Quindici giorni per goderci questo scoppiettante fine anno granata, con le ultime cinque partite con una media da Champions e una classifica che ci fa solleticare le grandi e sognare l'Europa. Riprenderemo a gennaio carichi di ottimismo, una volta tanto, perché questa squadra ha finalmente una fisionomia, un gioco, delle individualità interessanti. Robe normali per altri ma incredibili per noi, che in questi ultimi anni siamo andati avanti troppo spesso improvvisando, con formazioni raffazzonate, giocatori fuori ruolo e gioco frequentemente latitante. La dirigenza ha sicuramente le sue colpe, i primi anni della gestione Cairo, scanditi dal valzer di direttori sportivi e allenatori, sono stati tra i peggiori della nostra storia, ma adesso sembra proprio che qualcosa sia cambiato. Due anni fa, in serie B, sono state gettate le fondamenta per un progetto a lungo termine, e lo stesso Cairo, con Petrachi e Ventura, sta cominciando a cogliere i frutti di questo lavoro. Ora, però, non può finire tutto sul più bello. Il Toro che verrà deve mantenersi sulla scia di quello che abbiamo ammirato in questi ultimi mesi. Deve continuare così, consolidarsi e rinforzarsi. Facile a parole, ma nei fatti? Nei fatti bisognerà convincere Cerci sul fatto che è meglio essere il leader del Toro che una delle tante vedette in un'altra società. E fargli capire che un posto nell'Olimpo granata lo farà entrare nella nostra storia, e non è cosa da poco per un calciatore, garantendogli quello stesso affetto immenso che ancora raccolgono le nostre bandiere anche a distanza di anni dal loro passato granata. E Cairo dovrà essere bravo, ma proprio bravo a motivarlo per tenerselo stretto. A tenere stretto lui ma anche Immobile, al momento uno dei migliori colpi di mercato della stagione in assoluto. Ci sarà da battagliare per Ciro, considerato che la comproprietà è proprio con quelli là, che magari non saranno interessati ad averlo in rosa ma potrebbero soffiarcelo per arrivare a qualche altro obiettivo. L'accoppiata Cerci-Immobile è da preservare neanche fosse una specie in estinzione, ci ricorda "parentele" illustri (non saranno gemelli, ma si intendono a meraviglia) e poi i due segnano, segnano, eccome se segnano... Ricapitoliamo: tenere Ale e Ciro, puntellare -già nel mercato di gennaio- centrocampo e difesa e voilà, saremo già pronti per la prossima stagione, magari cominciando a promuovere tra i "fratelli maggiori" qualcuno dei fantastici ragazzi della Primavera di Longo e far respirare loro l'aria della prima squadra. Ecco, i giovani. Finalmente si è tornati a credere nel vivaio, a formare i campioncini in casa, come accadeva una volta. Anche qui ci vorrà tempo per tornare agli antichi fasti, ma una Primavera prima in classifica, imbattuta, con cinque punti di vantaggio sulla seconda ci fa sperare in un grande serbatoio per la prima squadra. E se parliamo di giovanili, di ragazzotti da svezzare, non possiamo che pensare a casa, alla "nostra" casa. Questo Filadelfia s'ha da fare, senza se e senza ma. Chi ha preso gli impegni li rispetti, chi deve scucire i soldi lo faccia. Il progetto c'è, la volontà pure, bisogna ricostruire e salvare il salvabile del tempio degli Invincibili ridotto a un ammasso di sterpaglie e muri cadenti. Ci diamo appuntamento tra un anno, per capire se siamo stati bravi profeti o semplicemente ingenui sognatori. Del resto, se in questi giorni ci piace credere a Babbo Natale, qualcuno ci potrà mai impedire di sognare in grande sul Toro?
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Ale, Ciro, Filadelfia e giovani: questo è il Toro del futuro
Gargarismi / Il pensiero di Domenico Catagnano
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