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Nel 93esimo anniversario della nascita di Enzo Bearzot, il Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata di Grugliasco ha inaugurato la mostra temporanea dedicata all’ex calciatore e allenatore del Torino, visitabile sino al 31 gennaio. Un omaggio sentito a colui che rimane una delle bandiere della storia granata, sebbene sia ricordato soprattutto per la vittoria del Mondiale del 1982 come ct della Nazionale.
A fare gli onori di casa sono stati il presidente e il direttore del Museo, Domenico Beccaria e Giampaolo Muliari. Beccaria, introducendo la presentazione della mostra, ha letto un commovente scritto di Bearzot in cui il “Vecio” ricordava il suo primo giorno al Filadelfia da calciatore del Torino nel 1954. “Come Ferrini, Bearzot è stato un emblema dei valori che hanno sempre contraddistinto la storia del Torino: fare poche parole e tanti fatti. E soprattutto ha sempre avuto un enorme attaccamento alla maglia, valore ormai annacquato nel calcio di oggi”.
Ospiti sono stati i familiari dell’allenatore, la figlia Cinzia e il nipote Rodolfo, che hanno collaborato attivamente alla realizzazione della mostra. “Papà aveva un’etica incredibile e con me insisteva sempre su una cosa: non avrei mai dovuto sprecare il mio talento. Per fare un esempio, se gli portavo a casa un 7 in pagella mi rimproverava perché secondo lui avrei dovuto puntare a qualcosa in più”, ha raccontato Cinzia Bearzot.
Ospite anche Gigi Garanzini, noto giornalista che di Bearzot è stato cantore delle sue imprese ma anche amico personale, avendo con lui scritto un libro nel 1997. “Bearzot è sempre stato un hombre vertical. Ovunque andasse, era sommerso dall’affetto della gente”. Lo era po’ meno da parte dei tifosi del Torino, che hanno rimproverato a Bearzot - durante il suo lungo interregno sulla panchina della Nazionale - di aver spesso preferito il blocco “Juventus” al blocco “granata” dei giocatori che avevano vinto lo scudetto nel 1976. “In effetti, Bearzot forse non si comportò benissimo con Pulici - ha ammesso Garanzini -. Paolo si fermò a 19 presenze in Nazionale, arrivare a 20 gli avrebbe fatto piacere. Anni dopo, ho capito che Bearzot aveva dei rimpianti su questo. Ma non gli faceva piacere quando, capitando a Torino, qualche tifoso granata insinuava una sua vicinanza con la Juventus. Lui che in vita sua non ha mai guidato una Fiat proprio perché rappresentava la parte bianconera della città”.
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