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Aria di casa

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di Walter Panero Prima.Mercoledì 31 agosto 2011. Ore 18,00 circa. Speranze...Il treno taglia la pianura lasciandosi alle spalle il mare con i suoi riflessi dorati e scure montagne di cui so troppo poco. I monti che stanno laggiù...
Redazione Toro News

di Walter Panero

 

Prima.Mercoledì 31 agosto 2011. Ore 18,00 circa. Speranze...

Il treno taglia la pianura lasciandosi alle spalle il mare con i suoi riflessi dorati e scure montagne di cui so troppo poco. I monti che stanno laggiù sullo sfondo, invece sì che li conosco bene. Sono i miei monti. Quelli insieme ai quali sono cresciuto. Insomma: sono i monti di casa mia. La patina color bianco sporco che li avvolge e che mi impedisce di ammirarli in tutto il loro splendore non può annebbiare la mia immaginazione. Io so che ci sono. Io so dove sono. E potrei indicarne a chiunque la posizione seguendo le istruzioni che, tanti anni or sono, mi dava mio padre di cui ora mi sembra di sentire la voce, disturbata solo un poco dal rumore del treno che procede con le finestre aperte perché di aria condizionata manco a parlarne.

“Lo vedi?” diceva papà quando passavamo di qui tornando a casa dopo essere stati dai nonni in campagna “quello che se ne sta laggiù tutto solo, quasi a voler mostrare al mondo la propria diversità, è il Monviso.....e quello là è il Rocciamelone che fa da guardia ad una valle che conosciamo bene....e ancora: quell'imponente massicciata è il gruppo del Gran Paradiso....poi c'è il Monte Rosa e, se guardi bene, alla sua sinistra fa persino capolino quel capolavoro della natura che qui in Italia chiamiamo Cervino....e poi....e poi...”.Sarei stato ad ascoltarlo per ore. Sarei stato per ore ad immaginarmi lì, immobile, ai loro piedi. Ad ammirarle. A contemplarle. A respirarle. A sognarle. Erano, sono le montagne della mia infanzia, della mia adolescenza, e della mia maturità. L'ultima cosa che vedevo la sera quando il sole se ne andava a dormire, la prima che ammiravo all'inizio di ogni mia giornata. Tanto che, fino a qualche anno fa, ero persino convinto che non fosse possibile passare un solo giorno senza lanciare un'occhiata anche solo distratta e furtiva ai miei monti. Bastava un’occhiata per riempirsi il cuore di bellezza e per tirarsi su il morale nelle giornate più pesanti. Poteva succedere qualunque cosa, ma loro erano lì con la loro imponente solennità anche se il cielo era coperto e li si poteva soltanto immaginare.Da qualche tempo, ho capito che invece si può anche stare senza di loro; che ci sono milioni di persone che riescono a vivere tranquillamente senza quei monti, e che non li rimpiangono neppure, forse semplicemente perché ignorano cosa significhi crescere alla loro ombra.Si può, ma è dura. Si può, ma mi mancano.Si può ma, anche se non ho più la possibilità di seguirne il profilo tutti i giorni, restano e sempre resteranno le mie montagne. Le montagne che, più di ogni altra cosa, mi raccontano che si torna a casa.

Si torna a casa. Alla faccia delle nuvole che mi impediscono di vedere i miei monti.Si torna a casa. A dispetto di quei maledetti che ci obbligano a giocare il mercoledì sera.Si torna a casa. Dopo oltre tre mesi da quella maledetta domenica di fine maggio.Si torna a sentire le voci di casa mia, a vedere le facce di casa mia, a respirare gli odori di casa mia, ad osservare i colori di casa mia.

Si torna ad incontrare il Polacco che mi attende appena sceso dal treno con l'abbonamento in mano, quasi a volermi dare il benvenuto per questa nuova avventura che va ad iniziare. E' come se dicesse: è passato un altro anno, ma noi siamo qui ancora una volta. Come sempre. Da anni. Decenni. Anche se siamo passati da Junior e Dossena, da Scifo e Martin Vazquez a Vives e D’Ambrosio. Insieme ne abbiamo viste di tutti i colori: vittorie (invero non molte), piccole gioie, sconfitte tremende, delusioni atroci, incazzature solenni. Ma noi sempre lì, al nostro posto. A scambiarci poche parole. A capirci con un semplice sguardo. A volte con uno sguardo si possono dire un sacco di cose, più che con le parole. Uno sguardo può significare: “giochiamo alla grande!”; oppure: “facciamo pena!”; oppure: “così le buschiamo!”; oppure: “di questo passo si retrocede!”; oppure: “anche quest’anno in A non ci veniamo”; o ancora: “quello è buono, quello è un ciucco, quello non capisce un c…o”. E così via….

Si torna ad incontrare Nives, conosciuta sul treno dopo un Toro-Fiorentina finito malissimo per noi. La cara Nives che, anche se abita a Milano, se le “spara” tutte, e lo fa malgrado tutto, alla facciazza  di quelli che abitano a cinquanta metri dallo stadio e se ne stanno a casa perché sono stanchi, fa freddo, fa caldo, gli duole la testa, gli prude la schiena, il Toro non è più quello di una volta. O magari vanno, e sarebbe meglio stessero a casa perché non fanno altro che criticare prendendosela con questo o con quello.E Fulvio, di Milano pure lui, che racconta di come Verdi e Odu siano forti. Che se la prende con la gente che è troppo abituata a giocare alla playstation per riuscire ancora a capire il football, quello vero.E l'amico Mauro che ripete sempre di non crederci più, che il nostro tempo è finito per sempre, che sarebbe meglio mollare l’osso e starsene a casa….ma allora, caro amico, perché se non ci credi più ti rivedo ogni volta qui col viso pieno di speranza?E la Silvia che invece ci crede sempre, comunque e a prescindere. La Silvia che mi infonde speranze e certezze sempre diverse e sempre nuove. Sei sempre riccia Silvia come in quel derby là? Oh sì….oh sì….sempre. E i signori di Biella del terzo anello…ma perché vi ostinate a comprare Tuttogobba e non leggete Toro News?E tutta quella gente colorata che sorride, si saluta, si abbraccia: persone che vengono dai posti più diversi, che non si incontrano da mesi, che apparentemente non hanno nulla in comune, ma che qui diventano un’unica macchia colorata e rumorosa. Bellissima.

Col cuore pieno di speranza, si torna ad incontrare il Toro. Soprattutto. Un Toro con cui ti eri lasciato malissimo a maggio e con quale oggi speri di riconciliarti. Ancora una volta. Come sempre. Che Toro sarà? Che Toro vedremo stasera? E soprattutto chi vedremo giocare nel Toro?Sarà in campo il nostro Bomber, il nostro Capitano, il nostro Simbolo, insomma quello che molti criticano dicendo che è lento, impacciato, che sbaglia troppi gol ma che alla fine il cartellino lo timbra sempre e comunque?Sarà in campo l’Angelone nostro?O dovremo rassegnarci a fare a meno di loro per sempre?Vedremo in campo un Toro-Vacca come quello dello scorso anno o un Toro-Toro come quello intravisto sabato ad Ascoli?Quante domande! Troppe, forse. Ed è soltanto l'inizio del viaggio....

 

Durante. Mercoledì 31 agosto 2011. Ore 22.30 circa. Delusioni...

“Che palle!” scrive l’amico Scozzese in un messaggio lapidario che mi arriva quando alla fine della partita manca ancora più di mezzora. Non eravamo ancora passati in vantaggio. Non ci eravamo ancora fatti raggiungere in maniera inattesa, quanto giusta, quanto sciocca. Ma credo che in questo messaggio ci sia tutta la sintesi della partita.Che palle! Che noia! Che brutto Toro! Troppo lento, troppo annebbiato, troppo confuso. In una parola: troppo brutto. Un film già visto. Noia, altro che libidine!Eppure alla fine Rolly e Angelone sono rimasti. Eppure c’era un colpo d’occhio che onestamente non mi aspettavo. Eppure, eppure, eppure….Invece siamo rimasti lì, quasi increduli, senza riuscire a trovare le parole per descrivere la prestazione di stasera. Ma il Toro è quello gagliardo e pieno di voglia di fare che abbiamo visto ad Ascoli o quello svogliato e lento di stasera? Come mai Bianchi è così impacciato? Come mai Antenucci non ne azzecca una? Come mai Verdi e Odu che erano parsi irresistibili si sono trasformati in quelli di stasera? Che cosa è successo al nostro Toro che oggi ha ricordato da vicino quello dello scorso anno?Non lo so cosa sia successo. So solo che così non va. Che questo non è, non può essere, non dev’essere il mio Toro. Il nostro Toro. Non ho altro da aggiungere. Passo e chiudo.

 

Dopo. Giovedì 1 settembre 2011. Ore 9,00. Desideri...

C’è molta gente qui sul treno che mi riporta indietro. Manager in giacca e cravatta che corrono non si sa bene dove. Turisti che scendono al mare per godersi gli ultimi scampoli di estate. Gruppi di viaggiatori stranieri con i loro zaini enormi. C’è quello che legge. Ci sono quelli che giocano a carte. C’è la coppia di signori anziani che non la smettono di borbottare. C’è  la fanciulla col vestitino provocante che ascolta la musica con le cuffiette. C’è il ragazzo con la cresta e la faccia da gobbo che, dopo aver riposto il giornale sportivo, guarda fuori dal finestrino con gli occhi persi nel vuoto: forse sta pensando al fatto che, dopo tanti proclami, la prossima sarà l’ennesima stagione fallimentare per la sua squadra del cuore. Delle mie montagne manco l’ombra. Coperte dalle nuvole, come il Toro di ieri sera. Sotto un cielo grigio che sembra annunciare che l’autunno è lì dietro l’angolo, si susseguono campi, colline e paesi che sembrano tutti uguali a chi, come me, non li conosce.Penso e ripenso alla partita di ieri. Penso e ripenso al Toro di ieri. Che razza di giornata è stata? Che razza di partita è stata? Che razza di Toro è mai quello che abbiamo visto? Troppo brutto per essere vero!Meglio gettarselo dietro le spalle. Meglio lasciarsi tutto dietro le spalle. Meglio pensare alle cose positive che sono accadute: rivedere i vecchi amici, innanzi tutto. Rivedere Rolly e Angelino che, in fondo, è come se fossero dei vecchi amici pure loro, anche se a volte ci fanno incavolare: ora sappiamo che lotteranno ancora insieme a noi, almeno per un po’. Altro? Basta, direi. Meglio pensare al fatto che è già giovedì e che mancano ormai poco più di tre giorni alla prossima partita. Eh sì, perché il calcio è così: dopo una brutta prestazione, fornisce quasi sempre una prova d'appello. Così come dopo una bella vittoria tutto può essere rimesso in discussione nella partita successiva. Il match di domenica col Varese ci offre la possibilità di riscattarci subito.Mi pare quasi superfluo dire che la gente che ieri ha riempito e colorato lo stadio col cuore pieno di speranza si aspetta un altro Toro.Lo sa il Mister. Lo sanno i giocatori.Personalmente, io ci credo ancora e non vedo l’ora che arrivi domenica sera. Per respirare ancora una volta l’aria di casa, ma non solo. Perché vanno bene gli amici, va bene l'orgoglio per i nostri colori: ma ora ho proprio voglia di vedere il mio Toro. Quello vero e non certo il simulacro imbelle ed annebbiato dell'altra sera.

Forza Toro sempre, comunque ed ovunque!