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Articolo da Bar Sport

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di Marco Peroni
Redazione Toro News

Esattamente come ogni tifoso, pure io ho le mie teorie su come andrebbe schierata la squadra, su come andrebbe tentata l’impresa. Come calciatore non sono andato più in là dell’Eccellenza – anche se credo di aver fatto due o tre cose memorabili, per chi c’era – e come allenatore non ho neppure iniziato: tuttavia ci sono momenti allo stadio in cui vengo attraversato da folgoranti intuizioni tattiche, oppure in cui mi sembra di poter leggere la mente dei giocatori come un libro aperto.Per gran parte dell’anno, con la gestione Novellino, la frustrazione maggiore è stata quella di assistere all’alternanza Bianchi-Stellone, dal momento che ho sempre ritenuto il primo l’unica prima punta decente a nostra disposizione, e il secondo la migliore seconda punta. Guardare, di volta in volta, un finalizzatore lottare a centrocampo e un lottatore finalizzare in mezzo all’area, mi ha fatto venire l’acidità di stomaco. Adesso le cose là davanti sembrano andare un po’ meglio: voglio dire, ci sono stati mesi in cui semplicemente ti chiedevi “come avremmo fatto a segnare”… Adesso, se non altro, ci chiediamo “come abbiamo fatto a non segnare”: forse è già un passo avanti.Altra cosa per cui inanellavo gastriti, era l’insopportabile assenza di un cane da guardia. Da che calcio è cacio, in ogni squadra che si rispetti ci deve essere un traumatizzato, un ossessivo, uno psicopatico, uno stopper insomma, uno che trovi gratificante attaccarsi alla maglia di un avversario e seguirlo per tutto il campo, buttandosi in scivolata per mettergli fuori anche la mezza palletta che ha ricevuto all’altezza delle panchine. Un uomo finalmente insensibile e senza pensieri che non siano strofinare la barba sul collo di un attaccante e sudargli nella divisa: un Ivan Franceschini insomma, fuoriclasse che mi ha riavvicinato al gioco del calcio e non dico per scherzo. Non ne potevo più di tutte quelle domeniche senza che un difensore mollasse non dico una coltellata, ma nemmeno una gomitata al centavanti. E aggiungo che, con quello di Firenze, Ivan avrebbe già fatto due gol su azione.Terzo aspetto tattico su cui rimuginare, l’assenza di un individuo del genere a centrocampo. Mi pare che il Toro abbia una miriade di piccoli problemi che, uno sull’altro, ne hanno creati di grossi: sicuramente, tutti i centrocampisti tendono naturalmente a portare la palla e hanno una corsa "rotonda" che non li porta quasi mai all’anticipo, al contrasto, che non li mette quasi mai in condizione di spezzare il gioco avversario, interromperlo, rallentarlo, frustrarlo, rovinarlo coprendolo di noia e insolenza. L’unico che ha certe caratteristiche, o così almeno mi pare di ricordare, è Zanetti: ma, soprattutto, ce le aveva Grella di cui sentiamo tutti la mancanza. Infine, quello che per me è il vero problema di questa squadra, da arginare meglio possibile da qui alla fine (e pure in questo mi sembra che Camolese stia lavorando bene): la mancanza di intensità e continuità. Si è detto molto sulla sostituzione di Stellone, domenica: eppure – forse qualcuno sarà d’accordo con me – la luce si era già spenta prima. Ormai li conosciamo, e capiamo tutto già da come salgono a centrocampo quando il nostro portiere calcia il terzino: la corsa già leggermente più lenta, la testa leggermente più bassa, gli occhi leggermente più lenti a cercarsi e gli avversari che prendono piano piano coraggio.

Quando nel primo tempo c’è stato un accenno di rissa vicino alle panchine, ho pensato “benedettoilsignore, allora esistiamo!”. Non mi sembrava possibile poter vedere un giocatore del Torino Fc imbufalito, era un’esperienza che non proavo più da tempo: è stato come tornare in qualche luogo dove passavi le vacanze da ragazzino. E’ stato bellissimo, insomma, perché sentivo che così agitati avremmo sicuramente vinto: invece ci siamo presto calmati e abbiamo cominciato a perdere qualche metro, qualche decametro, e poi anche qualche punto. Ma è una questione di intensità mentale, la quale si può allenare e mi pare che Camolese lo stia facendo: doppie sedute e ritiro possono servire soprattutto a questo. Certo, il tempo che il Mister ha a disposizione è quello che è: ma a tratti domenica si è rivista una squadra, un sentire comune. Quindi, ho deciso che riesco ancora a crederci.

 

Un abbraccio a tutti, Marco