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Affogati dal sangue

Affogati dal sangue - immagine 1
di Mauro Saglietti
Redazione Toro News

Dicono che quel giorno piovesse.La pioggia lava via il sangue.E se non basta la pioggia, lo fa un autobotte dei pompieri, incaricata da molto in alto, di ripulirlo. Portando via le tracce di quel giorno.Sì, probabilmente in Lombardia stava piovendo.A Torino forse, nei miei ricordi di bimbo, in Via Chiesa della salute era uscito il sole.Avevo compiuto da poco sei anni e mi trovavo con la nonna in una drogheria, una di quelle botteghe di un tempo passato, allineate in bella fila a due passi da casa. Prima si passa dal macellaio, poi dal panettiere, poi portiamo le scarpe dal ciabattino.Una voce metallica in avvicinamento ruppe la quiete di quella mattina ancora priva di obblighi scolastici.La voce si avvicinava, diventava potente e concitata e tutti nel negozio si fermarono a cercare di comprendere.Misi il naso fuori dalla bottega, infilando la testa tra i fili di spugna dura che componevano la tenda verticale.La macchina con l’altoparlante sul tetto si stava allontanando e stava affrontando l’incrocio di Via Coppino. Le sue parole mi sembrarono finalmente chiare.- E’ scoppiata una bomba a Brescia… E’ scoppiata una bomba a Brescia…Non ho più ricordi di quel che accadde dopo.Nessuno di noi ha più ricordi.Cosa c’entra col Toro? C’entra.

 

- Mamma, so contare solo fino a nove! - dice il bimbo.- Come fino a nove? Non sai che dopo il nove c’è il dieci?- No, mamma. Io conto solo fino a nove. E non voglio che tu vada via questa mattina!- Ma dai, non fare così! Starai con la nonna e io tornerò presto…- Non andare, mamma!La porta si chiude mentre il bambino conta tra le lacrime.Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto e nove.

 

Quale linguaggio usare, per parlare di avvenimenti che sono stati usurati, nella nostra scala di valori ormai distorta, dal sentito e risentito? Quale verbi utilizzare per sfuggire gli sbuffi della gente, stufa e cinica e dalle sue alzate di spalle?Non c’è linguaggio, non c’è potenza verbale o visiva che possa forse arrivare al cuore della gente.Spesso secco, altre volte stanco, in molti altri casi che si sorprende di battere più forte del dovuto.Era una mattina come tante, in un paese che arrivava da lontano.L’Italia sorta sul finire degli anni ‘60 era un paese con un enorme potenziale di crescita culturale, pur tra mille pericolose devianze, che aveva sete di libertà. Non nel senso ruffiano, distorto e spesso individuale con cui spesso viene utilizzata oggi, ma nel senso di crescita collettiva prima che individuale.Quella libertà venne schiacciata sotto il tacco da logiche di macropolitica non solo economica, trasversale alle Nazioni, con regole delineate a tavolino, e strategie probabilmente basate su studi di professionisti senza Dio.Certo, lo so già. Ci sarà subito qualcuno pronto a dire che le ingiustizie sono figlie di questa terra, che la gente ha continuato a morire nelle fabbriche cinesi, come in Palestina o Libano, oppure uccisa dall’amianto, o dalle scorie radioattive in Somalia, o ancora distrutta dall’eterna fame o dagli odi razziali, nei Gulag o sulle torri gemelle.Sicuro, muoiono in tanti e alla fine ci si abitua all’idea, come se non fosse morto nessuno.Rifuggo come la peste questa banalità qualunquista e ciarlatanatoria, che fa dell’abitudine la propria cassa da morto autoindotta.Perché te la prendi? Anche io ho mal di denti. Anche lui non ha soldi. Anche quello là ha perso il padre, Anche tizio è ammalato.Il mal comune mezzo gaudio mi ha sempre provocato l’orrore che provocano le rassegnazioni.Quello del non prendersela per una cosa, perché ci sono state e ci saranno cose peggiori.C’è sempre qualcuno che sta peggio, perché alla fine non stia male nessuno.E tra queste pozze di sangue diventata marea, che rivendicherò fino all’ultimo il mio diritto di indignarmi.

 

Immagino ancora qualcuno pronto a dividersi sui morti, a fare differenze tra stragismo di destra e terrorismo di sinistra.Minchiate.Il sangue che scorre ha un solo colore. Un padre che piange un figlio, ditemi voi, di che colore è? Verde? Blu?Ma anche questo è stato già detto e risulta persino banale e irritante, tanto sono stati usurati concetti preziosi.Destra e Sinistra sono state strumenti di chi ha canalizzato il fanatismo per i propri fini, imbecillità create ad arte per dividere, paraventi per incanalare odi e paure, in modo tale che persone con interessi simili si potessero prima fare la guerra, poi sparare per le strade, e oggi disprezzare, eterno derby dei perdenti.

 

La mamma si aggira tra la folla di quella mattina.Sta cercando le amiche insegnanti. Anche loro hanno deciso di partecipare a quella manifestazione.La mente ritorna però a quanto detto dal suo piccolo quella mattina. Continua a pensare a quel uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto e nove, ripetuto tante volte dal suo piccolo.Il pensiero la fa distrarre. Non trova le sue amiche e non riesce a concentrarsi sul discorso che proviene dal palco.Soltanto sulla gente accanto a sé.Ci sono insegnanti, pensionati, studenti, non solo i lavoratori che aveva immaginato.Quante sono le persone attorno a sé? Quasi le conta, come per scherzo.Le torna in mente la conta del suo bimbo. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto e nove.Si sofferma sulle persone che vede. Ognuno ha la sua storia lì, fatta di speranze e affetti.Forse ognuno ha un qualcuno che lo aspetta, accovacciato dietro la porta.I pensieri su quello che sarà, dapprima il pomeriggio, poi forse un futuro per cui impegnarsi e sperare.Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto e nove.La donna conta soltanto otto persone nelle immediate vicinanze e si chiede per quale motivo non veda la nona.Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto e nove.Si sposta leggermente, vittima di un presagio.Sul palco l’oratore esclama- A Milano…

 

Forse qualcuno avrà pensato che la mia indignazione nasca per quanto avvenne quel giorno a Brescia.Niente di più sbagliato.Se ripenso ai morti per strage, provo un gran dolore.La rabbia nasce oggi.Provate a chiedere in giro - Sai dov’è Piazza della Loggia?- Eh?- Conosci la storia del treno Italicus?- Itali-che?- E Piazza Fontana?- Sì, l’ho sentita…- E Ustica? - Sì, quella dell’aereo. Ma non è roba vecchia?

 

Il dolore si piange con le vittime. La rabbia nasce dall’inutilità della loro morte. Dal fatto che abbiano vinto gli altri. Che abbiano affossato non solo il dolore, ma il ricordo di esso sotto una bara di cinismo, utilitarismo e rassegnazione. Nasce dal fatto che la cultura di quel paese che sperava di emergere da prove di sofferenza storiche, sia stata annientata, fatta oggetto di scherno, abbattuta fino a rendere ridicolo anche il più naturale di sentimenti, che non sia il pietismo televisivo.Nasce dal fatto che questo paese dovrebbe provare vergogna per la sua storia recente, che dovrebbe essere studiata ogni giorno, anche se ormai i danni culturali degli ultimi due decenni sono talmente estesi che poco potrà essere ancora fatto.A scuola, se ancora esistono fondi per questo organismo statale, si studiano civiltà di 2000 anni fa, ma si ignora cosa è successo l’altro giorno. Meglio è stato, in questi decenni, abbuffarsi di finti lustrini e paillettes e credere di far parte di un paese talmente edonista da essere in grado di rinunciare alla propria intelligenza. .E, per quanto possa essere vero, siamo già nel binario della retorica.Quel giorno a Brescia, come in tante altre Piazze, treni e stazioni, non si volevano uccidere delle persone.Si uccise un’Italia di cui si poteva essere fieri e non vergognarsi.

 

- A Milano…Il bagliore la sorprende mentre è già passato.Tutto è fumo bianco, grida rotte dal silenzio di chi era vicino a lei.E’ per terra, qualcuno le è finito addosso. Qualcuno che ora non si muove più.L’aria è densa di una strana puzza di bruciato, ma l’odore che ha addosso è quello del sangue.Macchie di sangue che si allargano sul selciato della Piazza e sembrano lentamente volerla riempire, senza che nessuno possa fermarle.La donna per un attimo, prima di perdere conoscenza, tutto diventa scuro.Sente soltanto più la voce del suo bimbo.Che conta fino a otto,Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette e otto.

 

Il 28 maggio 1974 in Piazza della Loggia a Brescia, vennero uccise 8 persone che stavano assistendo ad una manifestazione politica.Come certo sapete, dopo 36 anni, valanghe di faldoni, indagini e depistaggi, hanno portato alle ennesime recenti assoluzioni.Il mondo nel frattempo si è capottato, le ideologie sono morte, si sono combattute guerre, i valori si sono ribaltati, diventati zimbello del cinismo e della macroeconomia, dittatori sono stati messi a morte e altri ne sono sorti tra gli Hurrà! della folla,.In tutti questi anni, quante volte è stato detto!, mandanti ed esecutori di questa strage sono stati protetti e coccolati, da una ragion di Stato trasversale e distorta, per cui la vita non ha prezzo.Nel senso che non ne ha alcuno.Non c’è colpevole per i morti di Brescia.

 

Ecco i nomi delle vittime.

Giulietta Banzi Bazoli Livia Bottardi Milani Euplo Natali Luigi Pinto Bartolomeo Talenti Alberto Trebeschi Clementina Calzari Trebeschi Vittorio Zambarda

 

Vi chiederete, cosa c’entra tutto questo col Toro?C’entra nella misura in cui facciamo parte della stessa comunità, che si basa su una scelta di vita comune forte. C’entra nella misura in cui in questa comunità, che a volte pare in pericolo di rinsecchimento, queste storie possono trovare persone in grado di comprenderle.E di farle proprie.Poi davvero, possiamo decidere se indignarsi abbia ancora un senso. Oppure farci travolgere da questa marea rossastra e appiccicosa, dalla quale affiorano soubrettine sculettanti, palazzinari che sghignazzano per i terremoti, puttanelle di Stato e ignoranza elevata a valore civile.Ognuno di loro spunta sorridente tra queste onde che salgono silenziose, fatte di un sangue che nemmeno riconosciamo, partite dalle ferite che abbiamo lasciato sanguinare da allora.

 

Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette e otto, come i morti di quel giorno.Il bimbo piange seduto dietro la porta, aspettando la sua mamma.Sente i passi sul pianerottolo e non capisce la strada che il destino ha scelto per lui.Se, bimbo, vedrà la porta aprirsi ed un sorriso gli rivelerà la sua mamma.O se si ritroverà ormai vecchio, sempre seduto per terra a domandarsi se mai quell’uscio un giorno si aprirà- Mauro Saglietti

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