mondo granata

Amaro Disprezzo

Redazione Toro News
di Mauro Saglietti

Odio e disprezzo (sportivi) non sono certamente sentimenti di cui andare fieri.Alle volte però diventano una forma di dignità.Se certe persone o tifoserie finiscono nel mirino del tuo disprezzo (sportivo), allora tutto ciò diventa una forma di onore.Perché significa che tu non sei come loro.Ed essere diversi da certa gente, perderla per strada, diventa, per quanto amaro, motivo di sollievo, conforto e vanto.

 

Sembrano passati lustri da quella notte di agosto nella quale si affrontarono Ivrea e Torino durante lo scorso precampionato.Ricordo gli arancioni che ci misero sotto per tutto il primo tempo e colpirono una traversa, mentre noi facevamo le belle statuine, nonostante il risultato finale fosse scontato in partenza. Diedi la colpa alla preparazione, ma anche Stewie Wonder si sarebbe accorto che qualcosa in quella squadra non quadrava per nulla.Certo, col senno di poi siamo tutti fenomeni.Qualcosa non quadrava comunque, e non è quadrato per tutto il campionato.

 

La squadra ha dimostrato quasi subito mediocrità tecnica e scarsa propensione alla corsa, oltre che ad una qualsiasi organizzazione di gioco. Gli elementi più veloci (Comotto, Grella, Di Michele, persino Lazetic, che era scarso, ma correndo creava spazi) erano stati ceduti, uno per settore nevralgico del campo ed il Toro di quest’anno ne è risultato lento, drammaticamente lento, persino nel pensare, oltre che nel gestire la palla al rallentatore.Sono convinto che l’annata di Rosina, con qualcuno gli creasse degli spazi, sarebbe stata ben diversa.Questi limiti sono andati ad aggiungersi a quelli di un centrocampo ormai da anni inconsistente, che non ha perso occasione per mettere in crisi la difesa.Il leit-motiv della stagione è stato il retropassaggio.Centrocampo pressato che passa indietro alla difesa: lancio lungo, palla persa.Variante: centrocampo pressato che passa indietro alla difesa, difesa che passa indietro al portiere: lancio lungo, palla persa. Su questa variante si è sviluppato il “caso Sereni”, col suo dito medio alzato.Ulteriore variante: centrocampo pressato che passa indietro alla difesa, difesa che passa indietro al portiere: lancio lungo, testa di Stellone e palla persa.Uniamo a questo il fatto che la squadra che non ha praticamente mai giocato per più di venti minuti a partita (e aspetto sempre che qualcuno mi spieghi il perché), infortuni a raffica neanche in allenamento avessero usato il mitra, un portiere quest’anno altalenante che ha saputo rendere ogni punizione avversaria un capolavoro, attaccanti da uno o due gol a stagione, la consuetudine del perdere palla in fase di impostazione come cosa scontata e ovvia, e la dannata, stramaledetta e inesorabile tendenza a prendere gol nei minuti finali dei due tempi.Un problema endemico del quale da molte stagioni non riusciamo a liberarci.Per un motivo o per l’altro la palla alla fine è sempre nella nostra area.

 

Diverse persone si sono succedute al capezzale di questa squadra, nata e cresciuta monca.E’ questo che imputo maggiormente a società e tecnici, se proprio di responsabilità (termine che odio - neanche qualcuno l’avesse fatto apposta) dobbiamo parlare.Il non essere stati capaci a cambiare le cose a gennaio e il non essersi neanche accorti di falle, che erano sotto gli occhi anche dei profani come noi.

 

Ad esempio, si è dato per scontato che la squadra passasse il pallone agli avversari sulle rimesse laterali.Tutte palle perse, così come lo scorso anno.Gli avversari schieravano la squadra, noi tiravamo la palla nel mucchio.Credo che il povero Camolese abbia percepito immediatamente queste lacune. Ma era troppo tardi e ben difficilmente anche lui avrebbe potuto fare di più.La serie A se ne è andata probabilmente nel pomeriggio di Torino-Chievo, quando Novellino ha sostituito Rosina in una delle sue rare giornate ispirate, consegnando il centrocampo ai veneti. E ci ha dato un’ultima opportunità quando Bianchi, a 5 minuti dalla fine di Toro-Bologna, solo davanti al portiere, gli ha tirato addosso.Una squadra scarsa dunque.Ma questo non era automaticamente sinonimo di retrocessione.

 

Ora è il momento della caccia al colpevole (che peraltro va avanti singolarmente dalla terza o dalla quarta giornata, Colpa di De Biasi – Colpa di Novellino – Colpa di Cairo – Colpa di Rosina – Colpa di mia sorella).Ma sì, cerchiamo questo colpevole, ora è il momento di gloria degli “Io l’avevo detto.Mandiamo pure via tutti in questo eterno confronto con un passato sempre più lontano.Via una dirigenza avanti un’altra, la musica qui è la medesima da venti anni.E questo non ha mai portato nessun punto in più.Neanche quest’anno.Sarebbe ora di cominciare a chiedersi il perché le cose qui vanno sempre male, al di là delle varie dirigenze.

 

La retrocessione, seppur ancora da ufficializzare, è una mazzata tremenda, forse la più devastante tra tutte quelle che abbiamo vissuto.Perché credevamo e speravamo che non ci sarebbe più stata serie B, mai più.Questa retrocessione schianta le magiche immagini nate la notte di Torino-Mantova, quella speranza di avere finalmente chiuso a chiave per sempre la porta con la categoria cadetta.Bisognava fare tesoro di quello che poteva essere un pilastro della nostra storia, che oggi ci fa male anche solo ricordare. L’anno passato, in questo periodo, scrivevamo (sollevati per la salvezza, ma assai determinati nei toni) che la retrocessione non avrebbe più dovuto avere a che fare con il Toro per nessun motivo.Proprio perché la storia granata è piena di fatti non chiari e torti subito con una certa regolarità.Avremmo dovuto fare tesoro della nostra storia, dei vari tentativi di affossamento, dei vari segnali ostili che arrivavano dalla stampa, per sforzarci di stare alla larga dal pericolo.Invece siamo pericolosamente rimasti in quel settore d’ombra, dove basta una spallata per affossarti.

 

Così ci siamo fatti fregare come dei fessi.Improvvisando e gettando denaro, che poteva essere gestito meglio, dalla finestra.O in ingaggi faraonici di zavorre eternamente infortunate, o di fenomeni che hanno zampettato ai due all’ora per tre anni.Cairo ha tentato la sorte per l’ennesima volta, ma questa volta la mano non era vincente.

 

Siamo stati scarsi, dicevamo, ma questo, lo ripeto ancora, probabilmente non sarebbe bastato a fare di noi una squadra retrocessa.Non sarebbe stato possibile senza l’aiuto di volenterosi carnefici, che da più parti ci hanno danneggiato, ostacolato, alimentato polemiche, fomentato illazioni o reso l’ambiente traballante.Questa è una storia di strane coincidenze e di una retrocessione che ha molti padri, non certo uno solo.

 

Gli arbitraggi? Credo che anche i più moderati abbiano potuto toccare con mano quanto ci è stato fatto.Per assurdo siamo stati favoriti nella gara contro i più forti della categoria.Per il resto, se uno dei rari nostri gol era semi-dubbio, veniva annullato.A proposito! A fine anno torti e favori si compensano?Se becco ancora uno che si bea di queste parole soltanto per sentirne il suono… guai!

 

Si sentono strane voci in giro e credo che questa retrocessione farà comodo a molti.La gobba potrà continuare la colonizzazione delle nuove leve cittadine in maniera ancora più facile, potrà spacciare questa città per gobba ancora più facilmente, come ha fatto con disinvolta arroganza durante la “partita del cuore”. Potrà costruire la sua cittadella senza che nessuno reclami una equità di trattamento sulla base dei risultati sportivi.Strano che si parli sempre di stadi, da oltre 20 anni, una questione tutt’altro che risolta, viste le ipoteche che gravano sul Filadelfia e Comunale.E ora vedremo che ne sarà dello sponsor “Renault Trucks”.Strana combinazione, ma da quando è comparsa quella scritta sulla maglia, le cose sono cominciate a girare storte.Un’altra coincidenza… che sfiga.

 

Molte grazie alla carta stampata per il prodigioso servigio svolto alla causa granata, anche quest’anno.Dalla presentazione di Mister X, alla questione “stipendi non pagati”, notizie (coincidenza sempre casuale – ancora!) apparse puntualmente dopo una delle nostre rare vittorie. Per due mesi (e dico due mesi) a Torino si è parlato di una sigla anonima, quasi la società fosse davvero in vendita.Notizie che hanno fatto sì che questo ambiente venisse sempre considerato traballante e instabile.Per quanto si sia preparati a queste cose, c’è sempre qualcuno che abbocca e che fa massa.Bastava il fatto della sigla per rendere sospetta e alquanto indisponente la cosa.E invece ci si è svenduti nell’eterna speranza di paperoni che se ne guardano bene dal veleggiare dalle nostre parti. Chissà come mai.

 

Sorrido quanto sento qualcuno dire “Un anno di B”.Capita ogni volta che retrocediamo.Toro e ottimismo, binomio che spesso sa di ingenua sciagura, basti pensare che erano in molti ad essere convinti di una vittoria del Chievo (di Di Carlo!!!), domenica.Sono pronto a scommettere che c’è chi ci vorrebbe vederci marcire in B in eterno.Cosa saranno capaci di inventarsi questa volta i media, nel caso noi si navigasse in acque tranquille, con l’esca del potenziale Paperone, al quale noi abbocchiamo sempre come pesci?Se abbiamo calato le brache per una sigla, ormai siamo maturi per qualsiasi cosa.Alien che scende dall’astronave e vuole comprare il Toro?Elvis non è morto, vive a Memphis e ora vuole il Toro, del quale è sempre stato tifoso?Con Freddie Mercury come DS?Heidi che vuole comprare il Toro, ma Peter è restio ad aprire i cordoni della borsa?Non dovete avere paura, cari “colleghi”, per quanto bislacco sia il coniglio che tirerete fuori dal cilindro, la vostra tesi avrà sempre e comunque dei seguaci. E ci fosse anche da andare sotto la sede a gridare “Preferisco Heidi”, ci sarà qualcuno disposto a farlo.

 

Qualche parola sul futuro di questa rubrica, prima di parlare di quello che è capitato questa settimana.Nei suoi intenti nasce come una sorta di rifugio dalle tante magagne, ma non si può fare finta di niente.Di cosa parliamo? Del quarto d’ora granata? Di Capitan Valentino? Della Tromba di Bolmida? Di Pulici? Dei bei tempi andati sempre più lontani?Del fatto che “Noi siamo il Toro”?Sapete, è una vita che ripetiamo che “noi siamo il Toro” e quello che vedo è che negli ultimi 20 anni abbiamo giocato per 8 anni in serie B, di cui 7 negli ultimi 12, e mi sono un po’ rotto le scatole di appellarmi a queste formule ormai logore, a questo breviario della nostra autoconsolazione, al quale ci siamo rivolti così tante volte da svuotarne il contenuto.

 

La nostra fede non retrocedeIl Toro non morirà maiDa Madrid come a Licata etc.

 

Le ripetiamo come in un monologo, alle volte senza più neanche crederci.La gente si è rotta le scatole di sugo senza pasta e posso anche capirla.Dopo questa retrocessione temo che molti fratelli cadranno nell’indifferenza, altri lasceranno perdere.Altri non vogliono condannare i figli alla sofferenza.Posso capirli ripeto, anche se non li seguirò.Con altri invece ci si compatterà, grazie a questo accerchiamento.Da più parti si stanno già serrando le fila.Ma è proprio questo il problema, credo di averlo già scritto.Ora siamo di nuovo nella melma e siamo tutti uniti.Appena la casa diventa alta un piano, cominciamo a demolirla perché non è bella come vorremmo o come era nel passato.E via in loop.

 

Qualsiasi cosa capiterà, o succederà, il Toro, se riuscirà nuovamente a sopravvivere, dovrà smetterla di guardare solo ed esclusivamente al suo passato, ma costruirsi un presente, sulla base di quello che è o potrà divenire.Non sulla base di quello che non è più e mai potrà tornare.Non su come eravamo nel 1992, nel 1976 o prima ancora, perché così facendo continueremo sempre a vedere filtrato il presente con occhi di una nobiltà che non c’è più e va ricostruita partendo da ORA.Il ricordo di Superga, quella di un passato sempre più lontano, si è tramutata da esempio ad ombra insostenibile. “Tu non sei degno di Valentino…!”Quante volte abbiamo sentito questa frase.Ma certo, chi può essere degno di Valentino? Chi può essere degno di Gabetto e Loik? Nessuno lo sarà mai, nessuno potrà mai vincere questo eterno e spossante confronto che non ha senso di esistere, con un passato mitico.Questa passato, da insegnamento ed esempio, è diventato eterno paragone che si trasforma in svilimento.Ragazzi, dalla sciagura di Superga sono trascorsi 60 anni, dalla tragedia di Meroni 42 e dallo Scudetto 33. Che facciamo? Facciamo bene a celebrare il ricordo di queste cose, ma non possiamo vivere con la testa girata in eterno. Il Fila invece no. E’ una battaglia che va sostenuta fino in fondo, per creare un luogo del presente, non solo del passato e per non farci espellere definitivamente da questa città intamarrita.

 

State comunque certi di una cosa. Fino a che questa rubrica esisterà, qui troverete ben poco politically correct.Continueremo a guardare il mondo con i nostri occhi disincantanti e granata, magari chiudendoci nell’universo della fantasia dove, almeno lì, tutto è possibile e non c’è Gasperini o Menarini di turno che non siano distrutti dalla flotta del bene, in arrivo dal pianeta Pulici I. Almeno finché questa rubrica avrà senso di esistere.E pazienza se gli articoli sono lunghi!

 

Parliamo invece di questa settimana.Per l’ennesima volta non abbiamo saputo interpretare i segnali di questa trappola, come già capitato anni fa col Perugia di Gaucci, quando venne montata tensione ad arte, e noi tutti a fare i bravi bambini. Ci sono molti e ricorsi storici in quello che è capitato… del resto questa continua ad essere una storia di coincidenze. Ricordate la partita con il Chievo del 1998? Il Perugia trascorse la settimana a parlare di favoritismi arbitrali a nostro favore (?), creando un clima di tensione al quale noi rispondemmo con il profilo basso, convinti che avremmo risposto sul campo.Alla domenica il Chievo venne a Torino e giocò la partita della vita.Andò a finire come andò a finire, alla faccia del nostro profilo basso.Tutto questo non ricorda niente a nessuno?Fare i bravi bambini non paga quando gli altri tessono la loro ipocrita trama attorno a te.Avremmo dovuto essere compatti ed essere noi ad attaccare mediaticamente, anzichéche farci mettere in un angolo.Invece anche questa volta l’esperienza non è servita.Mi verrebbe da dire “a un belino di niente” ma provo orrore per l’origine geografica dell’espressione.

 

In questi giorni siamo circondati da pappagalli televisivi. Hanno sentito il concetto nel video e te lo ripetono pari pari.- Indegna gazzarra (amano riempirsi la bocca di queste parole già sentite il cui suono è rassicurante). Ognuno parla di “gazzarra”, nessuno si prende la briga di cambiare almeno sostantivo.Oppure è facile imbattersi negli sciacalli moralisti e predicatori televisivi, quelli che non sanno nulla della nostra storia, dei torti che subiamo giornalmente, di quanto ogni giorno di sopravvivenza per noi sia un quadro da appendere, e non vedono l’ora di puntare l’indice sulla base della vuota coralità dell’ipocrita perbenismo.O ancora degli addetti ai lavori sempre pronti a prostituirsi, ai quali Cairo non ha mai elargito un bel niente, che per questo lo odiano e ora sono pronti a scatenarsi.

 

Sono ritornati i tempi delle “pene esemplari”.Ricordate i giorni del 1991 quando Bruno e Policano erano incorsi nelle provocazioni del prode Casiraghi e l’opinione pubblica televisiva (forte coi deboli, serva con i grandi) chiedeva “pene esemplari” per i nostri due giocatori? Vi lascio immaginare il gioco di parole che ne fece Fegato Granata.Questa opinione pubblica non vede l’ora che si verifichino queste condizioni per pretendere bagni di purezza ed ergersi a linda giudicatrice, quando poche settimane prima, ipocrita e ignava, aveva sorvolato sulla rissa di Lazio-Roma.

 

Disprezzo.Anche in questo caso il disprezzo si capovolge, non è odio fine a se stesso, ma orgoglio di essere diversi e di non essersi venduti a nessuna ipocrisia.

 

Questa è una storia che nel suo finale si tinge di rossoblù.Così come rossoblu sono i catanesi che andranno in gita nel capoluogo emiliano.Magari anche con foto ricordo, perché no? Buona gita.

 

Dispiace che a salvarsi sia una squadra come il Bologna, non tanto per la mediocrità della squadra, che ha fatto il paio con la nostra, o per gli sfacciati favoritismi arbitrali, ma per la campagna mediatica ambigua e sibillina elargita in settimana dalla Timoniera, che mi ricorda una piccola copia del Gaucci 1998.Si goda la sua salvezza, signora Menarini, vada negli spogliatoi a urlare e si conceda alle telecamere con dichiarazioni misurate.Arriveranno anche per lei i giorni tristi, sportivamente parlando. Arrivano per tutti, lei non sarà l’eccezione che conferma la regola. Sa una cosa? Quel giorno noi saremo pronti a ricordarle (sportivamente parlando) quello che ha scatenato la scorsa settimana. Non tema, ci volessero anche venti anni.Faremo in modo che il suo dispiacere (sportivo) diventi per noi fonte di meditata, profonda e reiterata soddisfazione.Sublimeremo il suo dolore (sportivo) facendone arte, poesia, versi sublimi. Musica se necessario. Ne siamo capaci, sa?Creeremo una tela dai colori stupendi dalla sua sofferenza (sempre sportiva, ovvio), in un qualcosa di artistico che ci riempia l’animo di soddisfazione.Trasformeremo la sua Guernica (sportiva) nella nostra Primavera del Botticelli.E saremo noi ad esprimere stupore per le sue dichiarazioni quel giorno, forse dettate dall’emotività e dalla rabbia del momento.In quanto a noi, vedremo se per quel giorno avremo voglia di godere o ci saremo fatti travolgere dal consueto buonismo, pronti a non trarre mai alcun insegnamento dal nostro passato.

 

Si chiude dopo molti decenni il gemellaggio col genoa.Per molti di noi, che hanno vissuto buona parte della loro vita, considerandoli come fratelli, è una beffa ulteriore.Aver sperato nelle loro salvezze fino all’ultimo, gridato di gioia al gol di Fiorin contro il Liverpool, sperato come pazzi quando Iorio fece gol all’Ajax… Ora è tutto buttato a mare. O in Po, se preferite.Nessuno si illudeva di niente.Molti di noi erano disposti a scommettere che il genoa avrebbe giocato alla morte. I segnali c’erano tutti, a cominciare dalla loro strana sconfitta a Bologna, che ha mantenuto a galla gli emiliani, o la presenza di molti bianconeri all’interno della loro rosa, che probabilmente con noi hanno trovato motivazioni extra…Per non parlare delle dichiarazioni di Di Vaio, sicuro dell’impegno dei suoi ex compagni.Questa non è una lamentela. Nessuno chiedeva nulla e se erano così forti, hanno fatto bene a batterci. Ed è un vero peccato che a Bologna o col Chievo non abbiano fatto lo stesso! Ma che sfortuna!Ma questa, si sa, è una storia di coincidenze e questa è solo un’altra di esse, che va nella stessa direzione delle altre.Si dice che “il gemellaggio” è tra i tifosi, vero?Quello che ha veramente infastidito e sancito la fine del gemellaggio col genoa, è stata la loro esultanza per il gol che ha decretato la nostra serie B.Non erano obbligati a tacere dopo il gol, o ad avvisare Milito quantomeno di misurare le esultanze per una rete per noi devastante.O a far tacere Gasperini, una volta ottenuta la vittoria, personaggio talmente umile da impartire lezioni non richieste di sportività. (Grazie, eh? A buon rendere).Non erano obbligati e hanno danzato sulle nostre ceneri, dall’alto della loro nuova e acquisita superiorità.Per questo è finito il gemellaggio.Da loro, da quelle che ho sempre considerato persone con una visione della vita simile alla nostra, non me lo sarei mai aspettato.Non credo che i Vecchi Genoani, quelli che ci accoglievano con vino e panini quando scendevamo a Marassi, o quelli che noi accoglievamo per andare insieme allo stadio in occasione di juve-genoa, tutta la gente con la quale abbiamo diviso anni della nostra gioventù, si sarebbero comportati così.Ma se queste sono le nuove leve, se questa è la realtà dei fatti, bè, meglio perdere che trovare questa gente.

 

Disprezzo sportivo, certo. Amaro disprezzo in questo caso.Non credevo si potesse provarne uno addirittura superiore a quello per la juve.Evidentemente però, essere gobbi è una condizione dello spirito borioso, e non è necessario avere una maglia bianconera per esserlo.

 

Non credo proprio che con i Viola sarebbe potuto capitare.Benché continuino (giustamente) a batterci, benché queste nuove leve siano presenti anche tra le loro fila, benché anche loro abbiano i loro scheletri nell’armadio.Firenze è nobile nel cuore, sa essere cattiva ma anche ironica e autoironica. E ‘superiore calcisticamente ma non è supponente.Non potrebbe prendersi sul serio se si ritrovasse dei damerini boriosi e spocchiosi al suo interno, nonostante le nuove generazioni siano ovunque spesso serve dei miti televisivi. E poi Firenze, diciamola tutta, è una bella città.

 

Fare a meno del genoa, di questo genoa, non averne più a che fare è, per quanto piccolo e amaro, un sollievo e conforto per il futuro.Un mattone piccolissimo dal quale ripartire e costruire un Toro più vero.Sempre che la nostra memoria corta lo permetta dovremo farci trovare pronti, quando la ruota comincerà a girare anche per loro.Immagino già i futuri commenti qualunquisti del tipo “facciamo i superiori”.Eh, no. Mi sono stancato di fare il superiore.Ad ogni soffio di vento, ogni volta che la loro rete si gonfierà, fosse anche per un gol della gobba.Noi dovremo essere pronti.E fare in modo che, sempre e solo a livello sportivo, le loro lacrime si tramutino nella nostra gioia. Mauro Saglietti