di Walter Panero
mondo granata
Allo stadio! Allo stadio!
Una domenica di dicembre. Sul finire degli anni Ottanta.
Anche se dovrei esserci abituato perché ormai sono diversi anni che ci vado spesso, per me andare allo stadio significa innanzi tutto provare una grande emozione. Un pensiero fisso che mi prende già qualche giorno prima della partita, diciamo a partire dal lunedì, e che mano a mano aumenta col trascorrere del tempo e con l'avvicinarsi del fine settimana. Non ho l'abbonamento, perché non riesco a seguire tutte le partite e quindi la prima cosa da fare in settimana è procurarsi il biglietto. Ci sono alcuni bar che vendono i biglietti delle partite e li riconosci subito dal fatto che espongono un cartello colorato sul vetro con l'indicazione del match che si svolgerà la domenica successiva. Ce n'è anche uno vicino a dove vado a scuola; ma io, se posso, i biglietti vado a prenderli in sede. Sì, proprio quel bel palazzo di Corso Vittorio con la scalinata che porta al piccolo ufficio interno, dove capeggia la foto del gol di Pupi in tuffo di testa con il Cesena che ci regalò lo scudetto.L'estate scorsa, ho avuto anche la possibilità di andare oltre la biglietteria: presentavano qualche giocatore nuovo (non ricordo chi...) e, un mio amico ed io, non avendo gran che da fare, siamo andati alla sede ad assistere al “rito” della presentazione: le solite foto con la maglia nuova e la sciarpa al collo, la folla plaudente, i giornalisti, i fotografi. Ma la cosa più interessante, quel giorno, fu sicuramente il fatto di poter entrare per la prima volta nella sala dei trofei: vedere le Coppe assegnate per gli scudetti vinti, osservare da vicino le nostre quattro Coppe Italia. Insomma: respirare in pieno la nostra storia, anche se penso che la storia più storiala si respiri al nostro caro vecchio Fila dove, ogni tanto, quando “tagliamo” da scuola, andiamo ad assistere agli allenamenti della prima squadra.
Una volta preso il biglietto si tratta di aspettare e, se la partita è veramente importante, di scandire le ore e addirittura i minuti che mancano all'inizio del match. Quarantotto.....trentasei.....ventiquattro ore.....e siamo già al pomeriggio del sabato....millequattrocento minuti.....mille...e siamo alla sera prima del match....La sera del sabato, da qualche tempo, si esce con gli amici. Niente di particolare: si va a mangiare una pizza e poi al cine o in birreria. Raramente a ballare. Tanti ragazzi e poche ragazze. Vorrei capire perché le ragazze, le nostre compagne, non escono con noi e preferiscono quelli più grandi. Dico che vorrei capirlo, ma in realtà lo capisco benissimo. Ai loro occhi, c'è ben poco di interessante nelle cose che facciamo e soprattutto che diciamo. E' che....insomma....vorremmo parlare d'altro....ma alla fine si finisce sempre per discorrere di Toro e della partita del giorno successivo....poi, quando non si parla di Toro, si discute comunque dei risultati delle altre squadre....dei gobbi....del Milan e del Napoli....delle Coppe del mercoledì prima o della settimana dopo....del Campionato Inglese e di quello Spagnolo....
“Hai letto quell'articolo del Guerin Sportivo che.....” dice uno.
“Sì l'ho letto... e tu l'hai visto che su Capodistria han fatto vedere.....” risponde l'altro.
E avanti così. Spesso si parla anche di musica. Ma la musica che piace a noi non è quella sdolcinata e commerciale che fa impazzire le ragazze. Per quanto mi riguarda, ascolto i Beatles e non certo i Duran Duran o gli Spandau. E poi Bruce Springsteen, i Queen e gli Smiths. Oltre che naturalmente i cantautori italiani più grandi come De André, De Gregori e Bennato, anche se molti li trovano noiosi.Parliamo anche di ragazze. Ma quelle degli altri, di solito. Visto che le ragazze libere con noi non ci vengono proprio. Forse è solo una questione di età. Forse c'è qualcosa in noi che non funziona. Forse... non so. Ma la cosa più importante è che, quando si torna a casa la sera con l'ultimo pullman, mancano ormai dodici ore al match. Si va a nanna e poi, alzandosi, sarà quasi tempo di prepararsi.
Avrei voluto studiare un po' stamattina, visto che domani ho l'interrogazione di storia e martedì il compito in classe di mate. Ma mi sono svegliato tardi e comunque non avevo testa. Mi alzo, faccio colazione e guardo fuori. Tempo grigio e pioggerellina invernale, proprio come piace a me. Sarò matto, ma ho sempre preferito l'inverno all'estate. E le giornate grigie e scure come quella di oggi, alle belle e lunghe giornate luminose di giugno o luglio. So di essere mezzo svitato, ma per fortuna non sono l'unico: anche il mio amico Dark la pensa come me. Forse per questo si veste sempre di nero anche d'estate. Forse per questo dice spesso che, prima o poi, se ne andrà da Torino e dall'Italia per trasferirsi a Londra dove d'inverno c'è nebbia, altro che qua, e piove sempre anche d'estate. Se è quello che vuole, gli auguro davvero di riuscirci. Il mio problema, invece, è che proprio non lo so cosa voglio veramente. Forse lo capirò, un giorno. Ma per ora è nebbia fitta come quella che vedo salire dolcemente lungo le pendici del Colle di Superga.
Ridendo e scherzando sono già le undici passate. Mentre mi vesto da tifoso con la solita bandiera e la solita sciarpa, mamma mi prepara alcuni panini bene imbottiti: li mangerò sul tram mentre vado allo stadio.
“Fai attenzione....non prendere freddo....” si raccomanda mia madre mentre esco di casa.
“Va beh mà” mi verrebbe da dire “a fare attenzione ci provo....nel senso che non me le vado di sicuro a cercare....quanto al freddo....beh....là fuori ci saranno zero gradi: come fai a pensare che non ne prenda almeno un po'?....Certo mi sono coperto bene, ho messo anche due paia di calze, ma so che prima o poi un po' di gelo penetrerà lo stesso.....pazienza....sopporteremo.....e comunque ci scalderemo gridando e saltellando.....”
Mi siedo sul tram numero 10 e leggo le ultime notizie riguardanti la partita di oggi sul giornale sportivo di Torino che è l'unico che, bene o male, parla un po' di noi. Ci sono le anticipazioni sulle formazioni, le interviste al nostro Mister e a quello avversario: “...loro sono una buona squadra e non dobbiamo sottovalutarli....”..... “sono forti ma noi giochiamo sempre per vincere e non verremo certo a Torino per chiuderci....” e così via. Le solite frasi, le solite cose come se si trattasse di una funzione religiosa. Intanto, ad ogni fermata, c'è gente che sale. Quasi tutti hanno il cappello in testa per ripararsi dal freddo e la sciarpa al collo, la nostra sciarpa. Ce ne sono di tutti i tipi: da quella di lana che indossa quel signore anziano laggiù e che probabilmente gli ha fatto sua moglie coi ferri, a quelle classiche a bande bianche e granata, a quelle più moderne trapuntate come la mia che hanno le scritte più diverse. Il tram diventa presto un crogiolo di parole. Si parla della partita di oggi, di quella scorsa, del campionato. Qualche vecchio, rigorosamente in Piemontese, racconta dei tempi che furono. Parla, con un misto di rispetto e commozione, di “quelli là”. Di come giocavano. Di come vincevano. Di come si comportavano. Di come quel triste giorno salirono in cielo e non ne scesero più. Alcuni miei amici trovano noiosi questi discorsi. Invece a me piace stare lì ad ascoltarli. Il Toro, da che mi ricordi io, non ha mai vinto nulla ed ha perso molto. Dell'ultimo scudetto ho un ricordo troppo vago. Così, mi piace sentir raccontare dagli altri che è esistito per davvero un Toro vincente. Anche se poi le storie sono più o meno sempre le stesse: “quella volta che Valentino.....quel Gabetto che....quel fenomeno di Maroso....”. Recentemente, ho comprato in edicola i fascicoli che raccontano tutta la storia del Toro dal dicembre del 1903 ad oggi, e me li sono letti e riletti un sacco di volte. Così so molto della nostra storia. Ma sentirla raccontare da loro è una roba diversa e starei ad ascoltarli per ore. Chissà se e quando, mi chiedo spesso, potremo rivedere un Toro vincente come quello di cui parlano loro? Non riesco proprio a darmi una risposta. O forse sì, ma preferisco non pensarci più di tanto.
Da casa mia ci vuole quasi un'ora per arrivare allo stadio. Qualcuno, che forse viene raramente o magari di solito usa la macchina e non il tram, si agita perché non sa quale sia la fermata a cui bisogna scendere. E lo domanda agli altri.
“E' quella dove scendiamo tutti!” gli rispondono in coro alcuni signori di mezza età.
Infatti, quando si arriva al negozio di articoli sportivi che sta quasi all'angolo tra Corso Agnelli e Corso Sebastopoli, il tram si ferma e apre le porte.
“Calma...possé nen....tant caloma tuti....” (1) dice qualcuno.
Ma la gente spinge ugualmente. Sembra quasi che abbiano paura di rimanere sopra. Sembra quasi che temano di perdersi qualcosa. Eppure manca ancora un'ora e mezza all'inizio della partita. Il tram si svuota rapidamente. Io stesso scendo e intravedo la cresta del Dark che, dall'alto del suo metro e novanta, svetta tra la folla. Un saluto ed un cenno di intesa. Ci sono già alcuni suoi amici, ma altri ne mancano all'appello. Forse arriveranno col prossimo 10 che dovrebbe giungere a momenti. Infatti. Ecco che spunta la sagoma di Baffo: il suo naso e il suo modo di camminare li riconoscerei tra mille.....e poi la bandiera di....quindi le due sorelle che.....e ancora quel giornale rosa che cammina dev'essere....manca ancora qualcuno? Sì. Un paio di ritardatari ci sono, e sono quasi sempre i soliti. Pazienza. Il tempo a loro disposizione è scaduto. Tanto ci mettiamo sempre nello stesso punto e sanno benissimo dove trovarci.Ormai manca poco più di un'ora al match e dobbiamo assolutamente entrare a prendere posto. Che poi è un prendere posto per modo di dire, visto che là dentro non ci sono posti e si sta come le sardine in scatola. Comunque non possiamo attendere oltre. Dobbiamo gridare. Dobbiamo insultare gli altri e i gobbi. Insomma: dobbiamo esserci. L'emozione cresce a mille quando, dopo aver salito le scale, mi affaccio dalle gradinate dello stadio. Ogni volta ripenso a quella prima volta di tanti anni fa, quando venni qui con i miei genitori. Rivedere questi colori, ascoltare questi rumori, respirare questi odori è come riassaporare un piatto che conosci bene, ma sempre buonissimo e sempre leggermente diverso da come te lo ricordavi.Hanno detto le formazioni. Abbiamo fischiato ed urlato. Il granata è sceso su di noi. Il bandierone copre tutta la curva e noi, che siamo la curva, ne veniamo avvolti completamente. Con le mani tocchiamo il telo e urliamo: c'è il Dark, c'è Baffo, ci sono le due sorelle e tutti gli altri. Ognuno di noi è una piccola parte di un tutto granata che tutto riempie.
Il bandierone si alza. Rivediamo la luce. I ragazzi sono già in campo.
“To-ro....To-ro....To-ro....” gridiamo noi facendo girare le sciarpe.
“To-ro....To-ro...To-ro....” grida la Maratona.
“To-ro....To-ro....To-ro....” risponde tutto lo stadio.
Che la festa cominci, se festa sarà. E forza Toro!!!
Domenica 5 dicembre 2010
“To-ro....To-ro...To-ro....” è una delle poche cose che sono rimaste uguali ad allora. Il vecchio bandierone che copriva tutta la curva è sparito, strappato via dalle nuove norme di sicurezza che impediscono coreografie troppo elaborate. E comunque, la fantasia che ci contraddistingueva allora e che ci rendeva unici e bellissimi, se n'è andata da tempo. Baffo ormai se ne va in tribuna tra i giornalisti; il Dark vive a Londra e segue il Toro da lontano e il West Ham da vicino; gli altri amici? Già: chissà dove sono finiti? Per fortuna ce ne sono di nuovi. Sempre e comunque grandi.Io stesso non vivo manco più a Torino e venire allo stadio significa innanzi tutto farmi un viaggio di due ore in treno o in macchina. Da tempo ho abbandonato la Maratona ed ho scelto un posto più tranquillo dove si riesce a stare comodi e seduti: e pensare che se vent'anni fa mi avessero detto che era possibile vedere la partita stando seduti e non in piedi schiacciati come le sardine, li avrei presi per fessi. Non pensavo che sarei mai invecchiato, ecco tutto. Ora, normalmente, si mangia con calma. Si arriva allo stadio con calma. Si entra con calma. Si aspetta l'inizio della partita con (relativa) calma.
Domani invece no. Domani, molti di noi avranno una sorta di deja vu. Domani ci sveglieremo e sarà già ora di prepararsi, vestirsi da tifosi, e partire. Saremo assaliti da un dubbio: mangiare a casa col rischio che il freddo e l'emozione del match ci facciano andare il pranzo per traverso? Portarsi dei panini e mangiarseli mezzi congelati durante il match? Pranzare direttamente dopo col rischio di morire di fame durante la partita? Ognuno di noi sceglierà la “tattica” che più gli aggrada. Ma l'importante sarà che ognuno di noi sia presente. L'orario è quello che è, d'accordo. Ma ci ricordiamo ancora in che condizioni andavamo allo stadio vent'anni fa? Eppure lo stadio era sempre bello pieno e ci si scaldava saltellando stretti l'uno sull'altro. Certo: allora la squadra giocava in serie A, vinceva i derby e quando pareggiavi in casa ti sembrava fosse successo qualcosa di strano e di anomalo. Ora....beh...ora lo sappiamo tutti. Quello di domani non sarà un derby, ma sarà comunque una partita fondamentale per questa stagione. Sarà importantissimo vincere e, per quanto ci riguarda, sarà fondamentale esserci per far sentire il nostro sostegno alla squadra. Fa freddo? E' un orario infame? Si vede meglio in televisione? Perderemo? Lasciamo ai gobbi questi discorsi da gobbi. Ricordiamoci chi siamo e da dove veniamo. Ricordiamoci di quando, abbracciati, ci illuminavamo di granata sotto il bandierone. Pensiamo anche che lo stare a casa è il miglior modo per dar ragione a quelli che impongono questo tipo di orari e che vogliono un calcio in cui contano solo gli strisciati; a quelli per cui l'importante sono gli abbonamenti TV e se gli spettatori sono dipinti va bene lo stesso; a quelli che stanno cercando di trasformare il calcio in un enorme videogioco. Pensiamo a tutto questo prima di dire: no, allo stadio non ci vado. Poi prendiamo la nostra vecchia sciarpa, i nostri figli per mano, i nostri amici e mettiamoci in marcia. Il Toro, domani più che mai, avrà bisogno di tutti noi. E sempre forza Toro!!!
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