iniziato il percorso che l'ha condotta in Serie A. La prima cosa che notiamo, muovendoci da Verona in direzione Chievo, è la diga sull'Adige, fiume azzurro e potente. Oltrepassandola, l'altra riva è Chievo, ex frazione e ora quartiere veronese, con la sua villa Pullèdiroccata, dove dormì anche Re Umberto I, e il campo parrocchiale Bottagisio dove i clivensi giocarono dal 1957 al 1986, quando il passaggio ai professionisti gli impose il Bentegodi. Una piccola città nella città, con la sua sagra, i suoi campanili e le campane (cui pare gli abitanti siano molto affezionati) e che si ricorda, nella storia della cultura nazionale, come il luogo in cui Boccioni forse il miglior artista futurista italiano nel 1916 morì cadendo da cavallo, durante un'esercitazione.
"Da qui si apre al turista in trasferta tutta la provincia veronese, una terra ricca di sapori e di memoria, di storia e tradizioni, assolutamente in linea con il capoluogo. Da Chievo, infatti, il turista è già orientato per approdare in Valpolicella, terra di vini e di antiche chiese, che non possono non stuzzicare la fantasia di chi viaggia. Notoriamente ricordata per il Reciotto e l'Amarone veri principi della tavola la Valpolicella è anche un luogo di grande stratificazione storica: dagli autoctoni Arusnati ai Romani, seguiti dai Longobardi, dai Veronesi e dalla Serenissima; ognuno di loro ha lasciato traccia del suo passaggio, costellando questa terra di pievi, castelli, ville venete e capolavori artistici. Un invito a perdersi, più che un invito al viaggio, quello della Valpolicella.
"Ma non solo storie antiche: muovendosi da Verona verso la Valpolicella ci si imbatte in Pastrengo, luogo simbolo della Prima guerra di indipendenza, battaglia in cui i piemontesi sconfissero gli austriaci con una memorabile carica dei carabinieri a cavallo. Un episodio su cui ricamò la retorica postunitaria, facendo del paese veronese un toponimo per vie e piazze in tutta Italia; si trattò invece di una vittoria amara, destinata ad essere rovesciata, con la vittoria asburgica della guerra a Novara.
"Il tifoso in trasferta potrebbe arricchire la gita enologica sia muovendo verso occidente, sbucando sopra il lago di Garda, a Bardolino (dove anche qui testimonianze storiche possono migliorare il contesto dellebevute) sia muovendo verso oriente, dove troverà a sbarrargli la strada le mura di Soave. Erette nel 1369 per ordine di Cansignorio della Scala, le mura di Soave circondano ancora oggi l'abitato, dominato dal castello scaligero e impreziosito da palazzi e chiese medioevali (dentro la chiesa di San Giorgio, curiosità bizzarra, si custodisce anche la coda di un animale preistorico). Anche qui, come in Valpolicella, il vino è il prodotto stesso della civiltà, una tradizione che supera i secoli e i millenni con vigneti ben più antichi della dominazione romana.
"La provincia di Verona è quindi uno scrigno di storia e di bellezza, di cavalieri e di vigne, di castelli e di monaci, di arte e di natura. Una tradizione medioevale che il Chievo in qualche modo riprende, con i nomi dei calciatori scritti in carattere gotico sul retro delle maglie mentre davanti, in basso, campeggia tradizionalmente il suo cavaliere (che altri non è che Cangrande, ritratto nella statua equestre conservata a Castelvecchio a Verona).
"Così, per la venticinquesima volta nella sua storia, il Toro affronterà il ChievoVerona, capitanato dal calciatore scuola Toro Sergio Pellissier, primo valdostano in Nazionale della storia del calcio italiano. Un esempio, uno dei tanti (l'ennesimo!) di quanto il vivaio granata abbia inciso nella storia del calcio italiano, un giocatore che sulla diga dell'Adige ha trovato il suo ambiente trasformandosi in un simbolo, un recordman capace di scrivere la storia di questo piccolo club che caparbiamente, anno dopo anno, da piccola cenerentola è ormai diventata una provinciale stabile del calcio italiano.
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