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Apocalisse a Genova

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di Walter Panero Oggi mi sarebbe piaciuto tornare a parlare del Toro e del fatto che siamo soli in testa alla classifica con un margine di grande sicurezza. Ma proprio non ce la faccio a scrivere di calcio. Perdonatemi, ma, vivendo a Genova,...
Redazione Toro News

di Walter Panero

 

Oggi mi sarebbe piaciuto tornare a parlare del Toro e del fatto che siamo soli in testa alla classifica con un margine di grande sicurezza. Ma proprio non ce la faccio a scrivere di calcio. Perdonatemi, ma, vivendo a Genova, vi devo raccontare questa storia così come l'ho vissuta in prima persona. Buona lettura a chi avrà la pazienza di seguirmi fino alla fine!

 

Venerdì 4 novembre 2011. Ore 7.30. Dal giornalaio. Tutto tranquillo. Almeno in apparenza.

 

Belin....me ne son presa una ramata giù in centro....qui non è niente in confronto!...Guarda qua le mie calze!...Sono diventate due stracci bagnati!...” dico mentre entro nel piccolo negozio del mio amico genoano che tutti i giorni mi lascia dare un'occhiata alla Busiarda e a Tuttogobbo senza costringermi a comprarli, cosa che ho deciso di non fare più da tempo.

“Avevano previsto pioggia, ma per adesso qui sembra tutto troppo tranquillo....succede quasi sempre così: le disgrazie accadono quando meno te lo aspetti....per oggi han dato l'allerta e vedrai che alla fine non accadrà più di tanto....speriamo dai....cambiando discorso: ci vai domani a Modena?”

“No....sai com'è....è meglio che me ne stia a casa con mia moglie.....in questi giorni potrebbe.....e poi se è vero che prevedono disastri, meglio non muoversi....addirittura dei miei amici che stanno nel Canavese ed avevano organizzato tutto hanno rinunciato perché da loro hanno dato l'allerta.....proprio come qui.....vedremo....e voi con l'Inter? Come la vedi?”

“.....Mah.....noi siamo specialisti nel far resuscitare i morti.....staremo a vedere se ci riusciremo anche stavolta.....”

“....Eh sì....in questo siete proprio come noi....è sempre stata così: se c'è una squadra che non vince da una vita o un giocatore che non segna da secoli arriviamo noi e li rivitalizziamo di sicuro.....va beh dai....come sempre staremo a vedere...ora me ne vado a prendere il caffè qui da Franco che è dei nostri e ci facciamo due parole sul Toro....e poi si va in ufficio prima che si metta a piovere seriamente.....buona giornata....e buon fine settimana se non ci vediamo più!....Belin 'ste maledette scarpe!...Ma non potevo scegliere quelle un po' più alte?!...D'altronde l'avevano detto che arrivava la pioggia....e va beh...quelli del Levante ad esempio hanno visto di molto peggio qualche giorno fa...pazienza: mi cambierò i calzini in ufficio....vado va....”

 

Venerdì 4 novembre. Ore 10. Al bar. Pausa caffé.

 

“Ma che furbo sono stato ad uscire senza ombrello!...Va bene che ho il cappellino, però dieci minuti fa non pioveva neppure ed ora guarda come viene...” dico.

“Eh sì.....però pare tutto tranquillo....rispetto a quello che avevano detto sembra niente.....” ribatte Luca il mio amico barista.

“...Mah.... mi sa che il peggio deve ancora venire.....guarda il cielo com'è scuro adesso!....E poi quest'aria strana....questo strano caldo....quest'umidità.....non mi piacciono per niente!...” si inserisce Nico, un altro amico, che ha un negozio di ricambi d'auto poco lontano.

Tutti genoani, ovviamente. Non potrebbe essere diverso. Siamo a Molassana, qui! Mica a Sampierdarena o in Riviera!

“Cosa vuoi che succeda?....” si introduce un altro che ha la faccia da doriano (o forse da gobbo) e l'aria di saperla lunga....salterà qualche tombino....le solite menate insomma....il Bisagno, con i lavori che hanno fatto negli ultimi anni, non è più un pericolo....come sovente accade hanno esagerato con l'allarmismo....c'è scritto sul giornale che la Sindachessa e la sua cricca stanno facendo troppo rumore per nulla....”

Sarà, penso. Effettivamente per ora sembra tutto tranquillo. Ma chissà?... Rivolgo gli occhi verso il cielo. Penso a quanto successo pochi giorni fa nel Levante. E sento in lontananza il sinistro rumore del tuono. Inizia a piovere abbastanza forte e di corsa raggiungo nuovamente il mio ufficio.

Lì sì che sarò al riparo. Lì sì che sarò al sicuro. Lì nessuno mi potrà portare via...

 

Venerdì 4 novembre. Ore 13.00 circa.

 

Una pioggia così forte non l'avevo mai vista in vita mia. Sembra che da lassù abbiano deciso di lanciarci sulla testa dei gavettoni. La strada qui davanti in poco tempo si è trasformata in un fiume d'acqua marrone. Le macchine sono lì in coda ma non vanno da nessuna parte. Con i colleghi guardiamo fuori dalla finestra il fiume di pioggia che scende e riempie una buca che avevano scavato nei giorni scorsi per fare dei lavori. Non so se sia la paura o cosa ma mi scappa anche la pipì. Devo scendere al cesso che sta al piano inferiore. Faccio le scale e....

“Ragazzi.....c'è dell'acqua che esce!....Venite a vedere!....”

Viene fuori piano dal pavimento.....cerchiamo di asciugare con dei giornali....ma niente.....ora zampilla fuori dalle piastrelle come se fosse una sorgente di montagna.....ci allontaniamo leggermente e vediamo che anche dalla tazza del water e del bidet esce fuori acqua....ma questa non è di sorgente....è marrone....come il fango....come la strada....come se dal cesso stesse per uscire un mostro....

“Via....via.....cerchiamo di spostare gli scatoloni e mettiamoli in alto e poi andiamo via!...” urla il mio capo.

“Guarda....guarda là il come sale....tra un po' sfonderà la vetrata!....” grido io indicando il livello dell'acqua che sale vicino alla finestra che dà su un cortile esterno. Ormai ha formato una pozzanghera alta diverse spanne dandoci l'impressione che dall'altra parte del vetro ci sia un acquario ma senza pesci.

“Via!...Via!... Scappiamo via prima che.....”

SPROOOOOONGGGGGGGG!

Un rumore sordo. Improvviso. La piena ha sfondato! E tutto diventa acqua e fango e detriti. Per fortuna noi siamo al sicuro in cima alle scale.Abbandoniamo l'ufficio da un'uscita secondaria e saliamo sulla macchina del mio capo gobbo, che Dio lo benedica almeno oggi dopo che io lo maledico da anni. Intanto un altro collega tenta di mettersi in viaggio in motorino che poi abbandonerà lungo la strada raggiungendo a piedi la casa dei suoi genitori che abitano vicino alla filiale. Pazzo scatenato che non è altro!

 

Venerdì 4 novembre 2011. Ore 14.

 

Siamo davvero in salvo? Non lo so. So che siamo fermi in coda nella strada che è un fiume sempre più impetuoso. Vediamo auto ribaltate vicino a noi, quelle scene che quando le vedi in televisione fanno impressione, ma dal vivo seminano il terrore. Il giornalaio e i bar dove chiacchieravo di calcio fino a poche ore fa sono pieni d'acqua e intravedo i miei amici che con ogni mezzo cercano di difendere le loro cose dalla piena. Che disastro. Che disastro. Non riesco a dire altro. Non riesco a far altro che scuotere la testa.

E noi? Siamo lì in macchina. Bloccati. Braccati. Con i cellulari che non prendono. Me la faccio davvero sotto come mai in vita mia. E se il fiume d'acqua e detriti diventa più impetuoso? E se dalla montagna qui vicino arriva qualche frana? E se la piena del Bisagno che scorre a venti metri da qui ci porta via come quelle macchine là? La radio trasmette notizie spezzettate. Il Bisagno è esondato più a valle. La città è totalmente allagata. Forse ci sono delle vittime. Noi siamo assolutamente isolati, in questo momento.

Che fare? Se c'è una cosa che mi ha insegnato l'esperienza di oggi è che in questi momenti non è tanto la ragione a comandarti. E' bello quando sei a casa sul divano e dai giudizi su quello che succede. Ma non poteva mettersi in salvo anziché pensare a mettere al sicuro le proprie cose? Ma non poteva scappare al piano superiore invece di stare lì a casa dove c'era il pericolo? Ma non poteva evitare di mettersi in macchina con questo tempo? Io stesso ho lanciato questi giudizi da professorino in passato. Vi assicuro che non avviene così. Quando il pericolo c'è, è lì, davanti ai tuoi occhi, tu non lo vedi. O forse non lo vuoi vedere. Hai l'impulso di mettere al sicuro le cose di sempre, quelle che usi tutti i giorni, quelle che ti danno sicurezza. Il secondo impulso è quello di voler raggiungere le persone a te più care. Voglio dire: so benissimo che mia moglie è a casa al sicuro. Ma io voglio arrivare da lei al più presto. Il mio capo sa benissimo che suo figlio è all'asilo tranquillo. Ma vuole andarlo a prendere il prima possibile.Se il prezzo da pagare è quello di mettersi in strada, di affrontare fiumi in piena e frane lo fai. Senza renderti conto del pericolo che stai correndo. Almeno per noi è stato così. Per noi a cui alla fine è andata di lusso, perché dopo tre ore, o quattro, ma in fondo chi se ne frega, riusciamo a raggiungere le nostre case calde e sicure.  E alla fine se lunedì il nostro posto di lavoro sarà da rimettere in sesto pazienza.A molti è andata peggio. Molto peggio. Purtroppo.

Giungiamo a casa. In tempo per vedere immagini impressionanti. E' incredibile come in pochi minuti l'acqua abbia saputo rivoluzionare totalmente l'aspetto di luoghi in cui passo ogni giorno: le strade si sono trasformate in fiumi, le piazze ed i parcheggi in laghi. Giungiamo a casa in tempo, purtroppo, anche per assistere a gran parte del chiacchiericcio televisivo. Con la stampa “nemica” che attacca la Sindaco. Con lei che difende a spada tratta sé stessa e la sua giunta, usando delle argomentazioni quanto meno goffe.Passi per l'eccezionalità dell'evento. Vero: molta gente anziana sostiene di non aver mai visto una pioggia di tale intensità. E anche le rilevazioni dei centri meteorologici confermano l'incredibile concentrazione di pioggia in poco tempo.Ma quando si parla di imprevedibilità....insomma....alcuni sapevano! Da giorni. Perché allora non creare nella cittadinanza un maggior sentimento di allarme? Per quanto mi riguarda: sono uno che compra i giornali tutti i giorni e posso assicurare che si era parlato sì di maltempo, ma non in queste proporzioni.Sappiamo bene che interi quartieri di questa città sono stati costruiti in maniera approssimativa e che certe zone sono la quintessenza della mostruosità dal punto di vista edilizio. Sappiamo bene che il lavoro di prevenzione in prossimità dei torrenti è stato fatto poco e male, ed è un problema che ha origini antiche. Ma, al di là di questo che pure non è poco, di fronte al pericolo imminente bisognava chiudere le scuole, anche a rischio di essere crocifissi il giorno dopo. Bisognava far chiudere gli uffici e impedire alla gente di muoversi da casa, anche a rischio dell'impopolarità. Hai bel dire alla gente di non mettersi in macchina, quando le hai permesso di raggiungere liberamente il posto di lavoro. Cosa fai a quel punto? La gente si mette in macchina comunque perché l'unica cosa che vuol fare è tornare a casa.

“Avevamo diffuso l'allarme di allerta due” dice il Sindaco. Alzi la mano, a Genova o altrove, chi sa esattamente cosa significhi lo stato di “allerta due”. Dovevate dire più semplicemente: “Signori, state a casa che qui potrebbe arrivare l'apocalisse”. E se poi non fosse successo nulla pazienza. Meglio essere accusati dai media che avere sulla coscienza dei morti.

“Meno male che abbiamo lasciato aperte le scuole, almeno lì i bimbi erano al sicuro....se no sarebbero andati a spasso con i nonni e il bilancio di vittime sarebbe stato ancora più grave...”. Questa affermazione delirante, forse rilasciata in preda al panico della situazione, non merita neanche di essere commentata. Lascia esterrefatti e basta. Specie se si pensa che Gioia (8 anni) è morta mentre tornava a casa da scuola con la madre Shpreshe e la sorellina Gianissa di undici mesi  che hanno perso la vita a loro volta. E che Serena è stata travolta dalla piena mentre andava a recuperare il fratello (salvo per miracolo) a scuola. E che Angela è stata schiacciata mentre tornava da scuola dove aveva appena riabbracciato il figlio Domenico.A scuola....a scuola.....a scuola.... 

Meglio andare a letto e pensare ad altro. Anche se è praticamente impossibile. Anche se forse l'unica cosa da fare è rivolgere un pensiero a coloro che oggi pensavano di vivere una normalissima giornata di pioggia. E hanno perso la vita. Donne. Bambini. Soprattutto bambini inconsapevoli che magari fino a pochi minuti prima avevano scambiato tutta quell'acqua per un bel gioco nuovo. Rivolgo a loro il mio pensiero e la mia preghiera. Non posso fare altro. Non adesso.

 

Sabato 5 novembre. Il giorno dopo.

 

Piove. Piove ancora. Ma non è nulla rispetto a ieri. Poca gente in giro. Uno strano silenzio, intervallato di tanto in tanto dal suono sinistro delle sirene e una puzza che sembra quella del fango nei fossi. Fango che si è depositato ovunque sulle strade e nei negozi, anche se ci sono persone che hanno spalato tutta la notte per consentire un ritorno rapido alla normalità. I negozi del centro sono quasi tutti chiusi e gli esercenti hanno messo dei sacchi di sabbia davanti alle saracinesche in un clima da copri fuoco bellico.Ci sono mucchi di carcasse di auto e di motorini ovunque.La filiale in cui lavoro è piena di fango, di detriti, di vetri, di piante arrivate chissà da dove, di bombole del gas e di bottiglie di plastica. Le sedie e quello che rimane di scrivanie e mobili sono accatastate come in una barricata nella Parigi dell'Ottocento. Non ho la minima idea di quanto ci vorrà per riaprire al pubblico, visto che naturalmente tutti i collegamenti elettrici, telefonici ed informatici sono saltati. E per fortuna noi eravamo appena fuggiti, perché probabilmente ora non sarei qui a scrivere queste righe, ma in un letto d'ospedale se non peggio. Il bar dell'amico Luca dove vado a mangiare ogni giorno da sei anni a questa parte è stato ricoperto da un metro d'acqua ed ora è avvolto da una coltre di fango marrone che ha distrutto praticamente tutto. Ci sono bottiglie e CD rotti ovunque. Un muro è crollato vicino al magazzino di Nico, l'amico genoano che vende ricambi, quello con cui parlavo ieri nel bar. Il camion che usava per le consegne è distrutto. Il magazzino allagato ed inservibile. Poi ci sono Alessandro e Mara che avevano appena sostituito i macchinari del loro solarium. Tutto distrutto. Tutto da ricomprare. E per fortuna si sono salvati riuscendo a sfondare la porta, visto che l'acqua è entrata nel negozio arrivando quasi a coprire le loro testePoi c'è Massimiliano il tabaccaio che sta spalando fango e buttando via pacchetti di sigarette marci.E Danila che aveva appena cambiato la macchina e la credeva al sicuro nel box sotto casa. Distrutta. E sono solo piccole storie delle migliaia che questa povera città racconta. Tutti però ti dicono una sola cosa: “abbiamo perso quasi tutto....ma poteva andarci peggio come è successo in Via Fereggiano....noi e le nostre famiglie ci siamo e stiamo bene...il resto non conta...in qualche modo ripartiremo....”.Non posso che unirmi a loro: noi ci siamo e stiamo bene. A breve diventeremo anche in tre. Il resto non conta. Davvero.

Questa città che non è la mia, ma lo è diventata perché la vita a volte riserva delle sorprese, dicevo questa città ripartirà. Ancora una volta. Rimboccandosi le maniche. In un silenzio rotto qua e là da qualche lacrima soffocata e da qualche mugugno. Ma con grande dignità. Come nel 1970. Come all'inizio degli anni '90. Come l'anno scorso. Come sempre.

Indegna di stare al suo posto si è invece rivelata la Signora Sindaco che, a mente fredda, ha corretto il tiro delle dichiarazioni di ieri, riuscendo nell'impresa non semplice di fare ancor peggio. Il problema, a suo dire, sarebbe stato il fatto che i genitori si sono messi in viaggio per andare a recuperare i bimbi a scuola, contribuendo così ad aumentare il caos in città e a mettere a repentaglio le loro stesse vite . Molte persone, ha aggiunto per cercare di difendere sé stessa e la sua maggioranza, si sono messe in pericolo da sole come quella ragazza che è morta perché era andata a recuperare il fratellino in motorino (per la cronaca la ragazza era a piedi)Ma cosa avrebbero dovuto fare secondo questa signora i genitori? Andarsene a casa a rilassarsi davanti alla Tv con un té caldo e magari uscire fuori a cena in qualche ristorante delle zone non colpite? Cosa diavolo avrebbero dovuto fare se non tentarle tutte per riabbracciare i loro figli, specie quando erano le stesse direzioni delle scuole ad invitarli ad andare a recuperare i bimbi? Ma dove cavolo vive questa gente cui abbiamo consegnato i destini delle nostre vite? In un eremo? Su un'isola deserta? Ma dove finiremo noi continuando a votare e a permettere che ci spingano a votare per personaggi simili? Ma perché nessun politico in questi casi si assume le proprie responsabilità o almeno ha la decenza di tacere invece di accusare velatamente gli stessi cittadini che hanno contribuito a metterlo lì?Per non parlare del Presidente del Consiglio (quasi ex???) che ammette che sì....la colpa è anche del fatto che si è costruito là dove non si poteva. Parole nobili. Illuminate. Se le pronunciasse un ecologista che si è battuto per anni contro le speculazioni. Ma che se pronunciate da un palazzinaro che ha condonato tutto il condonabile, che ha dato (non da solo, per carità) il suo bel contributo a rendere questo paese un disastro dal punto di vista idrogeologico suonano quanto meno come una presa in giro. Per non dire peggio. Che coraggio. Che tristezza. Che rabbia. Che schifo.

Il tutto mentre gruppetti di giovani ed anziani, gambali ai piedi, pale in spalla e secchi in mano, raggiungono i punti più colpiti della città per dare una mano a liberarla quanto prima dal fango.Il tutto mentre ovunque in città ci sono gruppi di persone che tacciono, chinano la testa e scavano, senza chiedere niente più del semplice rispetto.E' proprio vero che nelle difficoltà questo povero paese riesce a tirar fuori il meglio di sé, insomma tutto ciò che nella normalità sa nascondere così bene. A volte sappiamo ancora stupire.A volte sappiamo ancora dimostrare, e non con le parole, di essere ancora almeno in parte un grande popolo. Malgrado tutto. 

 

Un giorno qualsiasi. Non so quando. Ma so che ci sarà.

 

“Brrrrrrr....che freddo....sono sempre meno undici.....” dico sorridendo rivolgendomi ad Alessandro, quello del solarium distrutto, ma che ora sta pian piano riprendendo forma.

“Ma vaaaa.....che prima o poi torniamo sotto....” mi risponde lui sempre sorridendo.

“Per adesso non direi!...Saluta un po' la capolista!...” insisto io.

Alessandro mi fa il gesto dell'ombrello ed io sorrido ancora.

“Mi raccomando! Non mollate! Teneteli a distanza!” interviene Nico il Genoano, quello dell'autoricambi. E Luca, il barista che ha riaperto oggi sorride dietro il bancone. Come pure Mara. Come pure Massimiliano. Tutti genoani. Tutti commercianti che hanno riaperto la loro attività in questi giorni.

E' bello vederli sorridere. E' bello sentirli parlare nuovamente di calcio, come facevamo ogni santo giorno prima che arrivasse l'apocalisse. E' bello vedere quei bambini felici mentre vanno a scuola. E' bello alzare gli occhi al cielo e vedere che c'è il sole. Il sole che riscalda le ossa e che rende più vicine le montagne là in fondo che ti sembra quasi di poterle toccare. E' bello persino osservare le file di macchine e di motorini per strada che, dopo essersi trasformata in fiume, è tornata ad essere quello che era sempre stata: una strada, appunto. E' bello essere tornati ad una pseudo normalità, anche se naturalmente in città c'è ancora molto da fare.E' bello, soprattutto, essere ancora qui a parlare di pallone. Come sempre. Saluto tutti e me ne torno al mio ufficio che nel frattempo è stato rimesso in sesto. Intanto il mio sguardo è catturato da una giovane donna che spinge un passeggino rosso da cui si sente uscire il pianto di una bimba.Cercando di non farmi notare, le osservo sorridendo. Mi rendo conto che lì c'è il futuro. Lì c'è la speranza. Malgrado la rabbia che ho ancora dentro, non riesco a fare a meno di sentirmi un po' sollevato. So che certe ferite non si rimarginano facilmente e so anche che nessuno ci potrà restituire le persone che sono venute a mancare; ma non riesco ad evitare, almeno per un istante, di sentirmi felice; proprio come un attimo prima che su questa povera città si abbattesse l'apocalisse.